23 ott 2007

2.3.3 Das Rheingold: Scena III – Loge e Wotan con Mime e Alberich

I temi di Loge guizzano all’improvviso in viole e violoncelli, ad anticipare l’arrivo dei due “Lichtalben” nel mondo dei dannati (“Nibelheim hier…”) dove trovano il malconcio Mime, intento a leccarsi le ferite… Loge si offre di aiutarlo, e Mime, sostenuto nei fagotti dal tema detto della sua meditazione (coppie di terze discendenti - di un tritono! - che si spostano quattro volte in alto, a partire dal LA-FA/RE#-SI, poi dal DO-LA/FA#-RE#, quindi dal MIb-DO/LA-FA# e infine dal SOL-MIb, che risentiremo poi nel Siegfried) lamenta il suo destino crudele (“Wer hälfe mir?”, chi mi può aiutare?) e la schiavitù in cui lo ha ridotto Alberich, l’odioso fratello(1). Il suo racconto è sostenuto dal tema dei Nibelunghi, ma in tempo binario (due terzine, invece di tre, di cui la seconda “zoppa”): noi nibelunghi lavoravamo serenamente l’oro per trarne gioielli da offrire alle nostre donne; adesso dobbiamo lavorare solo per lui, Alberich (e il tema della schiavitù appare di continuo…); lui ha rubato l’oro del Reno (il tema delle ninfe fa capolino nei legni) e adesso noi dobbiamo ammassargli il tesoro! Loge interroga ancora Mime, che spiega di aver sospettato la magia dell’elmo, ma di non aver saputo sfruttarla a suo vantaggio (e il tema dell’anello si fa sentire continuamente).

Adesso ritorna Alberich, che conduce la schiera degli schiavi, sul tema dei Nibelunghi, accompagnato sempre da quello della schiavitù. Dopo averli ancora incitati a lavorare per lui, si sfila dal dito l’anello e lo bacia (e il relativo tema appare in corno inglese e clarinetti). Sulle parole “Zitt’re und zage…” si leva il tema detto della dominazione di Alberich (il cui incipit è – manco a dirlo - parente di quello della schiavitù, per poi concludersi con una salita imperiosa, sulle parole “...des Ringes Herrn!”, dal REb minore al FA maggiore) al che i Nibelunghi si disperdono verso le gole, inseguiti dal loro tema, sempre in tempo binario, mentre Alberich va ad incontrare Loge e Wotan(2).

È questi che spiega (“Von Nibelheim nächt’gem Land…”) che lui e Loge sono lì per ammirare le meraviglie che Alberich compie, e la musica che accompagna le sue parole è nobile, misteriosa e arcana, come si addice ad un dio (ne risentiremo l’atmosfera nel Siegfried, quando Wotan, travestito da Viandante, si presenterà a Mime).

Alberich non si fa incantare, sa che è l’invidia che ha condotto laggiù i due dèi.

Loge comincia a tessere la sua tela di adulazione, ricordando ad Alberich che è anche grazie a lui, il fuoco, se ora possiede un tesoro.

Alberich lo sbeffeggia, accusandolo di essere un filibustiere, un tempo amico suo, ma ora in combutta con gli elfi chiari(3)... mentre i temi di Loge vagano negli strumentini e nei violini.

Loge innalza una specie di inno ad Alberich (“Hohen Mut…) il tuo gran coraggio ha fatto di te un uomo potente.

Alberich comincia ad abboccare: “Siehst du den Hort…”, hai visto il tesoro che le mie schiere mi procurano? E questo è solo l’inizio… (fagotti e clarinetto basso intonano un tema, appunto del tesoro, che ben rappresenta l’ingrossarsi della ricchezza).

Wotan è scettico: “Zu was doch frommt dir…”, a che ti serve il tesoro, visto che a Nibelheim non c’è modo nemmeno di spenderle, tutte quelle ricchezze!

Ma Alberich, sostenuto dal tema del tesoro, spiega: col tesoro farò cose mirabolanti e conquisterò il mondo intero! E il tema dell’anello, sul quale Wellgunde, nella prima scena, aveva spiegato come il suo possessore avrebbe conquistato il mondo, riappare a sottolineare le parole del nano. Il quale ora, senza ritegno, comincia a spiattellare il suo disegno: quegli esseri che vivono, ridono e amano su, negli spazi eterei, io li soggiogherò tutti con il mio pugno d’oro! In mezzo a questa frase, dopo le parole “…ihr lebt, lacht und liebt”, il tema dell’amore si alza, nel primo violino, ma attenzione! è nella stessa forma storpiata e imbruttita con cui l’avevamo sentito nella scena precedente, allorquando Fricka aveva osato sperare che Wotan si procurasse l’oro per rafforzare il loro legame nuziale! Alberich prosegue, sostenuto dal tema della rinunzia: “Wie ich der Liebe abgesagt…”, come io ho maledetto l’amore, così tutto ciò che vive dovrà pur fare! E ancora il tema dell’amore, sempre più storpiato, nel primo violino, a sottolineare la corruzione dell’amore per opera dell’oro. Adesso Alberich conclude, e proprio in bellezza, è il caso di dire: “Auf wonnige Höh’n…”, sul regale tema del Walhall, nientemeno che in REb! intona il suo programma politico! Voi dèi, che vivete sulle alture amene, intenti a nobili attività, sdegnando i neri abitanti delle viscere della terra… state attenti! Sì, perchè il nano, cui non ha sorriso l’amore (Liebe) costringerà le vostre donne al piacere (Lust).(4)

Ancora una volta: Liebe e Lust, a dividere bene e male, dono e commercio, sincerità e cinismo! “Ha-ha-ha-hà!” sghignazza Alberich, scalando le quattro note del tremendo accordo di settima diminuita! Il nano chiude la sua arringa, sostenuto dal tema del tesoro, da quello della sua dominazione, passando per quello dell’oro (in modo minore, come dubitarne!) per arrivare infine al tema del suo trionfo, che è mutuato (indovinate un pò…) dalla sezione ascendente di quello del Walhall!(5)
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Note:

1. Come già ricordato, Wagner si inventa di sana pianta il rapporto Alberich-Mime, del tutto assente nelle saghe. Ma tale rapporto diventa fondamentale nel Ring, poiché crea i presupposti – per tramite di Mime, futuro tutore di Siegfried - per l’accostamento di Hagen al giovane eroe: i due diverranno, a partire dal Siegfried e poi nel Götterdämmerung, i “candidati al possesso definitivo dell’anello”, in rappresentanza delle forze del male (Alberich) e di quelle del bene (Wotan) rispettivamente.
2. Come già anticipato, nelle Edda e nella Völsunga Saga la vicenda è di tutt’altra fatta. Odin, Loki e Honir viaggiano per conoscere il mondo, e arrivano presso il gorgo di un fiume. Lì il solito, fetentissimo Loki uccide una lontra con una sassata. Poi i tre si recano da Hreidmar, signore del luogo, a chiedere ospitalità. Hreidmar vede la lontra morta e afferma trattarsi di suo figlio Otter (lontra, appunto). Così fa imprigionare i tre, chiedendo per riscatto un tesoro abbastanza grande da riempire la pelle della lontra e da ricoprirla completamente. Per procurarsi il tesoro, Odin manda Loki presso gli elfi scuri, dove Loki incontra Andvari (Alberich) che nuota nell’acqua in forma di luccio, lo cattura “pescandolo” con una rete e, per liberarlo, si fa consegnare tutto l’oro che possiede e anche un anello magico, di cui il nano-pesce si serviva per procurarsi – chissà come? - altro oro. Insomma, una storia farraginosa e improbabile, certo impossibile da usare per farci un dramma. Peraltro, Wagner ne sfrutta sapientemente alcuni dettagli, come vedremo anche più avanti.
3. Qui veniamo appunto a conoscenza di un fatto significativo: un legame intercorso fra Alberich e Loge in tempi antecedenti a quelli dell’intesa fra Loge e Wotan. Nelle saghe non c’è traccia di ciò: come abbiamo ricordato, è Odin a spedire Loki presso Andvari, perchè gli rubi il tesoro.
4. Altro “altarino” che scopriamo solo ora: Alberich accusa le “donne degli dèi” di avergli riservato lo stesso trattamento usato dalle Ninfe nei suoi confronti! Prima o dopo la Scena I?
5. Nelle saghe, il pericolo per gli dei non viene tanto dalla stirpe dei nani, quanto da quella dei giganti, che il Wotan di Wagner invece mostra di snobbare: saranno loro, secondo la profezia della Völva, guidati da Loki e dal di lui figlio Fenrir, a finire Odin nel fatale “Ragna röc”.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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