30 dic 2009

3.2.4.2 Die Walküre: Atto II - Scena IV – Brünnhilde e Siegmund (II)

Qui accade l'imprevisto (ma ciò è poi tanto imprevedibile nella realtà?) ed è nientemeno che la svolta dell'intero Ring: Brünnhilde cambia idea!: ragiona, e soprattutto decide, con la sua testa (finora aveva ragionato con quella di Wotan); disobbedirà al padre, convinta dalla potenza dell'amore che vede nei due Wälsi(1).

Osserviamo per un attimo il personaggio di Brünnhilde, poiché è davvero uno dei più grandi nel Ring, dal punto di vista dello sviluppo della personalità: da ragazzona ingenua e con schemi mentali ristretti (lei doveva pensare con la testa del padre, e basta) qui, di fronte ad un'esperienza "forte", profondamente "umana", diventa adulta, compiendo una prima, importante fase della sua evoluzione. Ed anche i segni esteriori della sua personalità cambiano radicalmente, a cominciare proprio da quell'ingenuo e cacofonico Hojotoho, che la nostra abbandona per sempre. Tra poco, nel terzo atto, la vedremo adoperarsi per Sieglinde e poi sostenere da par suo e con grande senso di responsabilità lo scontro - tutto psicologico - col padre… Nel Siegfried, atto terzo, ne vivremo - magistralmente espressa in musica - la prima esperienza di rapporto intimo con l'altro sesso e il suo diventare compiutamente donna; nel Götterdämmerung infine, la vedremo torreggiare su tutti, proprio dal punto di vista della statura intellettuale. E farà capolino persino nel Tristan, la nostra Valchiria, quando il suo tema della giustificazione apparirà, nelle ultime battute dell'opera, a ricordarci come l'amore possa spiegare tutto nella vita, anche i fatti più oscuri...

Ma torniamo a bomba. Brünnhilde: "Halt ein, Wälsung!", fermati! ascolta la mia parola: sono con voi, per la vita! Violini e viole quasi impazziscono, prima sul tema della sollecitudine di Brünnhilde ("Höre mein Wort!", tutto in staccato, negli archi alti) poi con delle "scalate" vertiginose, costruite su successioni di crome puntate e semicrome, ed altrettanto rapide discese, in tonalità prevalente di LA maggiore. Ho deciso, Siegmund, ti aiuterò a vincere, abbi fiducia nella tua spada, addio, ci rivedremo sul campo di battaglia, dove la Valchiria ti proteggerà ("…wie die Walküre treu dich schütz!", in DO maggiore). Si torna a LA maggiore con l'arrivederci della Valchiria, seguito ancora da un'ascesa degli archi, una discesa sul tema della fuga, un'altra impennata, seguita ancora dal tema della fuga (a rappresentare qui Brünnhilde che si allontana).

Però, prima che torni la calma, e Siegmund si possa di nuovo chinare su Sieglinde (tema dell'amore, nei violoncelli) il tema della morte risuona crudo, una sola volta (ma è quanto basta!) nelle viole, incastonato fra due esalazioni del tema dell'enigma del destino.

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Note:

1. Un riferimento a questa disobbedienza lo si trova nella Sigrdrifumol dell'Edda antica, dove si narra della Valchiria Sigrdrifa che abbatte il grande Hjalmgunnar, protetto da Odin e suo favorito nella battaglia contro l'indifeso Agnar, di cui la giovane si era impietosita.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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