18 feb 2008

3.1.2.1 Die Walküre - Atto I - Scena II - Hunding

Anticipato dal suo tema, entra Hunding (nome dall’etimologia fin troppo smaccata: cane(1)) marito di Sieglinde, che è corsa ad aprirgli la porta. Un tema, il suo, per l’appunto “abbaiante”, con una vaga reminiscenza nibelungica. E non a caso, dopo la sua seconda apparizione, viene regolarmente intercalato da veloci quartine ascendenti degli archi bassi, che richiamano il tema dell’annientamento, apparso nel Rheingold ad anticipare la maledizione di Alberich!

Nessun legame esiste, nelle fonti nordiche come in Wagner, fra i Neidinghi di Hunding e i Nibelunghi di Alberich, ma la musica si incarica di farci capire come si tratti comunque di “minacce” per Wotan e per tutta la sua stirpe. Peraltro il nostro “cane” ha tutta una sua cornice di sani princìpi, e dichiara la sua dimora essere sacra per l’ospite!

Sieglinde gli raccoglie le armi e le appende al frassino che sorge nel mezzo della sala, ma il suo sguardo si sofferma su Siegmund, e il suo tema, sfociante in quello dell’amore, non lascia dubbi sui suoi sentimenti.

Hunding li guarda e si accorge subito della somiglianza della moglie con lo sconosciuto (il fiammeggiante sguardo del serpente): l’orchestra ce lo conferma, quando il clarinetto basso suona il tema del Patto di Wotan (che è il padre dei gemelli, come ci verrà chiarito nel seguito). Ora comincia ad interrogare Siegmund, che inizialmente resta sul vago, parlando di sentieri smarriti e di non meglio identificati pericoli, ma il padrone di casa gli chiede subito il nome: è il tema dei Wälsi a rispondere, alzandosi nel clarinetto basso, incalzato dai violoncelli. Sieglinde ancora appare nei clarinetti, e il tema dell’amore nell’oboe, prima che Hunding venga al sodo, spingendo lei a chiedere allo sconosciuto la sua identità.

E qui inizia il lungo racconto di Siegmund, intercalato da un paio di domande di Sieglinde e di Hunding(2). Va ricordato che Siegmund non ha ancora questo nome: glielo darà, ma solo più tardi, Sieglinde stessa; perciò lui si dà per ora altri nomi: Wehwalt (posseduto dal dolore) e poi Wölfing, “lupetto” figlio di Wolfe, il Lupo (di cui scopriremo presto, ma già possiamo immaginarla, l’identità).

Si può qui osservare come Wagner usi per i personaggi di Hunding e Siegmund due riferimenti animaleschi, e di animali di specie contigue: cane e lupo. In fondo, siamo di fronte alle prime manifestazioni dell’umanità e Wagner ci rappresenta, in Hunding, l’uomo “bruto”, ancora troppo occupato a garantirsi la sopravvivenza per potersi intellettualmente elevare; in Siegmund, l’uomo che - “nato con la camicia”, potremmo dire, essendo figlio del massimo dio e svezzato, pur in ambiente ostile, dal “custode delle Rune” - comincia a pensare, a credere (nel Padre, nell’Amore, nella Spada) ma anche a ribellarsi alle leggi costituite, a darsi forse una superiore “ragione di vita”, che vedremo prevalere, nel secondo atto, sulla prospettiva - da onorificenza pubblica - offertagli da Brünnhilde…

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Note:
1. In realtà il prefisso “Hun” indica l’appartenenza al popolo degli Unni.
2. Come detto, nella Völsunga Saga, il nemico di Sigmund non è Hunding, bensì suo figlio Lyngvi, cui Sigmund ha “soffiato” la bella Hjordis, che anche lui voleva in moglie.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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