28 gen 2010

3.2.5.2 Die Walküre: Atto II - Scena V – La morte di Siegmund

“Zurück vom dem Speer! In Stücken das Schwert!” (indietro dalla lancia! in pezzi la spada!) grida Wotan, e ciò che accade ce lo chiarisce l’orchestra: il tema della spada, intonato al solito dalle trombe, ma in modo minore (poichè è chiaro che le cose qui si mettono davvero male) viene brutalmente sopraffatto da quello - enorme, implacabile, definitivo - del Patto, che precipita in tutte le tube e negli archi gravi, mettendo fine alla questione, nel rispetto delle Rune, le leggi codificate e scolpite appunto sulla lancia di Wotan(1). (Tre secche note di didascalìa sulla partitura ci avvertono dell’infrangersi di Nothung contro la lancia di Wotan, di come Hunding nel frattempo affondi la sua nel petto di Siegmund e del tracollo della povera Sieglinde, che all’udire il rantolo mortale del fratello si accascia con un grido, come morta…)

Oggi la lancia di Wotan ha spezzato la Nothung di Siegmund… ma la legge del contrappasso si abbatterà tremendamente sul dio nel terzo atto del Siegfried, allorchè il giovane nipote-eroe, figlio dei gemelli-amanti, con la Nothung da se stesso riforgiata a partire dai frammenti raccolti da Brünnhilde, manderà in frantumi la lancia di Wotan, dando inizio alla definitiva rovina degli dèi(2). Sui tanti significati (filosofici, politici e persino tecnologici) e sulle vicende musicali del rapporto lancia-spada torneremo più diffusamente, ma a tempo debito…

Per adesso, dopo che i fiati, calando di forza e numero, ci hanno ricordato il tema della schiavitù (di cui è vittima Wotan medesimo, prima ancora che Siegmund) è ai corni ed ai fagotti che spetta di rendere l’onore delle armi all’incolpevole sconfitto, ed ecco che innalzano la prima sezione del tema dell’eroismo dei Wälsi, subito però sopraffatto da quello della morte, due volte ripetuto dalle viole (e sempre preceduto dall’immancabile tema del “perchè?”). Lo risentiremo ancora, questo sbifido tema necrofilo, nel terzo atto del Götterdämmerung, quando dovrà sottolineare un’altra morte, sempre a tradimento!: quella di Siegfried.

Brünnhilde, ormai fattasi persona responsabile, issa Sieglinde e i pezzi di Nothung(3) sul suo cavallo Grane (“Zu Ross, dass ich dich rette!”) e fugge, per metterli entrambi in salvo (tema della cavalcata, fortissimo nelle trombe).

Il tema dell’enigma del destino, nei tromboni, per tre volte ancora, salendo e dilatandosi, come qualcuno che rivolgesse implorante e sconsolato gli occhi al cielo, ci domanda: perchè?(4) La didasclìa ci informa di Hunding, che rimuove la lancia dal petto del povero Siegmund, e di Wotan, che se ne sta appoggiato sulla sua, in cima ad un picco roccioso, gettando uno sguardo addolorato alla salma del figlio! Ora, a Wotan restano ancora due questioni da sistemare.

“Geh hin, Knecht!”, vattene, schiavo (è a Hunding(5) che sta rivolgendosi) vai pure da Fricka e dille che tutto è sistemato secondo i suoi desideri, e che la lancia di Wotan oggi ha vendicato il suo disonore! Gli archi gravi ribadiscono il concetto, con l’inesorabile, immancabile tema del Patto. E adesso, Wotan pronuncia un ultimo “Geh! …Geh!”, vai, vattene! seguito da una scala discendente velocissima degli archi bassi, dal LA al SOL#: ed è un vero e proprio, e sprezzante, “pollice verso”, che stavolta fa letteralmente secco Hunding, sull’istante(6). Ai timpani tocca il compito di descriverne lo stramazzare al suolo e poi l’ultima, sorda convulsione, ta-ta-taaaa, proprio come, nel Rheingold, era stato descritto l’ultimo rantolo di Fasolt, il gigante ucciso dal fratello Fafner, per una questione di soldi e …di anelli.

Sempre agli archi gravi tocca invece di riproporci il malcontento di Wotan, che esplode subito dopo in un’imprecazione solenne (“Doch Brünnhilde! Weh' der Verbrecherin!”) contro la Valchiria, rea di avergli disobbedito. Dovrà pagarla cara, la sfrontatissima ragazza! Il tema dell’angoscia di Wotan pervade ossessionante tutta l’orchestra, mentre il dio si lancia all’inseguimento della figlia prediletta, per comminarle la punizione estrema.

E ancora una volta, sull’ultimo tempo della penultima misura, prima del definitivo schianto di tutta l’orchestra su un tremendo accordo di RE minore, c’è un tema spietato e ineludibile (SIb-LA) che si fa sentire, in fortissimo: la schiavitù!

___
Note:
1. La Völsunga Saga motiva l’intervento di Odin(Wotan) nella morte di Sigmund in modo assai diverso – e in buona parte gratuito – rispetto a Wagner. Durante la battaglia fra Sigmund e Lyngvi, Odin (in incognito, nelle fattezze di un viandante con mantello azzurro, gran cappello in testa e con un occhio solo) interviene contro il primo (e a favore del secondo) non già per “punire un reato” (l’incesto, nel nostro caso, di cui Sigmund si è macchiato, ma in un contesto secondario, e senza che alcuno “reclamasse”) e nemmeno per “far rispettare le sacre rune” per conto di Frigg-Fricka (Sigmund non aveva assolutamente “fatto le corna” a Lyngvi, ma aveva legittimamente sposato una donna contesa fra i due); invece, Odin si presenta a reclamare indietro la sua spada, da lui conficcata nella quercia e da Sigmund da lì divelta. Sigmund oppone all’alabarda di Odin la spada, che viene spezzata, lasciandolo alla mercè del nemico; Sigmund, peraltro, non muore subito, ma dopo ore, e dopo aver potuto raccomandare alla moglie Hjordis di aver cura del figlio (Sigurd-Siegfried) che lei porta in grembo, ed averle lasciato in custodia i due pezzi della spada (rimasta fino ad allora anonima) suggerendole persino il nome – Gram – con cui chiamarla quando verrà ricostruita per Sigurd. (Come si vede, a parte qualche similitudine di “sceneggiatura” e alcuni pur importanti dettagli, nelle saghe non c’è nulla della profonda trattazione psicologica e filosofica che Wagner ci consegna con il “suo” mito).
2. Nelle saghe, la spada di Sigmund viene riforgiata (da Regin) ma al solo scopo di servire a Sigurd(Siegfried) dapprima per fare secco Fafnir (e poi lo stesso Regin) e successivamente per vendicare il padre Sigmund, facendo strage del di lui rivale Lyngvi e dei suoi seguaci. Più nessun rapporto, qui, con Odin(Wotan).
3. Per la verità, apprenderemo del recupero dei frammenti della spada solo più tardi, allorquando Brünnhilde li affiderà a Sieglinde, al momento di “spedirla” verso la foresta di Neidhöhle.
4. Dal punto di vista del realismo della vicenda, la morte di Siegmund si rendeva per Wagner assolutamente necessaria. Con quale pretesto, e inventando quale improbabile circostanza, si sarebbe potuto giustificare l’interesse di Siegmund per Fafner ed il suo tesoro? Vedremo invece con quanto realismo Wagner ci racconterà del rapporto fra Siegfried e il drago.
5. Hunding, nella vita materiale, non è né un servo, né tantomeno uno schiavo, anzi ci è stato presentato come un maggiorente del suo clan. Quindi l’epiteto rifilatogli da Wotan non può che riguardare aspetti culturali: agli occhi del dio, Hunding è evidentemente schiavo di pregiudizi, di falsi valori e di convinzioni bigotte. Che peraltro riguardano l’istituto familiare, fanno parte delle regole della civile convivenza, e sono giustamente difesi da Fricka!
6. Qualche pignolo esegeta ha pensato bene di “prendere in castagna” Wagner, avanzando il dubbio che egli in realtà avesse intenzione di “lasciar vivere” Hunding, e ciò spiegherebbe l’esortazione di Wotan all’uccisore del figlio a recarsi da Fricka, che sarebbe però in palese contraddizione con lo stato di morte fisica, provocatogli subito dopo. A questi critici si potrebbe magari obiettare l’inverosimiglianza di un incontro di persona fra un uomo e una dea, od anche che Wagner - chissà - avesse in mente una specie di aldilà, in cui Hunding potesse, proprio da morto, incontrare la dea, proprio come gli eroi caduti in battaglia rivivevano, accanto al dio, nel Walhall… Se proprio si vuol trovare una giustificazione logica all’atto di Wotan, sarà difficile sostenere che il dio ce l’avesse con Hunding, che in fondo ha solo reclamato i suoi diritti e, se ha ucciso Siegmund, ha potuto farlo solo e propriamente con la complicità diretta e determinante del dio medesimo. Nè Wotan può prendersela con Fricka, che sarà una moglie petulante e noiosa, ma in fin dei conti ha solo preteso il rispetto di regole universali. Wotan - lo sappiamo fin dal monologo con Brünnhilde - ce l’ha ormai solo con se stesso, visto che il suo castello di carte gli sta via via crollando miseramente ai piedi, al punto da averlo costretto a sacrificare il figlio in cui aveva riposto tutte le sue speranze: l’uccisione di Hunding è il gesto impulsivo di chi, in guerra con sè medesimo, se la prende col primo che gli viene a tiro. Invece c’è una - difficilmente oppugnabile - spiegazione artistica-estetica alla vicenda: nelle saghe, effettivamente Lyngvi (figlio di Hunding) sopravvive per anni dopo aver ucciso Sigmund, e verrà poi ammazzato da Sigurd-Siegfried, che lo inseguirà ovunque per vendicare il padre. Wagner, che mai e poi mai ci presenta un personaggio per poi “dimenticarsene”, evidentemente considerò ingestibile, nell’economia del Ring, uno sviluppo di tal fatta, e preferì chiudere qui, in modo sbrigativo e sommario, il discorso con Hunding, così “prendendo due piccioni con una fava”: conferendo ulteriore drammaticità a questa scena della Walküre, e preparando contemporaneamente il terreno per l’altrettanto drammatico incontro-scontro (“passaggio di consegne” incluso) fra Siegfried e il “nonno”, nel terzo atto della successiva opera.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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