18 feb 2009

3.2.2.4 Die Walküre: Atto II - Scena II - Wotan e Brünnhilde (III)

Wotan si rende conto, sempre più, di come si sia cacciato in un vicolo cieco: “Der durch Verträge…” io che sono signore dei patti, mi ritrovo schiavo di essi; ed è ancora il tema del Patto ad uscire da tromboni e tube, prima che compaia un nuovo tema, di valenza capitale davvero (torreggerà molto più avanti, in forma di ouverture sinfonica, come preludio al terzo atto del Siegfried). Si tratta dell‘angoscia di Wotan, un tema che letteralmente pervade la parte del monologo che arriva adesso: si tratta della constatazione - angosciosa per davvero - che il disegno del dio è irrimediabilmente destinato al fallimento; e non è un caso che ad aprire questa sezione del monologo sia il tema della Spada (il simbolo per eccellenza del grande progetto, balenato nella mente di Wotan alla conclusione del Rheingold) suonato, in DO, dalla tromba bassa, a contrappuntare l’angoscia esposta inizialmente (in MI minore) dagli archi bassi. Il tema è in realtà costituito da due temi già a noi noti: una prima sezione che sale da tonica alla terza minore dell’ottava sopra; lo abbiamo già sentito nel Rheingold ad accompagnare l’ammonimento di Erda: è il tema delle Norne, da cui c’è poco di buono da aspettarsi... e infatti, dopo una caduta sulla tonica di partenza, sale alla sesta minore, da cui si diparte la seconda sezione, che ripropone pari-pari il tema del Malcontento! Insomma, è il destino che non lascia scampo e getta il gelo e la disperazione nel cuore, fosse anche quello di un dio.

Wotan racconta di come abbia immaginato una via d’uscita, per il recupero dell’anello: “Nun Einer könnte...”, solo uno potrebbe farlo, uno che non abbia bisogno del mio aiuto, che agisca in modo autonomo, con le proprie forze, che spinto dalla necessità compia un’azione che a me è vietata, ma che io desidero sopra ogni cosa! E ribadisce il concetto, quasi a verificarne la drammatica inconsistenza ed a confermare a se stesso la vacuità dell’assunto : “Der, entgegen dem Gott…” uno che contro di me, combatta tuttavia in mio favore...(1) Non basta ancora: “Wie macht’ ich den Andren...” come posso costruirmi io un altro che, in totale libero arbitrio, compia purtuttavia ciò che io stesso desidero?(2) Si pone e ci propone argomenti e riflessioni davvero futili, come oggetto dei suoi drammi, “Herr Kapellmeister” Richard Wagner!

E così il tema dell’angoscia riprende il sopravvento, prima dello sfogo disperato: ”O göttliche Noth! Grässliche Schmach!”, ancora sul tema del suo affanno. Tutto ciò che costruisco e genero, non è altro che me stesso, tutti miei schiavi: “Knechte!” e risuona il tema della schiavitù e della frustrazione, in tutta l‘orchestra. Ma è la schiavitù di Wotan, ed il tema della sua angoscia adesso esplode in una straziante sintesi, con le sue due sezioni a sovrapporsi, in contrappunto, con la collera di Fricka a ricordarci chi ha creato - con la sua accusa - questa situazione.

Ma Siegmund? Non opera di sua spontanea volontà? abbozza l‘ingenua Brünnhilde. Attenzione a cosa sentiamo adesso: un inciso, sulle parole “...wirkt er nicht selbst?” - che scende la triade di DO maggiore (SOL-MI-DO) e poi sale alla sesta (LA) - che ci ricorda da vicino quello cantato - in LA maggiore - da Brünnhilde poco prima dell’inizio del soliloquio di Wotan, sulle parole “...mir was du willst” (dimmi qual’è la tua volontà). Ancora una volta, in una particella minima, quasi insignificante, la musica ci rivela un concetto capitale: Siegmund opera secondo la volontà di Wotan!

Il tema dell’eroe torna negli archi bassi, poi anche nei fagotti, mentre Wotan ammette: io l’ho cresciuto selvaggio (“Wild durchschweift ich…”) l’ho istigato contro gli dei, ma ora soltanto la spada lo può difendere da loro (tema della spada, ma spezzato e interrotto a metà… quasi un presentimento di ciò che avverrà fra non molto). Ancora il tema del malcontento e Wotan che mestamente riconosce: ho mentito a me stesso e Fricka questo l’ha capito bene (accidenti!)(3)
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Note:
1. Questo qualcuno - anche se Wotan non lo dice esplicitamente - non può che essere Siegfried...
2. I poemi nordici sfiorano appena questi problemi, laddove si narra dei corvi di Odin (ne riparleremo…) che volano sulla terra per verificare il comportamento degli uomini e riferirne al dio.
3. Ancora qui torna alla ribalta la natura di Fricka, che Wotan conquistò in cambio di un occhio: ecco perchè lei gli può “guardare attraverso”, come lui impreca.

2 commenti:

Climacus ha detto...

"um dir zu frommen, biet ich was ich kann", (a giovarti io offro quel che posso) dice Daland all'Olandese.
giova proprio l'ottimo servizio di commentare, passo dopo passo, un poema così ampio e complesso (condivido la necessità di giungere ad una conoscenza-coscienza della musica, non solo wagneriana però).
lavoro attento, curato, altro che da dilettante, e piacevole alla lettura.
muovo un suggerimento per il futuro: inserire delle osservazioni riguardo le tante interpretazioni lasciate su disco e video per vedere come si sia o meno realizzata l'essenza dell'opera.

daland ha detto...

Caro orfeo, vedo che tu sei “inciampato” sul sassolino da me buttato per terra! Hai avuto la bontà di apprezzare... e lo hai fatto in modo poeticissimo - per me immeritato - citando il verso dall’Holländer.

Io non posso che contraccambiare, dopo essere entrato nel tuo blog, del tutto sconosciutomi prima (anche perchè nuovo-nuovo) e per il quale ti faccio i complimenti.

Guarda che io sono proprio un dilettante, e scrivo per avere una scusa per ascoltare e studiare ciò che della musica mi attrae intellettualmente, più che emozionalmente.

Non aspettarti da me ciò che - gentilmente, e te ne ringrazio - mi chiedi. Ti dirò in tutta franchezza che non sono un fanatico dell’ascolto e delle interpretazioni. Lo sono dell’opera originale (massimamente Wagner, ma non solo) così come lasciataci scritta sulle partiture. Preferisco immaginarla nella mia fantasia, piuttosto che analizzare come se la sono immaginata Furtwängler, Knapperstbusch, Karajan, o Boulez, Sinopoli, Solti, Barenboim, o Thielemann, Gatti, Mehta, Levine, e così via citando. Ti sembrerò presuntuoso, ma ragiono un pò come l’orso Brahms, che soleva dire: “quando voglio sentire un Don Giovanni come si deve, mi sdraio sul sofà e apro la partitura”.

Così, quando vado a teatro a vedere una rappresentazione, mi limito a giudicarla secondo il metro che mi son costruito in testa, leggendo (studiando, quando possibile) l’originale. Se del caso, scrivo le mie impressioni su blog "proslambanomenos". Fare classifiche o paragoni non mi interessa, caso mai leggo i giudizi di chi ha più esperienza di me.

Passerò spesso a leggerti, ci puoi contare!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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