4 ago 2008

3.1.3.4 Die Walküre: Atto I - Scena III - Il “duetto” Siegmund-Sieglinde

Osserviamo innanzitutto che qui, per la prima volta nel Ring - ma in realtà per la prima volta in assoluto nella sua produzione artistica - Wagner ci presenta e si cimenta con il tema dell’Amore(1), davvero quello con la A maiuscola. Nel Rheingold ci aveva descritto l’amore animalesco, istintivo e selvaggio (Alberich) e poi quello convenzionale, istituzionale e persino burocratico (Wotan-Fricka); quindi l’idea platonica ed estetica dell’amore (Freia); solo in Fasolt (proprio verso Freia) aveva fatto capolino un minimo di sentimento autenticamente umano, un desiderio amoroso rimasto peraltro soffocato, e poi troncato definitivamente da eventi e necessità materiali. Vedremo come anche l’Amore di Siegmund e Sieglinde dovrà cedere di fronte a cosmiche necessità, e come sarà quello burocratico (Wotan-Fricka) a determinare gli sviluppi epocali che cominceremo a vivere di qui a poco. Tornerà al centro della scena, l’Amore, nel finale dell’opera successiva - ma solo temporaneamente - a stabilire il primato degli ideali sugli interessi, della nobiltà sulle meschinità, del bene sul male.

Tornando a Siegmund-Sieglinde, dopo il Winterstürme, si passa dal generale al particolare, dalla descrizione del fenomeno naturale (la primavera che risveglia l’amore) al pieno esprimersi della passione fra i due gemelli.

Ancora arbitrariamente possiamo delimitare la parte “amorosa” del duetto a iniziare dalle parole di Siegmund “Zu seiner Schwester schwang er sich her” fino a quando Sieglinde chiede al fratello se veramente si chiami Wehwalt (poi i due passerano all’azione: la nomina di Siegmund e il di lui recupero della spada). I due cantano rigorosamente separati, alternandosi per 6 volte, con lei che si dilunga nei ricordi e nella contemplazione e descrizione fisica della figura del fratello, mentre lui più che altro la interrompe, proprompendo in brevi esclamazioni di giubilo e di ammirazione per lei(2). Oltre alle parole e alla musica, anche le didascalìe di scena sono precise ed illuminanti, e riguardano principalmente gli atteggiamenti e le espressioni della donna.

Wagner davvero lascia andare a briglia sciolta la sua ispirazione, per descriverci i sentimenti dei due innamorati; le continue modulazioni (nel corso del dialogo vengono percorse molte delle tonalità della scala cromatica, anche se siamo ancora dentro uno stretto diatonismo, a differenza di quanto accadrà nel Tristan) sottolineano i diversi stati d’animo, le emozioni, gli slanci, le gioie e le ansie della coppia; e il tema dell’Amore la fa, com’è ovvio, da padrone, riapparendo ad ogni piè sospinto.

A cominciare proprio da quel REb, cui Siegmund si riallaccia per cantare, in FA, “Zu seiner Schwester schwang er sich her” (verso la sorella egli si slanciò) fino all’annuncio che l’Amore stesso ha adescato la Primavera (“die Liebe lockte den Lenz”); una sosta in LA minore (“in unsrem Busen barg sie sich tief”, nel nostro petto esso si nascondeva profondamente) per poi modulare a DO (“nun lacht sie selig dem Licht”, ora sorride beato alla luce) con i flauti che gli fanno eco con il tema di Freia. Ora il motivo e il ritmo marziale della seconda sezione del Winterstürme (la primavera che sottomette il mondo) sostengono con certosina appropriatezza le parole di Siegmund (“Die bräutliche Schwester befreite der Bruder”, la consorte sorella liberò il fratello) col tema dell’amore nell’oboe, dal DO; ancora: “zertrümmert liegt, was je sie getrennt” (spezzato giace ciò che li separava) che sale al MIb, da cui l’oboe spicca ancora il volo sul tema dell’amore; ora, dalla dominante FA (“jauchzend grüsst sich das junge Paar: vereint sind Liebe und Lenz!”, giubilante si saluta la giovane coppia: riuniti sono Amore e Primavera) si torna al SIb, con Siegmund – la Primavera – che canta l’incontro con Sieglinde – l’Amore – mentre i due concetti-personaggi ci vengono presentati quasi contemporaneamente dai violini (l’Amore) e dai violoncelli (la Primavera)!

E qui i violini, richiamando l’inciso dei violoncelli che aveva introdotto il rientro dalla camera di Sieglinde, sviluppano il tema della Primavera in volute sempre più alte (FA, LAb, DO) con una modulazione che sale alla sottodominante MIb, divenuta ora tonica, dove Sieglinde canta (sul tema dell’Amore) “Du bist der Lenz nach dem ich verlangte in frostigen Winters Frist”, tu sei la Primavera cui ho anelato nei geli invernali (siamo qui passati alla relativa DO minore, per sottolineare il freddo fisico e morale patito dalla donna); e poi, reiterando due volte il tema dell’Amore, Sieglinde ricorda come il suo cuore si rallegrò dello sguardo di Siegmund (“Dich grüsste mein Herz mit heiligem Grau'n, als dein Blick zuerst mir erblühte”) chiudendo in LAb. Il quale, per enarmonia, trasmuta in SOL#, dominante di DO# minore, e in quest’atmosfera lugubre Sieglinde ricorda le pene sofferte in una casa a lei estranea, abitata da sconosciuti (“Fremdes nur sah ich von je, freudlos war mir das Nahe; als hätt' ich nie es gekannt war, was immer mir kam”, stranieri solo e sempre io vedeva, senza gioia mi era il vicino; come se mai l'avessi conosciuto era sempre chi veniva a me) e il tema della fuga torna tre volte a chiarirci l’anelito della giovane a liberarsi di tanta sciagura! Ma poi, ecco l’autentica liberazione, l’incontro con Siegmund (“Doch dich kannt’ ich deutlich und klar”, ma poi ti conobbi, limpido e chiaro) che dal DO, dopo appoggio sul SI, sale alla nuova tonica MI, che tosto diviene dominante di LA, con una modulazione che passa dal tema dell’amore (“als mein Auge dich sah”, come il mio occhio ti vide) su cui Sieglinde certifica: “war’st du mein Eigen”, fosti solo mio. Ed ora Sieglinde si accende, su una serie di modulazioni(3) che la portano dal LA al SI (“was in Busen ich barg”, ciò che portavo in seno) poi al DO# (“was ich bin”, ciò che io sono) e da qui, per enarmonia, a REb, sottodominante di LAb, sulla cui tonalità si raggiunge, con due terze minori discendenti e una sesta ascendente (“hell wie der Tag”, chiaro come il giorno) la dominante MIb; da qui, con lo stesso procedimento, altro salto in su di un tono, SIb e salita alla dominante FA (“taucht’ es mir auf”); una tregua sul FA, armonizzato in minore (“wie tönender Schall / schlug’s an mein Ohr”, con musicale suono colpì il mio orecchio) che torna mediante di REb per la chiusura (“als in frostig öder Fremde zuerst ich den Freund ersah’”, quando in gelido e solitario esilio vidi per prima volta l’amico) con i flauti a ricordare, puntualmente, la Primavera.

Mentre lei, letteralmente, gli si appende al collo, tocca ora a Siegmund, modulando a SOLb, lodare la donna (“O süsseste Wonne”, dolcissima gioia) con un salto all’insù, dal FA al RE naturale, la quinta aumentata, a creare una irresistibile tensione che sfocia sulla sesta, MIb, per poi cadere da lì sulla tonica e di qui ancora sulla sensibile FA (questa figura torna spesso nel seguito…); per poi salire dal RE alla tonica superiore (“O seligstes Weib!”, beatissima donna) con gli strumentini a ricordare, a canone, il tema di Freia…

Sieglinde, occhi negli occhi, risponde (“O lass’ in Nähe zu dir mich neigen”, lascia che accanto a te io mi avvicini) ripetendo due volte la figura di Siegmund (“O süsseste Wonne”); poi si adagia, dal LA, sulla mediante SIb, scendendo dalla sesta MIb (“dass hell ich schaue…”, che chiara io veda…) e da qui spicca il volo verso la tonica superiore, scendendo poi sulla dominante aumentata, RE naturale (“…den hehren Schein”, …la nobile luce); ancora la sezione ascendente (FA-RE-MIb) del “O süsseste Wonne” torna tre volte (“der dir / aus Aug’ / und Antlitz…”, che a te dallo sguardo e dal viso…); qui Sieglinde sembra emettere un lungo sospiro (“…bricht und so süss die Sinne mir zwingt“, …proprompe e così dolcemente i miei sensi soggioga) e il suo canto resta fermo sul MIb, per poi raggiungere, attraverso una fugace esplorazione del tema dell’amore, il FA.

E quel FA modula come sopratonica di MIb, sulla cui tonalità Siegmund risponde: “Im Lenzesmond leuchtest du hell”, nella luna primaverile tu riluci chiara, mentre i violini ripetono due volte la figura “O süsseste Wonne”; ora una salita cromatica, dal SI naturale, va a toccare il MIb, scendendo poi sulla dominante SIb (“hehr umweb dich das Wellenhaar”, nobile ti cinge l’onda dei capelli); ancora il tema dell’amore, prima dalla tonica (“was mich berückt…”, ciò che mi inebria…) e poi dalla sensibile RE (“…errath’ ich nun leicht”, …indovino ora facilmente) ci porta alla modulazione a DO maggiore, su cui Siegmund canta “denn wonnig weidet mein Blick”, perché gioiosamente pasce il mio sguardo, che inizia con un balzo di un’ottava ascendente, dal SOL e quindi, passando per mediante e tonica, si assesta sulla sopratonica RE.

Ancora Sieglinde, ritraendogli i riccioli dalla fronte e contemplandolo stupita, ammira l’ampia fronte di Siegmund (“Wie dir die Stirne so offen steht”) salendo dal RE al SOL attraverso un “picco” dal FA al RE superiore e ritorno; poi sale ancora dal SOL al DO (“der Adern Geäst…”, l’intreccio delle vene…) quindi giù a poggiare sul FA (“…in den Schläfen sich schlingt”, …sulle tempie si avvinghia) con un ondeggiamento MI-FA-SOL-MI-DO-FA, che bene rappresenta il percorso delle vene sulla fronte del fratello; la sezione iniziale del “O süsseste Wonne“ ancora accompagna Sieglinde, prima SI-SOL#-LA (“Mir zagt es…”, io tremo…) poi ampiato a un’intera ottava (DO-SI-DO, “…vor der Wonne…”, … per la gioia…) e di qui si sale cromaticamente alla mediante (DO#-RE-RE#-MI) sulle parole “…die mich entzückt”, … che m’inebria. Il MI diviene tosto la tonica, poiché è il Walhall a fare la sua ricomparsa, per 8 misure nei corni, precedendo ed accompagnando le parole di Sieglinde: “Ein Wunder will mich gemahnen… den heut' zuerst ich erschaut, mein Auge sah dich schon!” (Una meraviglia mi vuol ricordare… chi oggi per la prima volta ho visto, il mio sguardo già ti vide!); il tema si sviluppa sul suo “standard” per le prime 6 misure, da lì (SOL-LA-SI, due volte) sale in cadenza plagale e sfiora, sulle ultime tre parole di Sieglinde – sah dich schon, MI-SI-DO – nientemeno che il tema della rinunzia!

Poi un’ascesa cromatica negli strumentini serve a ricondurre l’atmosfera al DO, dove Siegmund riprende: “Ein Minnetraum gemahnt auch mich…” (Un sogno d’amore me pure ricorda…) mentre il primo clarinetto ci ricorda di Freia e i flauti in contrappunto ripropongono l’arpeggio su cui Siegmund aveva cantato poco fa “denn wonnig weidet mein Blick”. Siegmund prosegue: “in heissem Sehnen sah ich dich schon!” (in caldo anelito già io ti vidi!) mentre i primi violini espongono un “tristaniano” motivo (detto: “la vita d’amore”) che degrada cromaticamente (quarta discendente, terza ascendente, seconda giù-su, e così via).

Sieglinde risponde, su una fugace diversione a MI minore: “im Bach erblickt’ ich mein eigen Bild” nel torrente ho visto la mia propria immagine(4), poi torna al DO (“und jetzt gewahr’ ich - es wieder”, ora nuovamente lo scorgo) con due salite cromatiche a LA e poi al DO, e finalmente al RE (“wie einst dem Teich es enttauscht, bietest mein Bild mir nun DU!”, come un giorno ella emerse dallo stagno, così tu oggi l'immagine mia rimandi!)

Siegmund, dal FA, divenuto tonica, incalza: “Du bist das Bild das ich in mir barg” tu sei l’immagine che custodivo in me, e lo fa con le stesse note, il tema dell’Amore, con cui Sieglinde lo aveva prima apostrofato (“Du bist der Lenz”).

Sieglinde lo interrompe, distogliendo rapidamente lo sguardo :“O still! Lass mich der Stimme lauschen: mich dünkt, ihren Klang hört' ich als Kind“, taci! Lasciami la voce ascoltare, mi sembra, il suo suono avere udito bambina... col corno che ripete il tema dell’Amore, in FA. Quindi la certezza (esaltandosi): “Doch nein! Ich hörte sie neulich, als meiner Stimme Schallmir widerhallte der Wald.“ Ma no! or ora l'ho udita, quando il suono della mia vocemi riecheggiò la foresta! Che passa dal DO al FA, fermandosi sulla sopratonica SOL.

Dalla quale Siegmund ancora esplode: “O lieblichste Laute, denen ich lausche!“ O amorosissimi suoni, cui io ascolto! Passando da SIb a LA minore, dove viole e archi bassi intonano il tema dell’eroismo dei Wälsi.

Il quale tema accompagna Sieglinde che, spiando nuovamente nei suoi occhi, modulando a MI minore afferma: “Deines Auges Gluth erglänzte mir schon…” Del tuo occhio il baleno balenò già a me). Sale alla dominante SI, dove la tonalità muta subitaneamente a maggiore, poichè sulle parole “so blickte der Greis grüssend auf mich, als der Traurigen Trost er gab. An dem Blick erkannt' ihn sein Kind - schon wollt' ich beim Namen ihn nennen!“ (così il vecchio guardava su di me, salutando, quando donò conforto alla dolente. Allo sguardo lo riconobbe sua figlia... già stavo per chiamarlo per nome!) è il tema del Walhall, ancora e immancabilmente in MI maggiore, a sottolineare che la persona di cui Sieglinde sta parlando è il padre Wotan. Il tema si snoda ora per 16 misure, così: 4 misure con i due cerchi canonici, suonate dai corni in MI; poi entrano violini e viole, che per altre 4 misure ripetono i cerchi, ma variati, salendo alla dominante SI, e accompagnando la cadenza plagale di Sieglinde (“Trost er gab”) su LA maggiore. Qui altre 4, poi le ultime 4 con l’ulteriore discesa plagale al RE e la sospensione sul FA# del “nennen”.

Qui si può porre la chiusa della parte amorosa del duetto. Sieglinde, interrompendosi, chiede al fratello se davvero egli si chiami Wehwalt, e poi - al suo diniego - Friedmund (i nomi che Siegmund si era dato nella seconda scena, in presenza di Hunding).

Siegmund chiede che sia lei a dargli un nome (“Den Namen nehm’ ich von dir).

Sieglinde gli ricorda - nell’atmosfera armonica dell’eroismo dei Wälsi! - che lui chiamò Wolfe suo padre (Wälse) e il tema del Walhall, sempre in MI maggiore, fa una fugace apparizione (con l’immancabile cadenza plagale a LA) accompagnato dal ritmo del grido di vittoria.

Al che Sieglinde esplode (fuori di sè) nella certezza che per lui la spada fu conficcata nel tronco dal misterioso viandante, ora chiaramente riconosciuto come il loro padre. Ma prima ci vuole un nome per il fratello-amante, ed è appunto Sieglinde a sceglierlo: “Siegmund(5), so nenn’ ich dich!”
___
Note:
1. In tutte le opere precedenti il sentimento amoroso fra due persone è sempre mediato da qualche fenomeno esterno (Tannhäuser) o sortilegio (Holländer, Feen) o gratuita magìa (Lohengrin): mai Wagner aveva descritto il naturale, spontaneo, incoscio sbocciare della passione fra due individui, così come si manifesta normalmente, nella vita di tutti i giorni.
2. In questa specie di asimmetria risiede parte della differenza fra questo duetto e quello del Tristan, dove invece entrambi i personaggi si abbandoneranno a lunghe esternazioni.
3. Ritroveremo qualcosa del genere, in proporzioni ampliate, nel finale del Tristan.
4. Wagner, dovendoci raccontare di epoche lontane, o fuori dal tempo materiale e tecnologico, ricorre spesso all’immagine dell’acqua che fa da specchio ai personaggi. Anche nel Siegfried questa circostanza ritornerà.
5 Letteralmente, in lingua moderna: “bocca della vittoria”; poeticamente, dall’arcaico nordico mund=protettore: “protettore vittorioso”.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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