11 lug 2007

1.0 Introduzione: Cos’è il Ring?

È una grande allegoria dell’intero Universo, ed è fatto di tante piccole allegorie, è come una fiaba, una serie di fiabe, che ci raccontano della materia e dello spirito, e soprattutto di noi, della nostra più intima natura, nei suoi aspetti più alti e più deteriori. Abissi e vette, peccati ed eroismi, meschinità e grandezze, gioie incontenibili e dolori strazianti, speranza e disperazione, potere e amore, desiderio e frustrazione, onestà e cinismo ne riempiono ogni verso ed ogni nota.

I personaggi e i miti sono solo il pretesto, l’occasione, il mezzo che Wagner impiega per raccontarci la sua grande fiaba. Perchè il mito e non l’attualità? Perchè attraverso il mito si risale alle origini più pure, genuine, autentiche dell’Uomo, ci si astrae dal quotidiano, si individuano gli archètipi di tutti i tipi, e così è stato possibile poetizzare natura, sentimenti, passioni, è stato possibile esprimere in modo sublime, in circa quindici ore di musica, concetti che saranno poi approfonditi ed analizzati addirittura dalla scienza, in particolare dalla moderna psicanalisi.

Il soggetto del Ring è una mitologia ricostruita, se non proprio inventata di sana pianta, da Wagner; in effetti, non esiste propriamente una mitologia nordica, ma solo un’accozzaglia di poemi, storie e saghe, raccolti e trascritti durante i Secoli XII-XIII (1): sono del tutto privi di quella splendida strutturazione che invece contraddistingue la mitologia greca, che Wagner peraltro adorava. Benchè un certo percorso generale (come vedremo fra poco) l’ambientazione, i singoli personaggi, moltissimi eventi e perfino circostanze particolari minuziosamente narrate, o anche semplicemente citate (in alcuni casi perfino a sproposito!) nel Ring(2) provengano direttamente da quelle fonti(3), ciò non toglie che Wagner si sia costruito il suo mondo mitologico a bella posta, al fine di presentarci la sua concezione, anzi la sua profondissima analisi dell’Universo e dell’Uomo(4).

Cosa ci racconta, in sintesi?

La Vigilia: Das Rheingold. Ci narra della nascita del mondo, del primo manifestarsi dell’essere umano come individuo, della rottura che ciò provoca nell’eterno e finora immutabile equilibrio della Natura(5). Ah, il “libero arbitrio”, fonte di tutti gli eroismi e di tutti i peccati!
· Alberich che maledice l’Amore per avere il potere economico,
· Wotan che per il potere politico si compromette, contravviene alle sue stesse leggi, alle rune scolpite sulla sua lancia,
· i Patti, che poco a poco si riducono a miseri compromessi, foglie di fico che non coprono i peccati di superbia, gli egoismi, le presunzioni…
· “rubare al ladro!”, somma ipocrisia della realpolitik, che giustifica ogni sopraffazione ed ogni inganno…
· effimero ripristino dell’ordine, ma in un equilibrio instabile, che riempie i cuori e le anime di angoscia e di stress…
· pazzesco disegno di Wotan di riportare indietro un mondo che invece - anche per colpa sua - è ormai in corsa sfrenata verso la propria evoluzione, ma anche verso la propria inevitabile rovina!

La Prima Giornata: Die Walküre. Ci parla della prima età dell’uomo(6); un uomo giovane, perciò ancora sotto il potere dell’istinto, che lo porta indifferentemente all’amore e alla morte, alla trasgressione delle leggi, ma anche, in Brünnhilde, alla disobbedienza “a fin di bene”, fatta in nome dell’amore medesimo.
· Ci racconta di come l’essere umano si involva e si evolva,
· ci mostra la tragedia di un dio prigioniero delle sue stesse leggi (e dei suoi peccati) e
· la grandezza di una figlia che diventa improvvisamente adulta.

La Seconda Giornata: Siegfried. Segue la parabola ascendente dell’umanità, ci parla addirittura di innovazione tecnologica, ma anche di sottile psicologia, di bieca malizia, di folgoranti intuizioni e di complessi di origine sessuale. Ci descrive il tramonto di una generazione, dove il maschio(7) aveva conquistato la femmina pagando in pegno uno dei suoi occhi, e la nascita di un’altra, dove Uomo e Donna si amano in forza dell’Amore stesso, soffrendo le paure e le ansie del primo rapporto, per poi concedersi reciprocamente, nella pienezza esaltante dei sentimenti, ma anche della ragione!

La Terza Giornata: Götterdämmerung. Porta ogni cosa alle estreme conseguenze: cinismo, inganno, volgarità, tradimenti, vendette, meschinità e orrori la percorrono da cima a fondo, fino a che l’universo intero non collassa per bruciare in un crogiolo da cui, come aggrappata ad un sottile ma robusto filo, l’Umanità - forse!? perché sta a noi deciderlo(8) - potrà trovare la via del riscatto.
___
Note:
1. Sono poemi e saghe prevalentemente islandesi (come i 29 - o 35?, o 41? - canti dell’Edda poetica, o Edda Antica, attribuiti – arbitrariamente? - a Saemund Sigfusson; l’Edda in prosa, o Edda Giovane, di Snorri Sturluson; i 43 - o 42? - racconti della Völsunga Saga, che hanno parecchio in comune con l’Edda di Snorri) e germaniche (le 39 - o 38? - avventure del Nibelungenlied, a loro volta chiaramente derivate dalla Völsunga Saga e raccolte in strofe da un ignoto austriaco).
2. L’anello non è propriamente il centro di attenzione nelle saghe nordiche, dove si parla più genericamente di tesori; si narra per la verità dell’Andvaranaut, l’anello del nano Andvari (Alberich) a cui Loki lo toglie, provocando la maledizione del nano su chi possiederà i suo tesoro (qui siamo vicini alla trama del Rheingold); c’è anche il Draupnir di Odin (Wotan) anello che genera anelli; c’è poi una successiva “tangentopoli di anelli” (protagoniste-vittime Brynhild e Gudrun) ripresa anche nel Nibelungenlied, simile a ciò che ci viene presentato nel Götterdämmerung. Ma Wagner va molto, molto “più indietro”, risalendo – di sua totale invenzione e intuizione - alle remote origini e implicazioni socio-psico-filosofiche dell’anello, che l’artista pone finalmente al centro della sua opera straordinaria.
3. Cosa che faremo di volta in volta notare, riferendoci impropriamente ad esse come alle “saghe nordiche”.
4. La trama del Ring, se considerata fine a se stessa, non sarebbe più rilevante di quella di una banale e bambinesca filastrocca: non per niente perfino Leo Tolstoj, non conoscendone i retroscena, l’aveva semplicisticamente definita una puerile ragazzata, liquidandola con pochi sberleffi divertiti…
5. Le saghe ci danno spiegazioni minuziose (e ridicolmente fantasiose!) della nascita dell’Uomo… ma ne eludono il problema capitale: il nesso causa-effetto fra la psiche umana e lo sviluppo del Mondo.
6. Un essere sottoposto a “vincoli naturali”, al contrario dei cosiddetti dèi, cui tutto è consentito.
7. Il dio (o auto-decretatosi tale) Odin-Wotan.
8. Wagner, come cercheremo di spiegare alla fine, sembra voler lasciare a ciascun ascoltatore la possibilità di interpretare a suo piacimento la conclusione ed il significato ultimo della Tetralogia.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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