9 ott 2007

2.3.1 Das Rheingold: Scena III – Verso Nibelheim

La transizione musicale che ci porta, dall’Olimpo, giù al Nibelheim (casa della nebbia, letteralmente) è costellata da vari temi: innanzitutto quelli di Loge, che fa da guida a Wotan; poi da quello della rinunzia (che qui rappresenta l’allontanarsi di Wotan dal proprio mondo, e contemporaneamente il suo avvicinarsi ad un mondo dove la rinunzia all’amore è divenuta imperio) ripetuto per ben quattro volte, prima dai tromboni, poi dai corni; quindi da quello della schiavitù (la costrizione esistenziale che Wotan subisce e quella materiale di cui si appresta ad essere testimone) che torna otto volte (a coppie di botta-risposta, in violoncelli e strumentini, dal FA, LA, SIb e RE) seguito dal tema della fuga, su cui si staglia, due volte, sempre in minore (manco a dirlo!) il tema dell’oro. Sulla seconda apparizione del quale, si ode il tema dei Nibelunghi, di cui avevamo avuto anticipazione nella prima scena (tema della minaccia di Alberich) e “presentito” nel ritmo del canto delle ninfe rivolto all’oro. Un tema ternario, martellante, in 9/8 e tonalità SIb minore (relativa del REb del Walhall, tanto per chiarirci - se ancor ve ne fosse bisogno - le differenze, ma anche gli stretti legami fra i due mondi: degli elfi neri e di quelli chiari…) Un tema tutto fatto di triplette di terzine (la prima e la terza “zoppe”: croma puntata, semicroma, croma) su cui si innesta ora il tema della fuga, ma con tempi dilatati e moto discendente (poichè stiamo per l’appunto avventurandoci nelle viscere del sottosuolo…)

A questo punto, in una caverna sotterranea, ci imbattiamo in una fucina, o una catena di montaggio, o uno di quegli uffici pieni di dattilografe (o perforatrici meccanografiche) anni ’60, dove stuoli di uomini e/o donne lavorano in modo disumano, in un incredibile ed assordante frastuono: 18 incudini(1) (9 piccole, 6 grandi, 3 giganti) sono prescritte in partitura per renderci l’idea dell’organizzazione dello sfruttamento(2). Ci martellano il cranio per 28 misure, così: le 9 incudini piccole battono esattamente il ritmo del tema dei Nibelunghi, mentre tutte hanno le loro parti divise (a tre le piccole, a due le grandi, singolarmente le giganti) proprio come fossero la sezione degli archi dell’orchestra (violini-viole, violoncelli e contrabbassi). Nelle prime 8 misure sono accompagnate da corni ed archi, mentre i tromboni suonano ancora la “fuga”, poi, per 8 misure, restano da sole e intensificano il volume del suono, rendendo proprio l’effetto del “passaggio ravvicinato“; quindi i fagotti ed archi bassi espongono un nuovo tema, variazione di quello della schiavitù, che non lascia ombra di dubbio sulla situazione di illibertà che regna in quei luoghi; contemporaneamente gli archi alti riprendono pian piano l’accompagnamento nibelungico, mentre le incudini diradano i loro colpi, perdendosi in lontananza…
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Note:
1. Invero una trovata incredibile, geniale, ma soprattutto coraggiosa al limite dell’incoscienza, per un musicista nell’anno di grazia 1854!
2. Chaplin non ha proprio inventato nulla di nuovo, in “Tempi moderni”!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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