3 ago 2007

2.2.1 Das Rheingold: Scena II – Walhall

È il tema del Walhall(1) ad accoglierci in Olimpo. Wotan e Fricka dormono sull’erba(2): sono il Giove e la Giunone nordici; non hanno nulla della nobiltà e della soprannaturalità dei loro pari-grado greci; fra poco li conosceremo da vicino e ci renderemo conto che sono in realtà l’archètipo di una tipica coppia umana, nel bene e, soprattutto, nel male; ma ciò li rende appunto interessanti per noi, poichè impersonano i nostri sentimenti e le nostre debolezze(3).

Dunque, il tema del Walhall, la rocca che Wotan si è appena fatto costruire dai Giganti(4), per meglio governare, da lì, il mondo: un tema in 3/4, in modo maggiore (precisamente in REb, tema e tonalità con cui non solo il Rheingold, ma anche il Ring stesso si concluderà, nientemeno che fra tre opere e mezza!) tema esposto inizialmente dalla tubetta tenore, tema marziale e solenne, maestoso e persino rassicurante, quanto può esserlo un regime dove regnano ordine, pace e benessere… ma attenzione! non ci ricorda per caso qualcosa di appena udito, anche nella fresca-fresca “transizione” dalla scena precedente? Sì, ma cosa? Vediamo un pò: terze discendenti e poi ascendenti, in circolo… ma certo, perbacco: l’anello! Ma allora: non sarà per caso che fra l’anello (e tutto quanto di malvagio e peccaminoso in esso si racchiude) e l’apparentemente sereno ed etereo mondo degli dèi, ci siano già dei sotterranei ed inquietanti legami? C’è del marcio in Danimarca! ci vien fatto subito di pensare… e fra poco ne avremo una conferma esplicita, quanto inequivocabile.

A costo di essere noiosi, bisogna proprio riconoscere anche qui quanto la musica e l’impiego dei leit-motive sottoposti dal nostro mago alla sopraffina tecnica della variazione, siano in grado di esprimere e di rappresentare poeticamente concetti di inaudita profondità!

Qualche ulteriore osservazione sul tema, dato che esso tornerà spesso e volentieri, in tutte le giornate, a caratterizzare il “potere temporale” di Wotan (in opposizione a quello “etico-morale” rappresentato, come vedremo tra pochissimo, dal Patto); in questa sua prima apparizione, si estende su 21 misure, così ripartite: dopo aver percorso per due volte il “cerchio magico” dell’anello(5) (4 misure) la sezione “ascendente” del tema, leggermente variata nell’attacco (dalla fondamentale alla mediante FA) viene riproposta due volte (2 misure) sempre in REb, sempre dalla tuba tenore e sempre anticipata dalla fanfara (tà-tatata-tà) di tromba e trombone; poi la tuba viene sovrastata dalla tromba bassa, che espone la stessa sezione altre due volte (2 misure) ma in SOLb maggiore, cioè spostata di una quarta in alto, sulla sottodominante; quindi una delle trombe si inserisce ed espone la sezione, due volte (2 misure) in SIb maggiore, cioè innalzandola di un’altra terza; da qui, modulando a FA maggiore, la prima tromba riespone il “cerchio” (2 misure) e la seconda, in successione, lo ripete, ma in FA minore (2 misure) portando la prima tromba a modulare quindi al relativo LAb maggiore (2 misure, mediante-sopratonica-tonica) da cui si dipana la solenne cadenza (intervallo sopratonica-tonica, ripetuto ostinatamente 5 volte, per 2 misure) che chiude questa prima apparizione del castello, quasi sospeso… sul LAb, dominante della tonalità di base del tema (ultime 2 misure, più la croma conclusiva, un accordo sulla settima diminuita... ad anticipare brutte notizie). Notiamo qui una miniatura di Wagner, che passa quasi inosservata ad un ascolto non proprio attentissimo: sugli ultimi 4 dei 6 quarti delle due misure della chiusa, le due arpe suonano 4 terzine, così: LAb-MIb-LAb, DO-MIb-LAb, DO-MIb-LAb e DO-MIb-LAb, seguite dal DO conclusivo. Sono chiaramente un’estensione del tema dell’alba del mondo, quello esposto nel Preludio dagli otto corni: e qui siamo proprio all’alba di un mondo...

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Note:
1. Valhall è la reggia di Odin ad Asgard (uno dei nove mondi creati dal dio e dai fratelli suoi) di cui Snorri, nell’Edda in prosa, descrive minuziosamente le caratteristiche e le finalità (che ci verranno alla sua maniera presentate da Wagner nella Walküre).
2. La didascalìa avverte che siamo di prima mattina... quindi verosimilmente in un giorno successivo a quello in cui abbiamo vissuto l’incontro di Alberich con le Ninfe e con l’Oro.
3. Odin e Frigg sono le “fonti” dei personaggi che Wagner ci descrive, dèi della schiatta degli Æsir (come altri che conosceremo tra poco). Le saghe danno almeno due diverse versioni sull’origine di tale stirpe; una “divina”: Odin discenderebbe da Bur, generato da un blocco di ghiaccio leccato dalla vacca primordiale Auðumla, la stessa che allattò Ymir, il primo essere vivente, il già citato “uomo-brina” (come si legge nella Gylfaginning di Snorri); e una “terrena”: Odin sarebbe in realtà Sigge, condottiero caucasico, costretto da Pompeo a migrare in Scandinavia (Uppsala) e colà insediatosi e auto-trasformatosi in dio, come testimonia l’Edda Antica (Hávamál, strofa 138).
4. I Giganti sono fra i primi esseri viventi venuti alla luce: infatti il loro progenitore è figlio dei due piedi di Ymir (quando si dice: “una cosa fatta coi piedi”…). Sterminati da Odin e dai suoi fratelli, ne sopravvisse uno, Bergelmir, che generò una nuova stirpe, mortalmente nemica di Odin e degli Æsir. Wagner invece ne fa una razza in via di estinzione, ormai subalterna, se non proprio asservita, a Wotan.
5. Le stesse note – in tonalità, armonizzazione e ritmo diversi - compaiono in uno dei leit-motive del 3° poema sinfonico di Franz Liszt, composto a Weimar poco prima del Rheingold. È possibile che Wagner abbia avuto occasione di leggere il “programma” (mutuato da Lamartine) che il futuro suocero appiccicò alle sue “Meditazioni sinfoniche”, derivate dalla cantata “I quattro elementi” (!) e reintitolate “Les préludes”: vi si trovano un’atmosfera di ineluttabilità della morte e l’innata, naturale propensione dell’Uomo per la sfida e il cambiamento. Proprio i concetti che Wagner traspone nella sua opera e nell’approccio esistenziale di Wotan.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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