Un giusto processo? Una meritata punizione? La legge del contrappasso? Il chi la fa, l’aspetti? Nell’Universo - non quello della Natura ingenua e pura - ma dell’Uomo e del suo libero arbitrio, esiste ormai solo la scelta fra il male e il peggio, fra il peccato cosciente e quello becero, fra l’odio viscerale e il disprezzo razionale, fra lo “Sfruttamento Sanguinario” e la “Ragion di Stato”.
- Ciò che la stupidità - in qualche modo razionale - delle Ninfe ha messo in moto nel piccolo Alberich, la coscienza della propria misera condizione, la disperata decisione di peccare per ribellarsi comunque al “nulla esistenziale”(1)…
- Ciò che la presunzione di superiorità sul resto degli esseri viventi - sul “popolo bue” - ha ingenerato in Wotan, la pazzesca idea di dominare il mondo per “diritto acquisito”…
- Ciò che ha spinto i Giganti, forti ma ignoranti, a cercare una legittimazione al loro stato inferiore, la cieca rincorsa all’ignavia come rivolta contro la sottomissione…
- Tutto questo groviglio inestricabile di pensieri, desideri, volontà, rabbia, perversione, frustrazione, malignità, malvagità e arroganza…
…ebbene, adesso tutto ciò arriva all’appuntamento con il definitivo redde rationem.
Poi, sepolti i morti, leccate le ferite, ripuliti in qualche modo gli abiti - e soprattutto le coscienze - si potrà celebrare, in pompa magna, e con l’impiego di tutti i potenti mezzi che generosamente la Natura offre all’Uomo, l’inizio della Storia.
Siamo tornati sulle amene alture dei Lichtalben, dove uno Schwarzalb, anzi il loro capo supremo, viene processato.
I temi di Loge hanno scortato Alberich, la cui condizione è ben rappresentata dal tema della schiavitù, e proprio Loge fa da pubblico ministero (forse, più propriamente, da procuratore militare di Wotan): “Luge, Liebster, dort liegt die Welt…”, guarda, carissimo, laggiù c’è il mondo che volevi conquistarti; dimmi, che posto mi ci assegni tu? E, mentre il fetentone “gli danza attorno beffardamente” (come ci dice la didascalìa in partitura) Alberich viene investito dal tema del suo “trionfo”, qui davvero uno sberleffo atroce, che sale dagli archi agli strumentini…
Alla rabbia del nano (“Schändlicher Schächer!“) Wotan, calmo e padrone, risponde: “Gefangen bist du…”, sei in catene ed ora, invece di conquistare il mondo, dovrai pagare un riscatto per la tua liberazione.
Alberich sfoga la sua ira (anche e soprattutto contro la propria vanagloria) e Loge rigira il coltello nella piaga (ancora il trionfo di Alberich, sfottente). Il nano sa che deve pagare, con tutto il tesoro, il suo stupido errore di presunzione; ma sa anche che gli basterà tenersi l’anello, per ricostruirsi potere e ricchezza.
Loge gli slega la mano destra, e Alberich porta alla bocca l’anello, sussurrando un comando (temi dell’anello e della dominazione)… poi, sul tema dei Nibelunghi, nei violoncelli, inizia un’autentica processione: sono i nani, schiavi di Alberich, che portano dalle viscere della terra il tesoro e lo ammucchiano ai piedi di Wotan. I temi della schiavitù e del tesoro si aggiungono, a rappresentarci mirabilmente la scena. Alberich è prigioniero di Wotan, ma tuttora signore e dittatore dei Nibelunghi, che tratta con la stessa sprezzante durezza di sempre, minacciandoli con l’imperiosa ostensione dell’anello! E così, su un ritorno impressionante del tema della dominazione, il trasporto si conclude e i nibelunghi tornano via, sgattaiolando nelle gole, col loro tema che si perde lontano... in timpani e violoncelli.
Ora vi ho pagato, esclama Alberich, ma Loge, intanto, getta sul mucchio d’oro anche il Tarnhelm, che il nano rivoleva indietro. Altra imprecazione di Alberich (“Verfluchter Dieb!”) ma ancora c’è rimedio (chi mi fece il primo, me ne farà un altro, mormora tra sè, contrappuntato dal tema dell’elmo magico).
Ma il peggio deve ancora arrivare: Wotan vuole anche, e soprattutto, l’anello! (“Ein gold’ner Ring…”)
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Note:
1. O al “tutto” dell’apeiron, direbbe Anassimandro da Mileto!
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