23 lug 2007

2.0 Das Rheingold: Premessa

Das Rheingold, ovvero il primordiale big-bang, la nascita del Tutto: Natura, Uomo e soprattutto… Musica!

Ci racconta, in circa due ore e mezza di musica senza intervalli(1), un intero giorno(2): da un’alba (l’alba dell’universo) ad un tramonto, quello della Natura incontaminata, la cui entropia comincia inesorabilmente ad aumentare, sotto i colpi del libero arbitrio dell’uomo, dei suoi peccati e della sua superbia (e badate che qui siamo ancora molto prima del nordico medievale “Ragna röc”(3), siamo ad Anassimandro, filosofia di 600 anni e più prima di Cristo, guarda un pò fin dove Wagner va a parare, pur senza conoscerla!(4))

Rheingold incornicia mirabilmente la fine dell’Eden e l’inizio della Storia, e sarà un lungo cammino (in tutto circa quindici ore) che dal MI bemolle della quiete originaria condurrà, per progressiva e lenta decadenza, al RE bemolle della fine del Götterdämmerung! (non c’è niente da fare, nulla meglio della musica riesce ad esprimere con suprema sintesi ed efficacia anche i concetti ed i princìpi più profondi…)

Facendo seguito al “liquido” preludio, quattro sono le scene, senza soluzione di continuità:

I. dall’Eden al Peccato: sì, proprio con la P maiuscola, perchè anche nel peccato l’Uomo sa essere davvero grande!

II. dall’Ordine costituito al compromesso: anche gli dèi sono proprio dei gran figli di buona donna(5)…

III. “rubare al ladro”(6), massima e machiavellica ipocrisia del potere…

IV. giustizia a caro prezzo (o stress da ubriacatura di potere?!) e inizio della parabola autodistruttiva di Wotan.
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Note:
1. Costringere lo spettatore su una (scomoda, a Bayreuth!) poltrona per più di due ore e mezza: anche questa è un’idea che sta a metà strada fra rivoluzione e temerarietà... (idea peraltro non nuova per Wagner, vedasi il Fliegende Holländer). Va peraltro riconosciuto che si tratta di centocinquanta e più minuti “da bere in un sol fiato”, dove non c’è un attimo di stanca, un solo abbassamento di tensione, una minima perdita di pathos.
2. Per la verità si tratta verosimilmente di due giornate (non consecutive) come cercheremo di dimostrare.
3. Letteralmente: “destino degli dei”; divenuto poi – a seguito di una catena di derivazioni e storpiature dell’originale norreno – “Ragna rökkr”, cioè il “crepuscolo degli dei”.
4. Il “frammento di Anassimandro” fu catalogato e pubblicato in tedesco da Diels all’inizio del ‘900. Nietzsche lo studiò negli anni ’70, al momento di insegnare filosofia a Basilea. Wagner non poteva certo conoscerlo, menchemeno nei primi anni ’50, al momento di ideare il Ring.
5. Come già ricordato, nelle nordiche Saghe tutti gli esseri cosiddetti “soprannaturali” (dèi, giganti, nani primordiali) sono affetti da congenita avidità di potere e ricchezza: la loro storia è costellata nientemeno che da “diluvi di sangue”!
6. Laddove nessuno è esente da colpe, lì vendette, ritorsioni, soprusi e reati belli e buoni possono benissimo travestirsi da “giustizia”.
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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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