La transizione musicale che ci porta, dall’Olimpo, giù al Nibelheim (casa della nebbia, letteralmente) è costellata da vari temi: innanzitutto quelli di Loge, che fa da guida a Wotan; poi da quello della rinunzia (che qui rappresenta l’allontanarsi di Wotan dal proprio mondo, e contemporaneamente il suo avvicinarsi ad un mondo dove la rinunzia all’amore è divenuta imperio) ripetuto per ben quattro volte, prima dai tromboni, poi dai corni; quindi da quello della schiavitù (la costrizione esistenziale che Wotan subisce e quella materiale di cui si appresta ad essere testimone) che torna otto volte (a coppie di botta-risposta, in violoncelli e strumentini, dal FA, LA, SIb e RE) seguito dal tema della fuga, su cui si staglia, due volte, sempre in minore (manco a dirlo!) il tema dell’oro. Sulla seconda apparizione del quale, si ode il tema dei Nibelunghi, di cui avevamo avuto anticipazione nella prima scena (tema della minaccia di Alberich) e “presentito” nel ritmo del canto delle ninfe rivolto all’oro. Un tema ternario, martellante, in 9/8 e tonalità SIb minore (relativa del REb del Walhall, tanto per chiarirci - se ancor ve ne fosse bisogno - le differenze, ma anche gli stretti legami fra i due mondi: degli elfi neri e di quelli chiari…) Un tema tutto fatto di triplette di terzine (la prima e la terza “zoppe”: croma puntata, semicroma, croma) su cui si innesta ora il tema della fuga, ma con tempi dilatati e moto discendente (poichè stiamo per l’appunto avventurandoci nelle viscere del sottosuolo…)
A questo punto, in una caverna sotterranea, ci imbattiamo in una fucina, o una catena di montaggio, o uno di quegli uffici pieni di dattilografe (o perforatrici meccanografiche) anni ’60, dove stuoli di uomini e/o donne lavorano in modo disumano, in un incredibile ed assordante frastuono: 18 incudini(1) (9 piccole, 6 grandi, 3 giganti) sono prescritte in partitura per renderci l’idea dell’organizzazione dello sfruttamento(2). Ci martellano il cranio per 28 misure, così: le 9 incudini piccole battono esattamente il ritmo del tema dei Nibelunghi, mentre tutte hanno le loro parti divise (a tre le piccole, a due le grandi, singolarmente le giganti) proprio come fossero la sezione degli archi dell’orchestra (violini-viole, violoncelli e contrabbassi). Nelle prime 8 misure sono accompagnate da corni ed archi, mentre i tromboni suonano ancora la “fuga”, poi, per 8 misure, restano da sole e intensificano il volume del suono, rendendo proprio l’effetto del “passaggio ravvicinato“; quindi i fagotti ed archi bassi espongono un nuovo tema, variazione di quello della schiavitù, che non lascia ombra di dubbio sulla situazione di illibertà che regna in quei luoghi; contemporaneamente gli archi alti riprendono pian piano l’accompagnamento nibelungico, mentre le incudini diradano i loro colpi, perdendosi in lontananza…
A questo punto, in una caverna sotterranea, ci imbattiamo in una fucina, o una catena di montaggio, o uno di quegli uffici pieni di dattilografe (o perforatrici meccanografiche) anni ’60, dove stuoli di uomini e/o donne lavorano in modo disumano, in un incredibile ed assordante frastuono: 18 incudini(1) (9 piccole, 6 grandi, 3 giganti) sono prescritte in partitura per renderci l’idea dell’organizzazione dello sfruttamento(2). Ci martellano il cranio per 28 misure, così: le 9 incudini piccole battono esattamente il ritmo del tema dei Nibelunghi, mentre tutte hanno le loro parti divise (a tre le piccole, a due le grandi, singolarmente le giganti) proprio come fossero la sezione degli archi dell’orchestra (violini-viole, violoncelli e contrabbassi). Nelle prime 8 misure sono accompagnate da corni ed archi, mentre i tromboni suonano ancora la “fuga”, poi, per 8 misure, restano da sole e intensificano il volume del suono, rendendo proprio l’effetto del “passaggio ravvicinato“; quindi i fagotti ed archi bassi espongono un nuovo tema, variazione di quello della schiavitù, che non lascia ombra di dubbio sulla situazione di illibertà che regna in quei luoghi; contemporaneamente gli archi alti riprendono pian piano l’accompagnamento nibelungico, mentre le incudini diradano i loro colpi, perdendosi in lontananza…
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Note:
1. Invero una trovata incredibile, geniale, ma soprattutto coraggiosa al limite dell’incoscienza, per un musicista nell’anno di grazia 1854!
2. Chaplin non ha proprio inventato nulla di nuovo, in “Tempi moderni”!
1. Invero una trovata incredibile, geniale, ma soprattutto coraggiosa al limite dell’incoscienza, per un musicista nell’anno di grazia 1854!
2. Chaplin non ha proprio inventato nulla di nuovo, in “Tempi moderni”!
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