Anticipato dal suo tema, entra Hunding (nome dall’etimologia fin troppo smaccata: cane(1)) marito di Sieglinde, che è corsa ad aprirgli la porta. Un tema, il suo, per l’appunto “abbaiante”, con una vaga reminiscenza nibelungica. E non a caso, dopo la sua seconda apparizione, viene regolarmente intercalato da veloci quartine ascendenti degli archi bassi, che richiamano il tema dell’annientamento, apparso nel Rheingold ad anticipare la maledizione di Alberich!
Nessun legame esiste, nelle fonti nordiche come in Wagner, fra i Neidinghi di Hunding e i Nibelunghi di Alberich, ma la musica si incarica di farci capire come si tratti comunque di “minacce” per Wotan e per tutta la sua stirpe. Peraltro il nostro “cane” ha tutta una sua cornice di sani princìpi, e dichiara la sua dimora essere sacra per l’ospite!
Sieglinde gli raccoglie le armi e le appende al frassino che sorge nel mezzo della sala, ma il suo sguardo si sofferma su Siegmund, e il suo tema, sfociante in quello dell’amore, non lascia dubbi sui suoi sentimenti.
Hunding li guarda e si accorge subito della somiglianza della moglie con lo sconosciuto (il fiammeggiante sguardo del serpente): l’orchestra ce lo conferma, quando il clarinetto basso suona il tema del Patto di Wotan (che è il padre dei gemelli, come ci verrà chiarito nel seguito). Ora comincia ad interrogare Siegmund, che inizialmente resta sul vago, parlando di sentieri smarriti e di non meglio identificati pericoli, ma il padrone di casa gli chiede subito il nome: è il tema dei Wälsi a rispondere, alzandosi nel clarinetto basso, incalzato dai violoncelli. Sieglinde ancora appare nei clarinetti, e il tema dell’amore nell’oboe, prima che Hunding venga al sodo, spingendo lei a chiedere allo sconosciuto la sua identità.
E qui inizia il lungo racconto di Siegmund, intercalato da un paio di domande di Sieglinde e di Hunding(2). Va ricordato che Siegmund non ha ancora questo nome: glielo darà, ma solo più tardi, Sieglinde stessa; perciò lui si dà per ora altri nomi: Wehwalt (posseduto dal dolore) e poi Wölfing, “lupetto” figlio di Wolfe, il Lupo (di cui scopriremo presto, ma già possiamo immaginarla, l’identità).
Si può qui osservare come Wagner usi per i personaggi di Hunding e Siegmund due riferimenti animaleschi, e di animali di specie contigue: cane e lupo. In fondo, siamo di fronte alle prime manifestazioni dell’umanità e Wagner ci rappresenta, in Hunding, l’uomo “bruto”, ancora troppo occupato a garantirsi la sopravvivenza per potersi intellettualmente elevare; in Siegmund, l’uomo che - “nato con la camicia”, potremmo dire, essendo figlio del massimo dio e svezzato, pur in ambiente ostile, dal “custode delle Rune” - comincia a pensare, a credere (nel Padre, nell’Amore, nella Spada) ma anche a ribellarsi alle leggi costituite, a darsi forse una superiore “ragione di vita”, che vedremo prevalere, nel secondo atto, sulla prospettiva - da onorificenza pubblica - offertagli da Brünnhilde…
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Nessun legame esiste, nelle fonti nordiche come in Wagner, fra i Neidinghi di Hunding e i Nibelunghi di Alberich, ma la musica si incarica di farci capire come si tratti comunque di “minacce” per Wotan e per tutta la sua stirpe. Peraltro il nostro “cane” ha tutta una sua cornice di sani princìpi, e dichiara la sua dimora essere sacra per l’ospite!
Sieglinde gli raccoglie le armi e le appende al frassino che sorge nel mezzo della sala, ma il suo sguardo si sofferma su Siegmund, e il suo tema, sfociante in quello dell’amore, non lascia dubbi sui suoi sentimenti.
Hunding li guarda e si accorge subito della somiglianza della moglie con lo sconosciuto (il fiammeggiante sguardo del serpente): l’orchestra ce lo conferma, quando il clarinetto basso suona il tema del Patto di Wotan (che è il padre dei gemelli, come ci verrà chiarito nel seguito). Ora comincia ad interrogare Siegmund, che inizialmente resta sul vago, parlando di sentieri smarriti e di non meglio identificati pericoli, ma il padrone di casa gli chiede subito il nome: è il tema dei Wälsi a rispondere, alzandosi nel clarinetto basso, incalzato dai violoncelli. Sieglinde ancora appare nei clarinetti, e il tema dell’amore nell’oboe, prima che Hunding venga al sodo, spingendo lei a chiedere allo sconosciuto la sua identità.
E qui inizia il lungo racconto di Siegmund, intercalato da un paio di domande di Sieglinde e di Hunding(2). Va ricordato che Siegmund non ha ancora questo nome: glielo darà, ma solo più tardi, Sieglinde stessa; perciò lui si dà per ora altri nomi: Wehwalt (posseduto dal dolore) e poi Wölfing, “lupetto” figlio di Wolfe, il Lupo (di cui scopriremo presto, ma già possiamo immaginarla, l’identità).
Si può qui osservare come Wagner usi per i personaggi di Hunding e Siegmund due riferimenti animaleschi, e di animali di specie contigue: cane e lupo. In fondo, siamo di fronte alle prime manifestazioni dell’umanità e Wagner ci rappresenta, in Hunding, l’uomo “bruto”, ancora troppo occupato a garantirsi la sopravvivenza per potersi intellettualmente elevare; in Siegmund, l’uomo che - “nato con la camicia”, potremmo dire, essendo figlio del massimo dio e svezzato, pur in ambiente ostile, dal “custode delle Rune” - comincia a pensare, a credere (nel Padre, nell’Amore, nella Spada) ma anche a ribellarsi alle leggi costituite, a darsi forse una superiore “ragione di vita”, che vedremo prevalere, nel secondo atto, sulla prospettiva - da onorificenza pubblica - offertagli da Brünnhilde…
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Note:
1. In realtà il prefisso “Hun” indica l’appartenenza al popolo degli Unni.
2. Come detto, nella Völsunga Saga, il nemico di Sigmund non è Hunding, bensì suo figlio Lyngvi, cui Sigmund ha “soffiato” la bella Hjordis, che anche lui voleva in moglie.
1. In realtà il prefisso “Hun” indica l’appartenenza al popolo degli Unni.
2. Come detto, nella Völsunga Saga, il nemico di Sigmund non è Hunding, bensì suo figlio Lyngvi, cui Sigmund ha “soffiato” la bella Hjordis, che anche lui voleva in moglie.
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