25 ott 2010

4.0.1 Siegfried: Premessa

Siegfried, o la breve giornata dell’Uomo puro, ingenuo (ancora in parte animalesco). Il desiderio di sfuggire alla banale routine, la volontà innata di promozione, il coraggio ai limiti dell’incoscienza, perfino un’istintiva spinta all’innovazione tecnologica sono i tratti distintivi del “ragazzo che vuole conoscere la paura”. E la conoscerà, per l’appunto, ma non già al cospetto dell’orrido drago Fafner, o del misterioso Viandante munito di lancia, bensì di fronte alla Donna, al Sesso, all’Amore.

Anche per il Siegfried convivono diversi piani di interesse e di osservazione: quello musicale, quello drammatico e quello psicanalitico-filosofico.

Il piano musicale può a sua volta essere osservato da lontano (secondo le macro-strutture) e da vicino (secondo i temi e i leit-motive): tutti e tre gli atti sono costituiti da tre scene, le quali si susseguono, quasi scolasticamente, alternando una scena più mossa e vivace ad una più lenta e solenne: Sigfried-Mime (con tanto di orso che getta lo scompiglio in casa) Mime-Viandante (lenta quanto drammatica) ancora Mime-Siegfried (con il trambusto della fucina messa a soqquadro); poi, nel secondo atto, Alberich-Viandante (personaggi “in attesa di eventi”) e Fafner, poi Mime-Siegfried-Fafner, con la breve e cruenta lotta, e ancora Alberich-Mime-Siegfried, con l’intervento dell’Uccellino; nel terzo atto, si inizia con la tempesta nell’animo del Viandante, che Erda non riesce a calmare, poi si prosegue con il lento incontro Siegfried-Viandante, per finire con la gioia irrefrenabile dell’amore fra Siegfried e la finalmente ridestata Brünnhilde. Quanto ai temi, molti ne nascono di nuovi (Siefgried ne è ovviamente uno dei destinatari) e quelli già nati (e noti) nelle opere precedenti tornano sempre variati, onde mostrarci il procedere degli avvenimenti e della vita, o creare ricordi vaghi e sfuocati, o anticipare ritorni e fatti successivi.

Sul versante del dramma, il Siegfried ci propone, fondamentalmente, quattro momenti topici: sempre ne è protagonista il Viandante-Wotan, il quale incontra, nel primo atto, Mime, nel secondo Alberich e nel terzo Erda e poi Siegfried. Per il resto, a parte la breve lotta di Siegfried con il drago, l’azione è circoscritta a qualche scena pseudo-famigliare, con annessi battibecchi (di Mime con Siegfried e poi con Alberich) e all’entusiasmante scena finale.

Si supera, Wagner (e anticipa di decenni Freud!) nella descrizione psicologica dei due amanti: Siegfried, di cui dapprima viene descritta musicalmente in modo straordinario (nel primo, ma soprattutto nel secondo atto) l’associazione inconscia fra l’immagine e l’idea della madre e quella dell’amante; e poi, nel finale, l’autentica paura che prova quando si trova - per la prima volta - di fronte all’altro sesso; e Brünnhilde, di cui - sempre nell’Atto finale - viene magistralmente descritta l’ansia che una donna prova di fronte alla prospettiva della perdita della verginità.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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