26 dic 2011

4.1.1.3 Siegfried - Atto I, Scena I - Mime e Siegfried (II)

La lunga lamentazione di Mime potrebbe anche essere presa per un comprensibile sfogo di un premuroso genitore che si vede bistrattato dal figlio scapestrato, per il quale lui non ha fatto altro che sacrifici continui e non ha avuto altro che premure. In realtà noi sappiamo bene – da ciò che lo stesso nano ci ha notificato poco prima – che tutte le sue cure e l’interesse per il ragazzo sono esclusivamente finalizzati a costruirsi uno strumento usa-e-getta da impiegare per impadronirsi del tesoro di Alberich. Nel secondo atto la spregevole ambiguità di Mime toccherà il suo apice, allorquando il nano canterà al Siegfried che ha appena fatto secco Fafner le sue melense adulazioni, senza però riuscire a dissimulare le sue intenzioni autentiche: ammazzare il ragazzo con la sua stessa spada e far suo il bottino.

Ecco allora, esposto quasi fosse una noiosa ninna-nanna, questo sfogo ipocrita del nano, che Wagner rappresenta con una melodia cantilenante, à la yiddish. Il che gli attirerà, al solito, le ire dei sostenitori della tesi del Wagner-razzista, ma che non ci impedisce di apprezzarne la mirabile efficacia nell’evocare la meschinità del nano e delle sue intenzioni. Dopo la prima imprecazione (“Das ist nun der Liebe schlimmer Lohn…“, ecco la misera ricompensa per il mio amore), sulla seconda (“Das der Sorgen schmählicher Sold!, ecco delle pene l’obbrobriosa paga) corni e strumentini ci propongono una scala cromatica che scende dal DO acuto per un’ottava e mezzo, fino al SOL sottostante: è in sostanza una variante del tema del sonno, che introduce quella specie di ninna-nanna. Il tempo, da 2/2, si trasforma in 3/4 e la melodia passa ad un equivoco FA minore, con i violoncelli che la punteggiano con il motivo dei Nibelunghi (ma sempre ristretto, proprio a mostrarci la pochezza di Mime). “Als zullendes Kind…” come un bambino lattante, canta Mime, su un tema che dapprima scende da dominante a sopratonica e poi - “zog ich dich auf”, io ti allevai – dalla sottodominante alla tonica FA. Poi risale, scende e ancora risale, fra tonica e dominante, proprio come una lagnosa cantilena, appena illuminata dal fugace motivo del corno di Siegfried, allorchè il nano gli ricorda di averglielo amorevolmente fabbricato. È il tema noto come l'Educazione di Mime. Ma che sia tutto un ipocrita atteggiarsi ce lo dice, oltre alla musica – meschinamente adulante – anche una precisa didascalìa in partitura, che ci avverte di come Mime, allorquando il ragazzo si volta verso di lui, distolga imbarazzato lo sguardo.
 
Il contrasto sonoro fra il canto di Mime e la risposta di Siegfried non potrebbe essere più profondo: passiamo ad un fugace quanto sognante SIb maggiore, che introduce l’elenco delle rimostranze del ragazzo nei confronti del tutore: lamentele esposte quasi scimmiottando la precedente lagnosa esposizione di Mime, sempre in 3/4, RE minore, ma girando al negativo tutte quelle che il nano aveva cercato di far passare come amorevoli attenzioni. Quando poi il ragazzo comincia a descrivere le fattezze del nano (“Seh' ich dir erst”) ecco che si passa subitaneamente in 2/4, col tema dell’Esuberanza che si affaccia e introduce, per contrasto, quello rimpicciolito dei Nibelunghi. Ma quando Siegfried descrive gli ammiccamenti pelosi e il modo dinoccolato di muoversi di Mime, ecco riesplodere il tema dell’Esuberanza, con cui il ragazzo esprime il tutto il suo disprezzo (“per la collottola vorrei il coboldo afferrare”). Dimmi perché – chiede Siegfried – io me ne torno sempre a casa, quando tutti gli animali del bosco mi sono più cari di te? Se sei intelligente, spiegamelo.

Ma qui, prima che Mime cerchi di ammansire il ragazzo con una delle sue melense adulazioni, è l’orchestra a spiegarci l’arcano: siamo passati a DO maggiore e dai violoncelli, divisi un quattro parti, sale un tema che definire sbudellante è ancor poco: SOL-SOL#-LA-SI-DO-DO#-MI-RE-DO-SI. È il tema della Bramosia dell’amore materno, che riapparirà ancora e in particolare nel second’atto. In tedesco viene chiamato Sehnsuchtsmotiv, o motivo dell’anelito, del desiderio, della domanda di amore, di tenerezza, di carezze, insomma di tutto ciò che è materno. E il suo cromatismo ci ricorda il tema dell’Amore, udito nella Walküre, quello di Freia dal Rheingold e ci anticipa persino le atmosfere del Tristan!

Mime spiega al ragazzo che ciò che lo spinge sempre a tornare a casa è l’amore per il genitore premuroso, che si occupa del figlio così come l’uccello cura amorevolmente l’uccellino, prima che impari a volare. La similitudine è poetica, supportata dal Sehnsuchtsmotiv che adesso, in RE maggiore, torna per alimentare le domande che Siegfried pone al nano, propriamente caratteristiche di un fanciullo che chiede all’adulto di spiegargli i mille perché? che gli si affacciano in testa, dopo aver osservato la natura circostante. E la Natura qui viene magistralmente evocata dal nostro mago, con flauti e clarinetto basso che mimano il canto degli uccelli (preludio di quanto ascolteremo nel second’atto) e i rapidi balzi del capriolo, della volpe e del lupo. Sempre il tema dell’anelito dell’amor materno, in continue variazioni, supporta le osservazioni che Siegfried riporta della vita naturale, e in particolare delle famigliole - padre, madre e piccoli - che popolano la foresta. Anticipazione freudiana, questa, dell’identificazione, nel subconscio, fra amore materno e amore carnale. Adesso il ragazzo viene al dunque, e chiede a Mime, fra l’ingenuo e il sospettoso: dov’è la tua mogliettina, colei che mi ha messo alla luce, e che io possa chiamare madre?

Il povero nano non sa che pesci prendere, incalzato dal ragazzo, che gli chiede – cantando proprio sulla sua cantilenante ninna-nanna – come lui abbia potuto metterlo al mondo, senza una madre. Mime, sempre più imbarazzato, risponde: credimi, ti sono padre e madre insieme (1).

Al che Siegfried sbotta furente (accompagnato dal tema della sua esuberanza) e adesso rincara la dose: non è solo l’assenza della madre a instillargli mille dubbi nella testa, ma anche un altro particolare di portata capitale, di cui il fanciullo ha preso coscienza specchiandosi nel ruscello (il ricordo della vista della propria immagine viene supportato in orchestra da due temi che scolpiscono in modo fulminante l’identità del ragazzo: nome: Siegfried, stirpe: Wälsunga!): lui e Mime si assomigliano come un lucente pesciolino (si noti il motivo fluttuante dell’ondeggiamento, udito per la prima volta nel Rheingold, due sole battute, memorabili!) assomiglia ad un rospo schifoso!

Mime cerca ancora di schivare l’argomento, ma Siegfried lo incalza: ora capisco perché torno sempre a casa, devo sapere chi sono mio padre e mia madre! E a Mime, che ancora si illude di sfuggirgli, il ragazzo addirittura afferra la coda! (2) Ed esige, ma proprio con le cattive, di conoscere la verità.

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Note:
1. Mime un ermafrodita!? Anche qui Wagner trova modo di irridere il nano, dandogli indirettamente dell’invertebrato. 
2. ?! Così letteralmente scrive Wagner in didascalìa. Mime è un elfo, un coboldo, ma qui proprio ne viene sprezzantemente sottolineato il tratto animalesco (più dell’animo, che del corpo, verrebbe da pensare…) 

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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