Fricka scende rapidamente dal carro e si dirige decisa verso Wotan. Ne caratterizzano subito lo stato d’animo due temi: quello cosiddetto del suo zelo e quello della sua collera. Il primo sembra un succedersi, ad altezze crescenti (LAb-SOL, DO-SI, MIb-RE, FA-MIb, LAb-SOL, RE-DO, FA-MIb), del tema della frustrazione, poichè Fricka ha dentro di sè un vero e proprio magone che ribolle sempre di più; il secondo rappresenta l’esplosione secca del suo cruccio: dal MIb cade sul LAb e risale al DO, passando per il SIb. Richiamando assai scopertamente un altro tema, che Wagner impiegherà qualche tempo dopo: è quello con cui si aprirà il secondo Atto del Tristan. E anche lì avrà a che fare in qualche modo con la collera, visto che Tristan lo canterà sul verso “Verfluchter Tag”, maledetto giorno...
Torniamo ai nostri due divini coniugi, perchè sta per aver inizio il confronto che segnerà i destini del mondo (propriamente: del Ring). Nientemeno!
Wotan: “Der alte Sturm, die alte Müh”, vecchia buriana, solite rogne… ma bisogna pur tener duro. Qui viole, corno inglese e oboi, in DO minore, espongono un tema, che sale dalla tonica alla mediante dell’ottava superiore (e vagamente richiama, dilatato nel tempo, quello dell’angoscia di Wotan, che udiremo compiutamente più avanti) per poi cadere di una settima (c’entra forse la faccia sporca dell’amore?) sul FA# e da qui risalire al DO. Insomma, qualcosa ci dice - e lo dice soprattutto a Wotan - che qui ci si deve preparare al peggio...
Esattamente come nel Rheingold, Fricka entra in scena per fare delle rimostranze al marito: là per via dell’osceno debito (Walhall-for-Freia) contratto da Wotan con i Giganti, qui per rivendicare il ripristino dell’ordine costituito, in fatto di “diritto di famiglia”. In un certo senso, la dea rappresenta la coscienza di Wotan(1), quella forza dei “princìpi assoluti”, contro i quali nemmeno il capo degli dèi si può mettere, per nessun motivo al mondo, fosse pure la più drammatica ragion di stato. Wotan ricopre appunto il ruolo dello statista, di chi sente di doversi occupare del futuro dell’umanità, prevedere rischi e minacce, mettendo in atto misure adeguate per prevenirli; Fricka impersona il dogmatismo (un po’ bigotto?) di chi non accetta deroghe alle sacre regole della convivenza, di chi guarda al regolare flusso della quotidianità, e non alle complicate strategie politiche. Anticipiamo subito che Wagner, in fin dei conti, fra i due farà prevalere Fricka... Vediamo ora come.
Attenzione però: qui comincia uno dei passi che fanno soffrire e mettono a dura prova i nervi dell’ascoltatore; ma Wagner è grande anche in questo: aver saputo esprimere - con la musica - i sentimenti e gli aspetti più reconditi della psicologia umana, anche quando si tratta di argomenti “noiosi” (ma ovviamente importanti) come quelli che Fricka usa per inchiodare Wotan alle proprie responsabilità.
Torniamo ai nostri due divini coniugi, perchè sta per aver inizio il confronto che segnerà i destini del mondo (propriamente: del Ring). Nientemeno!
Wotan: “Der alte Sturm, die alte Müh”, vecchia buriana, solite rogne… ma bisogna pur tener duro. Qui viole, corno inglese e oboi, in DO minore, espongono un tema, che sale dalla tonica alla mediante dell’ottava superiore (e vagamente richiama, dilatato nel tempo, quello dell’angoscia di Wotan, che udiremo compiutamente più avanti) per poi cadere di una settima (c’entra forse la faccia sporca dell’amore?) sul FA# e da qui risalire al DO. Insomma, qualcosa ci dice - e lo dice soprattutto a Wotan - che qui ci si deve preparare al peggio...
Esattamente come nel Rheingold, Fricka entra in scena per fare delle rimostranze al marito: là per via dell’osceno debito (Walhall-for-Freia) contratto da Wotan con i Giganti, qui per rivendicare il ripristino dell’ordine costituito, in fatto di “diritto di famiglia”. In un certo senso, la dea rappresenta la coscienza di Wotan(1), quella forza dei “princìpi assoluti”, contro i quali nemmeno il capo degli dèi si può mettere, per nessun motivo al mondo, fosse pure la più drammatica ragion di stato. Wotan ricopre appunto il ruolo dello statista, di chi sente di doversi occupare del futuro dell’umanità, prevedere rischi e minacce, mettendo in atto misure adeguate per prevenirli; Fricka impersona il dogmatismo (un po’ bigotto?) di chi non accetta deroghe alle sacre regole della convivenza, di chi guarda al regolare flusso della quotidianità, e non alle complicate strategie politiche. Anticipiamo subito che Wagner, in fin dei conti, fra i due farà prevalere Fricka... Vediamo ora come.
Attenzione però: qui comincia uno dei passi che fanno soffrire e mettono a dura prova i nervi dell’ascoltatore; ma Wagner è grande anche in questo: aver saputo esprimere - con la musica - i sentimenti e gli aspetti più reconditi della psicologia umana, anche quando si tratta di argomenti “noiosi” (ma ovviamente importanti) come quelli che Fricka usa per inchiodare Wotan alle proprie responsabilità.
Il lato straordinario di questa seconda parte della scena I, dal punto di vista dell’espressione musicale, sta nel modo, davvero incredibile, con cui Wagner ci rappresenta il progressivo mutare dello stato d’animo di Wotan, da quello di tranquilla sicurezza con cui affronta l’ennesimo diverbio con la moglie, convinto evidentemente di metterla a tacere una volta di più, usando i suoi argomenti da “uomo di stato”... a quello di profondo disagio, di ansia e di stress esistenziale. Un malcontento che lo porterà di lì a poco, nella scena successiva con Brünnhilde, ad uno stato di vera e propria disperazione, e addirittura al proposito di “farla finita”! Fricka invece rimane sempre decisa, sa di avere le migliori frecce al suo arco, e la musica che l’accompagna lo testimonia con accenti secchi e taglienti; ma poi, quando ha finalmente vinto - e mentre Wotan cade nell’agitazione più totale - il suo canto si adagia e si distende, proprio ad esprimere la calma soddisfazione di chi ha saputo rimettere le cose al posto giusto.
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Note:
1. In fin dei conti, avendo Wotan dato un occhio per averla, è lecito immaginare Fricka come l’altra faccia del dio, la sua metà rimossa, che però salta fuori nei momenti cruciali dell’esistenza.
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