25 set 2008

3.2.1.2 Die Walküre: Atto II - Scena I - Wotan e Fricka, introduzione

Fricka scende rapidamente dal carro e si dirige decisa verso Wotan. Ne caratterizzano subito lo stato d’animo due temi: quello cosiddetto del suo zelo e quello della sua collera. Il primo sembra un succedersi, ad altezze crescenti (LAb-SOL, DO-SI, MIb-RE, FA-MIb, LAb-SOL, RE-DO, FA-MIb), del tema della frustrazione, poichè Fricka ha dentro di sè un vero e proprio magone che ribolle sempre di più; il secondo rappresenta l’esplosione secca del suo cruccio: dal MIb cade sul LAb e risale al DO, passando per il SIb. Richiamando assai scopertamente un altro tema, che Wagner impiegherà qualche tempo dopo: è quello con cui si aprirà il secondo Atto del Tristan. E anche lì avrà a che fare in qualche modo con la collera, visto che Tristan lo canterà sul verso “Verfluchter Tag”, maledetto giorno...

Torniamo ai nostri due divini coniugi, perchè sta per aver inizio il confronto che segnerà i destini del mondo (propriamente: del Ring). Nientemeno!

Wotan: “Der alte Sturm, die alte Müh”, vecchia buriana, solite rogne… ma bisogna pur tener duro. Qui viole, corno inglese e oboi, in DO minore, espongono un tema, che sale dalla tonica alla mediante dell’ottava superiore (e vagamente richiama, dilatato nel tempo, quello dell’angoscia di Wotan, che udiremo compiutamente più avanti) per poi cadere di una settima (c’entra forse la faccia sporca dell’amore?) sul FA# e da qui risalire al DO. Insomma, qualcosa ci dice - e lo dice soprattutto a Wotan - che qui ci si deve preparare al peggio...

Esattamente come nel Rheingold, Fricka entra in scena per fare delle rimostranze al marito: là per via dell’osceno debito (Walhall-for-Freia) contratto da Wotan con i Giganti, qui per rivendicare il ripristino dell’ordine costituito, in fatto di “diritto di famiglia”. In un certo senso, la dea rappresenta la coscienza di Wotan(1), quella forza dei “princìpi assoluti”, contro i quali nemmeno il capo degli dèi si può mettere, per nessun motivo al mondo, fosse pure la più drammatica ragion di stato. Wotan ricopre appunto il ruolo dello statista, di chi sente di doversi occupare del futuro dell’umanità, prevedere rischi e minacce, mettendo in atto misure adeguate per prevenirli; Fricka impersona il dogmatismo (un po’ bigotto?) di chi non accetta deroghe alle sacre regole della convivenza, di chi guarda al regolare flusso della quotidianità, e non alle complicate strategie politiche. Anticipiamo subito che Wagner, in fin dei conti, fra i due farà prevalere Fricka... Vediamo ora come.

Attenzione però: qui comincia uno dei passi che fanno soffrire e mettono a dura prova i nervi dell’ascoltatore; ma Wagner è grande anche in questo: aver saputo esprimere - con la musica - i sentimenti e gli aspetti più reconditi della psicologia umana, anche quando si tratta di argomenti “noiosi” (ma ovviamente importanti) come quelli che Fricka usa per inchiodare Wotan alle proprie responsabilità.

Il lato straordinario di questa seconda parte della scena I, dal punto di vista dell’espressione musicale, sta nel modo, davvero incredibile, con cui Wagner ci rappresenta il progressivo mutare dello stato d’animo di Wotan, da quello di tranquilla sicurezza con cui affronta l’ennesimo diverbio con la moglie, convinto evidentemente di metterla a tacere una volta di più, usando i suoi argomenti da “uomo di stato”... a quello di profondo disagio, di ansia e di stress esistenziale. Un malcontento che lo porterà di lì a poco, nella scena successiva con Brünnhilde, ad uno stato di vera e propria disperazione, e addirittura al proposito di “farla finita”! Fricka invece rimane sempre decisa, sa di avere le migliori frecce al suo arco, e la musica che l’accompagna lo testimonia con accenti secchi e taglienti; ma poi, quando ha finalmente vinto - e mentre Wotan cade nell’agitazione più totale - il suo canto si adagia e si distende, proprio ad esprimere la calma soddisfazione di chi ha saputo rimettere le cose al posto giusto.
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Note:
1. In fin dei conti, avendo Wotan dato un occhio per averla, è lecito immaginare Fricka come l’altra faccia del dio, la sua metà rimossa, che però salta fuori nei momenti cruciali dell’esistenza.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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