30 nov 2007

2.4.7 Das Rheingold: Scena IV – Donner scatena gli elementi

Facciamo, per così dire, il punto della situazione: il grande e minaccioso peccatore Alberich è stato reso innocuo, Wotan e gli dèi hanno il nuovo castello, i giganti (sia pure “dimezzati”) sono stati ripagati. Solo le figlie del Reno restano a mani vuote… (ma non se la sono voluta, per caso?) e comunque di loro non frega proprio niente a nessuno, sono solo delle insignificanti stupidelle. Perciò, si dia inizio alla cerimonia solenne di inaugurazione del Nuovo Ordine Costituito! Impiegando tutti i mezzi disponibili!

Per Wagner, questi mezzi sono: violini primi, violini secondi, viole e violoncelli orchestrati in 4, 5, 6 (e anche 8, i violini) parti divise per ciascuna coppia di strumenti! Poi (per il “ponte”) addirittura sei arpe, in parti tutte divise! e ancora ottoni, strumentini e percussioni (martello incluso, per Donner) quanto basta! Un armamentario davvero pazzesco, se pensiamo al 1854!

Il gran maestro di cerimonia è Donner (salito su un picco roccioso, con in mano il martello(1), che poi vedremo fare da parafulmine…) il quale chiama a raccolta gli elementi(2) (pioggia, tuoni e fulmini) col suo celebre motto del tema “Hedà, Hedà Hedò!”(3)

Il tema è formato dalle tre note della triade (qui la tonica è SIb): ascesa dominante-tonica (Hedà) poi dominante-mediante (Hedà) e ancora dominante-tonica (Hedò). Tutti gli archi creano l’atmosfera della pioggia e dei vapori che si addensano, e lo fanno con arpeggi ascendenti e discendenti sempre e solo sulla triade (inizialmente) SIb-RE-FA. Dall’originario SIb, il tema sale di un tono, a DO (esposto dal corno) poi di un altro, a RE (sempre il corno) prima che Donner lo riporti a SIb (reiterando il motto) sempre accompagnato dagli arpeggi degli archi.

Ora si passa improvvisamente a SIb minore, con Donner che scompare, avvolto dalle nuvole, mentre entrano anche fagotti e strumentini, con le tube, poi tromba e tromboni che tuonano a ripetizione, sempre variando il tema del motto di Donner, prima in SOLb maggiore, poi ancora in SIb minore, ma armonizzato con quinta aumentata; una vertiginosa salita di terzine di tutti gli strumentini prepara il colpo di martello di Donner, una specie di parafulmine che attira una saetta, che pone fine all’uragano(4).

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Note:
1. Il nome mitologico del martello è Mjolner; ne sono i costruttori i fabbri Sindre e Brok, che forniscono a Odin anche Draupnir, un anello auto-riproducentesi!
2. È Wagner ad attribuire a Donner poteri “meteorologici” (il Thor delle saghe non risulta possederne): peraltro, la cosa gli serve perfettamente ad introdurre l’apparizione dell’arcobaleno-ponte.
3. Usato perfino per i clacson delle prime automobili, nella Germania di inizio ‘900!
4. A proposito di “miniature”, questo unico colpo di martello – una semiminima – non resterà isolato: nel finale dell’Atto II del Siegfried sentiremo un unico tocco di triangolo, a sottolineare in bellezza l’inizio della corsa del giovane, guidato dall’uccellino del bosco, verso l’Amore.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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