24 lug 2011

4.1.1.1 Siegfried, Atto I, Scena I - Mime


Prima che il sipario si alzi ascoltiamo il Preludio orchestrale con cui Wagner, al solito, ci prepara adeguatamente a ciò cui assisteremo tra poco. Un sommesso rullo di timpano, sul FA profondo (che si protrarrà per 46 battute in 3/4) prepara l'ingresso, a battuta 4, dei due fagotti che suonano due terze discendenti (SIb-SOLb/DO-LA) seguite da altre due terze, più in basso (FA-REb/SOL-MI) e poi (nel terzo fagotto e controfagotto) da altre due terze sempre più giù (REb-SIb/MI-DO) e subito dopo da altre due ancora (SIb-SOLb/DO-LA) seguite da una breve scala ascendente, sempre di terze (REb-SIb/MIb-DO/FA-REb).

Avevamo già udito qualcosa di simile nella terza scena del Rheingold, giù a Nibelheim: era il povero Mime che meditava sulle sue sventure. Là quelle terze scendevano di un tritono (a rappresentarci, nella mente di Mime, il sovvertimento dell'ordine costituito da parte di Alberich) e però si ripetevano sempre più in alto, come ad esprimere il crescente cruccio, una specie di imprecazione del nano, umiliato dal fratello. Qui invece scendono tendenzialmente di una settima (chiamando in causa proprio Alberich!) e sprofondano sempre più in basso, prima della breve risalita. Pochi dubbi che si tratti di Mime (che ancora non vediamo, peraltro) che non sta più imprecando, ma sta evidentemente rimuginando qualcosa di grosso, cercando di mettersi nei panni del fratello (per fargli le scarpe, ovviamente!)

La conferma di ciò ci viene subito dall'ingresso del contrabbasso-tuba, che espone il tema del tesoro, apparsoci nella citata terza scena del Rheingold, a supportare le velleità di Alberich. Ma qui il tema è esposto con la pesante lentezza dello strumento più "pachidermico" dell'orchestra: e non a caso, poiché il tesoro è oggi custodito da un enorme, elefantiaco drago, Fafner! Ci viene ricordato anche da chi quel tesoro fu accumulato: l'inconfondibile tema nibelungico, con le sue terzine "zoppe", introdotte dall'acciaccatura di una quartina ascendente, è lì proprio per questo. Mentre due tube tenore e due tube basse esplodono sempre più forte il tema del tesoro, ecco comparire, ossessionante, il tema della schiavitù, che sfocia in quello della dominazione di Alberich, che è appena accennato, per lasciare il posto al protagonista supremo di tutta la grande fiaba: l'anello!

Le cui circolari volute si ripetono spasmodicamente in tutti gli strumentini, poiché hanno invaso ormai la mente di Mime – ce lo confermano i fagotti con le loro interpunzioni sul tema della sua meditazione! - che sogna di farlo suo, l'anello, in barba ad Alberich. Ma come può un piccolo disgraziato come lui toglierlo al drago Fafner? Ecco la risposta, che ci viene dal sommesso intervento della tromba bassa: Nothung! È la sola arma che può servire contro il gigante-drago. E il martellante ritmo nibelungico riprende con maggior forza, contrappuntato da "frustranti" acciaccature di seconda minore degli strumentini, mentre il sipario si alza – guarda caso – proprio su una caverna naturale trasformata in fucina, dove Mime sta lavorando attorno ad una spada.

Il suo racconto, un misto di sogni e imprecazioni, ci chiarisce lo scenario: Mime sta cercando di forgiare un'arma sufficientemente resistente da potere affidare a Siegfried per far secco Fafner(1); dopodichè lui, Mime, si impossesserebbe di tesoro e anello, diventando padrone del mondo! In realtà sa benissimo che tutte le sue spade verranno immancabilmente fatte a pezzi dal ragazzo: una soltanto potrebbe fare alla bisogna, Nothung, ma lui ne possiede soltanto i frammenti, e non sa come rimetterli insieme. Dobbiamo quindi cominciare a sospettare – ma successivamente Mime ci fornirà dettagli assai più precisi – che Sieglinde debba essere passata di lì a partorire Siegfried, lasciando in consegna al nano i resti della spada di Siegmund.

Questo racconto iniziale di Mime è suddiviso in quattro sezioni. Dapprima il nano impreca contro il ragazzo che manda in frantumi anche le spade più resistenti che lui gli forgia: qui il ritmo nibelungico è sempre contrappuntato dalle acciaccature di seconda minore degli strumentini. Segue una pausa di meditazione (immancabili i fagotti a ripeterne il tema) che introduce la seconda sezione: mentre le viole riprendono il tema martellante, Mime ci racconta che una spada (Nothung, di cui sentiamo l'incipit del tema più volte ripetuto, per poi sfociare nel tema completo, ma esposto quasi in forma interrogativa) resisterebbe alle intemperanze del ragazzo, se solo lui riuscisse a temprarne i frammenti. Altra pausa di meditazione (fagotti) e poi la terza sezione, in cui compare Fafner (di cui scopriamo come Mime mostri di saper tutto(2)) con il suo tema (mutuato da quello del serpentone in cui si era trasformato Alberich nella terza scena del Rheingold) esposto dalle tube basse e dalla tuba-contrabbasso. Mime espone qui il suo sogno: Siegfried (nominato qui per la prima volta) potrebbe abbattere il drago, e io mi conquisterei l'anello (il cui tema puntualmente ricompare). Ma perché ciò accada servirebbe mettere in pugno al ragazzo l'"arma letale" che ha nome Nothung, e che mi darebbe il potere assoluto (qui esplode addirittura il tema del Trionfo di Alberich!) Ma io non son capace di saldarla, la magica spada! E lo canta sul suo tema della disperazione, che scende, in minore, dal SOLb alla tonica SIb. Altro intermezzo in cui le tube scandiscono una perentoria scala discendente, contrappuntata dal ritmo nibelungico, quasi a togliere al nano ogni speranza, a seppellire i suoi sogni sotto una pesantissima pietra. Ed ecco allora (quarta sezione) ritornare la disperata imprecazione di Mime contro la propria incapacità e contro l'incontentabilità di Siegfried, che immancabilmente manderà in pezzi anche la spada appena forgiata. Distrutto, il nano si accascia, lasciando cadere il martello.


1. Nella citata saga germanica su Thiðrek (Dietrich da Berna) si narra una storia a "intenzioni rovesciate", rispetto alle saghe nordiche (e a ciò che Wagner si appresta a raccontarci): Mimir, che è il fabbro tutore di Sigurd-Siegfried, cerca di insegnargli l'arte, ma il ragazzo combina solo guai. Allora Mimir decide di farlo uccidere dal fratello Regin, che vive trasformato in drago. Sigurd però ammazza il drago e ne cucina le carni; così ne porta il sangue alla bocca e intende il linguaggio degli uccelli, che gli rivelano il disegno di Mimir di ucciderlo; e allora lui lo fa secco prontamente. Poi l'improbabile storia prosegue con vaghe similitudini con la trama del Nibelungenlied…
2. A differenza delle Valchirie che - vivendo nel Walhall e scendendo sulla terra solo per raccogliere i migliori eroi caduti in battaglia - non avrebbero avuto modo di conoscere alcunchè del Fafner-drago, e solo da Brünnhilde ne sono state evidentemente informate, Mime è perfettamente al corrente di tutto, come vedremo bene fra poco. Piuttosto: Wagner non ci spiega come Fafner abbia potuto trasformarsi in drago: nessuno lo aveva mai informato sulle prerogative del Tarnhelm! E meno ancora poteva conoscere le parole magiche per scatenarne i poteri... Non ci resta che supporre, ma di nostra iniziativa, che l'informazione sia arrivata al gigante nel tempo intercorso fra la prima e la seconda scena del Rheingold, quando dei contatti - peraltro non propriamente amichevoli - fra Giganti e Nibelunghi ci dovettero essere, come ricordato per l'appunto nella seconda scena della Vigilia.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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