Questo scritto è nato senza volerlo(1).
Sì, perché voler scrivere su Wagner(2) e sul Ring, e per di più da parte di un dilettante, nel campo della musica, come della scrittura, come della filosofia, di tutto, insomma… sarebbe pura follia, o stupida presunzione.
Dico, se qualcuno vuole seriamente ragguagliarsi sull’argomento, si deve allora leggere le pagine scritte – sul versante filosofico-sociologico - da Theodor Wiesengrund Adorno, da Alfred Lorenz su quello musicale e da Thomas Mann su quello estetico-psicologico.(3)
Per il resto, su Wagner esiste in libreria, e soprattutto - scusate, siamo nel terzo millennio… - qui su Internet, una quantità spropositata di scritti, reperti, recensioni, esegesi, biografie, epicinii, epicedi ed mp3, da occupare un’intera esistenza solo a leggerne i titoli! (4)
Se poi uno conosce un pochino di tedesco, allora gli ci vorrebbero parecchie metempsicosi, per esplorare anche solo “a volo d’uccello” tutto ciò che sul genio (e sregolatezza?) di Lipsia è stato prodotto (e spesso anche - a ragione o a torto - “vomitato”).Per di più, dopo essermi incamminato in questa avventura nell’estate del 2000 - eravamo ancora nel millennio precedente, vero? - verso il 2005, resomi conto che… ci voleva tempo (avevo sì e no iniziato il Siegfried…) mi sono posto un obiettivo da rievocazione storica, e tempi invero “wagneriani”: il bicentenario della nascita di Wagner, 22 maggio, 2013! Non garantisco per nulla di potercela fare; ma, ben cosciente che, per la ricorrenza, ci sarà un’autentica inondazione di scritti, film, sceneggiati, rappresentazioni, tavole rotonde, chat, forum, DVD, concorsi a premi, e chi più ne ha… ho deciso di cominciare per tempo a divulgare queste mie riflessioni.
Dopodichè mi sono chiesto: perché mai qualcuno – in mezzo a un simile oceano di informazioni, accumulatesi in ormai 130 anni di “post-wagner” - dovrebbe invece leggere un testo scritto da un carneade dilettante?
Per una sola ragione, ho immaginato: la stessa per cui, fra milioni di persone che ci circondano, ciascuno di noi ne sceglie una come compagno/a, o amico/a, o socio/a, o magari come marito/moglie; in realtà: perché, in qualche modo, ci inciampa! Così, al malcapitato inciampato su questo “mattone”, posso solo dire: già che ci sei, provaci! E chissà che, dopo averci provato, lui possa concludere: ma sì, dopotutto c’è in giro anche di peggio…(5)
Solo un rapido accenno al mio personale approccio all’analisi delle opere di Wagner, in specie del Ring: per me (e sono convinto che la cosa dovrebbe valere per tutti, interpreti in prima fila) conta esclusivamente ciò che è scritto sulla partitura rilasciata da Wagner alle stampe, e cioè i segni musicali, i testi e le didascalie di scena, null’altro. In sostanza, deve valere il seguente principio: “siccome leggiamo in partitura questo e quest’altro, allora possiamo dedurre che Wagner intendesse esprimere questo o quel concetto, o sentimento”.
Il giudizio critico sull’opera dovrebbe in ogni modo prescindere da qualunque riferimento (biografico, letterario, cronachistico) per quanto importante o autorevole. Quindi, mai sostenere: “siccome Wagner intendeva esprimere questo o quel concetto, allora dobbiamo interpretare la partitura in questo o quest’altro modo”. (Per inciso, è seguendo questo approccio che si sono fatti e si continuano a fare allestimenti semplicemente assurdi delle opere di Wagner; ne è esempio celebre e tristemente famoso l’edizione del Ring del centenario di Bayreuth, 1976).
Purtroppo, avendo lo stesso Wagner detto, scritto, confidato e divulgato opinioni, teorie e proclami che sono spesso in contraddizione con i contenuti delle sue opere, l’impresa di tenere tali esternazioni fuori dal contesto delle opere medesime è talvolta improba, ma personalmente sono convinto che il principio vada sempre e a tutti i costi rispettato. Soltanto così è possibile apprezzare e giudicare artisticamente Wagner; viceversa, si apre la strada a tutte le strumentalizzazioni (e anche qui, è stato proprio l’ambiente più vicino a Wagner a rendersi storicamente responsabile di un uso purtroppo distorto e perverso delle sue opere).
Copyright? Scherziamo? Va da sé che lo “status” del presente scritto è del tutto “open-source” (come si usa dire in gergo webbico) e che nessuno verrà mai perseguito per averlo fatto circolare, riprodotto, spedito, citato, tradotto, esaltato o denigrato. Invece, a chi ci volesse lucrare sopra, mi limiterò, alberichamente, a maledire (e in stabreim):
“Ka t’wegn un Känker…”
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Note:
Note:
1. Della incolpevole motivatrice di questa donchisciottesca (o …brancaleonesca) impresa mi limiterò a riportare le iniziali: M.I.D.
2. In realtà questo scritto tratta fondamentalmente della Tetralogia. I riferimenti biografici o agiografici all’artista (come ad altre sue opere) saranno limitati allo stretto necessario.
3. La citazione di tali autori non presuppone che le rispettive opere su Wagner contengano verità definitive…
4. Lì chiunque può trovare dettagli su come Wagner si vestiva e si profumava, sul colore delle mutandine (o mutandone) delle sue amanti, e sulle ipotesi che lui sospettasse – orrore! – di aver sangue ebreo nelle vene.
5. Quanto al “di meglio” - per non dire al “meglio in assoluto”, almeno se restiamo in Italia - mi limiterò a citare “L’Anello del Nibelungo” (edizioni Rusconi, 1982) del compianto Prof. Teodoro Celli, che mi ha “iniziato” allo straordinario mondo del Ring e che – lo dichiaro qui apertamente – ho preso a modello per questo scritto.
2. In realtà questo scritto tratta fondamentalmente della Tetralogia. I riferimenti biografici o agiografici all’artista (come ad altre sue opere) saranno limitati allo stretto necessario.
3. La citazione di tali autori non presuppone che le rispettive opere su Wagner contengano verità definitive…
4. Lì chiunque può trovare dettagli su come Wagner si vestiva e si profumava, sul colore delle mutandine (o mutandone) delle sue amanti, e sulle ipotesi che lui sospettasse – orrore! – di aver sangue ebreo nelle vene.
5. Quanto al “di meglio” - per non dire al “meglio in assoluto”, almeno se restiamo in Italia - mi limiterò a citare “L’Anello del Nibelungo” (edizioni Rusconi, 1982) del compianto Prof. Teodoro Celli, che mi ha “iniziato” allo straordinario mondo del Ring e che – lo dichiaro qui apertamente – ho preso a modello per questo scritto.