23 lug 2010

3.3.2.2 Die Walküre: Atto III - Scena II – Wotan condanna Brünnhilde

Ma Wotan non ha scampo (da se stesso!) e deve ormai andare fino in fondo. Per questo intona una sequenza di quattro autentiche “prove a carico“ contro la figlia, su una emozionante frase musicale che descrive il cruccio del suo animo, ripetuta con sottili variazioni per ben quattro volte, sempre salendo di un tono (dal SIb, al DO, al RE, al MI) proprio a comunicarci la sensazione di un implacabile “rincarare la dose”:

1. “Wunschmaid warst du mir…“ fanciulla-desiderio eri per me, contro di me hai desiderato! poi:
2. “Schildmaid warst du mir…“ fanciulla-scudo eri per me, contro di me hai levato lo scudo! ancora:
3. “Looskieserin warst du mir…“ consigliera di decisioni eri per me, contro di me hai scelto di decidere! e infine:
4. “Heldenreizerin warst du mir…“ ammaliatrice di eroi eri per me, contro di me hai aizzato gli eroi!

Un frammento del tema del Patto suggella queste accuse severe, allo stesso tempo accorate…

Poi il tema dell‘angoscia di Wotan, e la sentenza definitiva: non sarai più Valchiria, non ti manderò più al Walhall. E qui (“..nicht weis ich dir mehr Helden zur Wal…“) inizia, in FA minore, una bellissima frase musicale, dove traspare anche lo strazio del dio per la definitiva separazione dalla figlia (“non più io ti carezzerò la bocca infantile”). Ma la decisione è presa, il destino ineluttabile: ed è il tema del Patto a sottolinearne la cruda violenza, sulle ultime parole di Wotan: “dalla mia vista tu sei bandita!”

Ora, la punizione: “Hieher, auf den Berg, banne ich dich…“, ti lego qui, in cima al monte, ti addormento in un sonno profondo (si sente in sottofondo un tremolo che anticipa l’atmosfera del fuoco di Loge che tra poco avvolgerà la Valchiria) e se un uomo ti troverà, quello ti prenderà…

Le Valchirie non possono trattenere il loro dolore, cercano per l’ultima volta, disperatamente, di fermare la mano del padre, e lo fanno su un complesso contrappunto, dove le otto voci cantano gli stessi versi, ma separatamente, proprio a rappresentarci l’agitazione che ha invaso il loro animo. Al di sopra, udiamo un tema (del pianto delle Valchirie) che ricorda vagamente quello del “presagio di morte”, ed è anche parente di quello che poco prima era uscito dalla bocca di Wotan (e che ancora vi tornerà).

Ma tutto è inutile contro il volere del dio, che allontana le figlie con disprezzo. E il tema della sentenza ritorna, due volte, quasi a sospingere via fisicamente le Valchirie che, con un‘ultima cavalcata, scompaiono all‘orizzonte, mentre il clarinetto basso e poi il corno inglese intonano il mesto tema del loro pianto.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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