30 mar 2009

3.2.2.5 Die Walküre: Atto II - Scena II - Wotan e Brünnhilde (IV)

Brünnhilde: allora togli la vittoria a Siegmund?

Wotan: “Ich berührte Alberichs Ring…”: da quando ho toccato l’anello, la maledizione non mi lascia, anche se ho cercato di fuggirla (e il tema della fuga fa capolino negli strumentini); “Was ich liebe…”: ciò che amo, devo abbandonare; uccidere chi adoro! E il tema della rinunzia - lancinante - si abbatte due volte sul dio, per far luogo poi a quello sinistro della maledizione, che si alza nei tromboni, incrociandosi quindi con quello della spada, ormai divenuta un oggetto maledetto, inservibile. E la didascalìa è qui radicale: l’epressione e il gesto di Wotan passano dal più tremendo dolore alla totale disperazione: “Fahre denn hin, herrische Pracht...” vattene dunque in malora, dominante splendore, io rinuncio a tutto. E infine Wotan sbotta in un blasfemo: “Nur Eines will ich noch: das Ende!”(1) (un’ottava discendente, da MI a MI, poi da DO a DO, il puro stilema che Wotan, abbiamo visto, aveva trasmesso a Siegmund); adesso voglio solo la fine! E i tromboni, piano, intonano ancora il tema delle Norne che - ben lo sappiamo fin dal Rheingold - introduce direttamente a quello del crepuscolo degli dei!

E alla fine sta provvedendo Alberich (e questa è l’ultima, ferale notizia, ciò che ancora non sapevamo): dopo le parole “…des wilden Wortes der Wala” appare, nei violoncelli, contrappuntato dai clarinetti in sincope, ripetuto ed ossessionante, un tema, una specie di scoppio rancoroso, nato nel Rheingold a rappresentare il “lavoro di annientamento del Nibelungo”, cioè la sistematica ricerca della riconquista dell’anello da parte di Alberich. Erda lo aveva profetizzato: “Wenn der Liebe finstrer Feind…”, quando il nero nemico dell’amore (Alberich) metterà al mondo un figlio, allora per gli dèi non ci sarà più scampo(2).

E dopo le parole “…der Sel’gen Ende säumt dann nicht!” la fine dei sacri dèi non tarderà, Wagner fa un autentico miracolo in musica: unisce i temi del Walhall e dell’oro, suonati dagli strumentini e dalla tromba bassa in due diverse tonalità (LAb e MIb minore) tali da esprimere mirabilmente l’atroce dissociazione che caratterizza lo stato d’animo di Wotan.(3)

Ora arriva la notizia più nera: Alberich sta per avere un figlio! (e lo si vedrà all’opera, e come! questo cinico figlio del male - Hagen - nel Götterdämmerung). Ha violentato una donna, dopo averla accalappiata per tramite dell’oro.(4) Lui, che l’amore ha maledetto, è riuscito in ciò in cui il dio - che l’amore ha sempre santificato - ha fallito! Ironia della sorte, parrebbe proprio...

Conviene però prendere questa occasione per tornare un attimo sulle due diverse nature di Wotan e Alberich. Sappiamo per certo che il dio non è uno stinco di santo: nel Rheingold lo abbiamo visto in veste di imbroglione, ai danni dei Giganti e di ladro, proprio ai danni di Alberich. Ma lui ha una “morale”, ha dei princìpi, le rune che lui stesso ha inciso sulla sua lancia, i “patti” che lui ha emanato e che deve rispettare. Ha cioè una “coscienza”. Ha i suoi obiettivi, per raggiungere i quali ha bisogno di alleati (e chi meglio di un figlio, da costruirsi ad immagine e somiglianza?) ma si trova poi a fare i conti con il libero arbitrio, e si vede perduto. La sua è per certi versi una posizione ipocrita: quella di uno che ha la coscienza sporca e cerca di cavarsela salvando la forma, quando la sostanza lo accusa. Alberich? Tutta un’altra pasta, lui è cinico, ma anche sincero, non dissimula; ha un obiettivo e lo persegue dichiaratamente e mettendo in atto tutti gli strumenti atti a raggiungerlo. Mette al mondo un figlio con lo scopo palese di servirsene per la sua causa, e vedremo nel Götterdämmerung che arriverà ad aizzarlo, a stimolarlo, e quasi con imperio, oltre che col richiamo al vincolo di sangue, a compiere l’impresa del recupero dell’anello. Wotan no, lui ha messo al mondo un figlio, ha posto la spada nell’albero, ha provocato un autentico putiferio e un sovvertimento di princìpi e consuetudini per raggiungere il suo scopo, ma vuol far credere, anzi vorrebbe credere lui stesso che tutto ciò è avvenuto indipendentemente dalla sua volontà! Tremendo rovello, davvero! Una condizione del tutto insopportabile, massimamente per un dio!

Ed ecco infatti che il tema “mantecato” (Wahlall-oro) risuona ancora fortissimo, stavolta sostenuto da tutti gli ottoni, sulle parole autodistruttive, che invocano la vittoria del nemico: “So nimm meinen Segen, Niblungen Sohn”, abbiti la mia benedizione, figlio del Nibelungo, ciò che più mi sta a cuore, te lo lascio in eredità! Daccordo, conterrà pure una buona dose di sarcasmo, ma questo indirizzo di Wotan verso il nascituro Hagen ci conferma in quanto abbiamo concluso poco fa, riguardo la presunzione e la contraddittoria nobiltà del dio. Incidentalmente, il dottor Sigmund Freud non era ancora nato, quando Wagner scriveva e componeva questo po’ po’ di trattato di psicanalisi!(5)

Brünnhilde non ci capisce più nulla e chiede ancora che deve fare! “O sag, künde! Was soll nun dein Kind?“ (e risuona ancora il tema delle Norne…)

Wotan: fai ciò che giova a Fricka, ha deciso lei per me; e visto che io non posso avere uomini liberi, tu combatti per gli schiavi di lei.

Brünnhilde: ma come, hai cambiato idea!? ”Du liebst Siegmund…”, tu ami Siegmund e io, a mia volta, per amor tuo lo dovevo proteggere!

Wotan: non discutere! esegui gli ordini! Fai vincere Hunding, e morire Siegmund; e stai bene attenta, perchè lui (il tuo fratellastro...) ha in mano una spada invincibile (tema della spada, ma stravolto e incupito, in modo minore…) e non si farà metter sotto tanto facilmente.

Brünnhilde: ma non posso credere che tu davvero mi voglia metter contro a colui che ami di più...

Ma Wotan chiude la discussione con un feroce ammonimento: “Wer bist du...” ma chi ti credi di essere, se non un cieco strumento della mia volontà? Dopo le parole “…als meines Willens blind wählende Kür?” si ode in corni, fagotti e archi bassi, in fortissimo, il perentorio tema del Patto, che non lascia scampo alcuno, inchiodando tutti alle proprie responsabilità. Ancora Wotan ci dice come il mondo, che prima gli sorrideva, ora gli opprima il cuore (“In meinem Busen berg ich den Grimm”). Ti ho messo a parte dei miei problemi, e tu ti prendi gioco di me? Attenta a te, e alla mia collera! Siegmund vada in malora, questo è il tuo compito oggi!

Wotan se ne va via di corsa, seguito dai temi della collera di Fricka, del suo proprio malcontento e infine - come non immaginarlo? - da quello della rinunzia, mentre Brünnhilde, accompagnata dal tema della cavalcata, ma stavolta mesto e floscio, medita su ciò che è successo.

Il tema dei Wälsi si snoda nei violoncelli, mentre Brünnhilde canta: “Weh! mein Wälsung”, ahimè, Siegmund, ti devo abbandonare(6). Il tema del malcontento di Wotan (nel clarinetto basso) la segue, poichè ora si è trasmesso anche a lei, l’ha letteralmente contagiata. Lo stesso accade per il tema dell’angoscia, che dagli strumenti gravi (Wotan) si sposta al corno inglese (Brünnhilde) e per dieci battute ci regala un autentico miracolo di espressività musicale, lasciando poi spazio all‘oboe, che ci canta il tema di Sieglinde, poichè ora stiamo tornando verso i due gemelli-amanti…

___
Note:1. Nelle saghe la fine è preconizzata come inevitabile conclusione di ogni vicenda cosmica, ma mai è vissuta – e menchemeno invocata, come qui – come cosciente rassegnazione dell’individuo nei confronti del “destino”.
2. Di tale esplicito ammonimento non c’è traccia alcuna nella fugace, azzurrina apparizione di Erda nell’ultima scena del Rheingold; dobbiamo perciò immaginare che la profezia sul figlio di Alberich sia stata annunciata a Wotan nel corso della sua successiva “visita” ad Erda, descritta poco prima, visita durante la quale Brünnhilde venne concepita.
3. Wagner citerà esplicitamente e minuziosamente questo passo nel suo saggio “Sull’applicazione della musica al dramma” del 1879.
4. Qui nasce una serie di contraddizioni (rispetto al realismo) da far paura, contraddizioni riconducibili all’inconsueto processo di scrittura – a ritroso - dei testi del Ring. Ecco la prima: secondo Wotan, la donna adescata e violentata da Alberich è tuttora incinta di Hagen; verremo a sapere in Götterdämmerung (ma Wagner lo aveva già scritto, al momento di stendere Die Walküre) che la donna è Grimhilde, madre anche dei fratelli Ghibicunghi Gunther e Gutrune, avuti da Re Gibich (più sotto proveremo a ipotizzare le loro età). Noi possiamo intanto individuare con sufficiente approssimazione quale sia stato il momento in cui Alberich ha messo incinta la madre di Hagen, poichè le parole di Wotan non lasciano dubbi in merito: deve necessariamente essere accaduto fra la fine della prima e la metà della terza scena del Rheingold. Poichè quello è stato l’unico lasso di tempo in cui Alberich ha avuto disponibilità di oro e ricchezze così grandi (più il Tarnhelm per farsi bello!) da poterli usare per adescare con essi qualunque donna, persino una Regina. Ora chiediamoci: quanto tempo può essere trascorso dalla suddetta finestra temporale e il presente in cui Wotan parla? Come minimo un numero di anni superiore all’età dei gemelli Siegmund e Sieglinde, che Wotan ha messo al mondo sicuramente dopo il Rheingold! Accipicchia: forse che Grimhilde aveva avuto una gestazione durata lustri??? Viceversa dovremmo supporre che Alberich, dopo essere stato spogliato di ogni sua ricchezza e dei due strumenti atti a procurarsela, sia comunque riuscito a ricostituire un gruzzoletto sufficiente a circuire una donna (non certo una Regina). Beh, poco plausibile, ammettiamolo. In ogni caso, prendendo per buone le parole di Wotan, se ne deduce che Hagen abbia un’età di pochissimo superiore a quella di Siegfried (che è stato appena concepito).
Passiamo ora ai Ghibicunghi (che ritroveremo nell’ultima giornata del Ring). Domanda: Hagen è venuto al mondo prima o dopo di Gunther e Gutrune? Nel primo caso avremmo da considerare due ipotesi: la prima vorrebbe che Grimhilde ancora non fosse Regina, nel qual caso dovremmo dedurre che Re Gibich abbia poi preso in moglie una… povera ragazza-madre, ohibò! Ciò renderebbe peraltro più plausibile che un Alberich brutto e in bolletta (perché derubato dalla coppia Wotan-Loge) avesse potuto adescare e mettere incinta una donna qualunque. La seconda ipotesi (Grimhilde già sposata a Gibich, ma ancora senza figli) porterebbe a concludere che il becco Gibich abbia fatto finta di nulla, dandoci poi dentro per avere dalla moglie i due figli legittimi: mah… Esaminiamo ora il secondo caso (Hagen è più giovane dei due fratellastri): qui dovremmo invece concludere che l’Alberich bello e ricco abbia fatto sua una Grimhilde magari già vedova di Gibich e quindi conquistabile: il che però manderebbe di nuovo al macero l’affermazione di Wotan sulla persistente gravidanza della Regina.  
Che dire? Vogliamo cantare il De profundis al Ring solo per questo? 
5. Wagner ebbe intuizioni a dir poco sconvolgenti, in quanto anticipatrici di capitali conquiste che la scienza avrebbe conseguito soltanto decenni dopo la sua morte. Come non restare sbalorditi di fronte al motto - invero “einsteiniano” - con cui il vecchio saggio Gurnemanz ammonisce Parsifal, poco prima di condurlo dentro la dimora del Graal: “…zum Raum wird hier die Zeit” (in spazio trasmuta qui il tempo) !!!
6. Alla conclusione di questa scena possiamo ben riconoscere di quanti gradini il “mito” wagneriano superi quello nordico: dai problemi esistenziali di Alberich e Wotan, al libero arbitrio, al groviglio inestricabile di stati di necessità che condizionano tutto e tutti, alle conseguenze sulla personalità di Brünnhilde, che constateremo fra poco… insomma, un crogiolo di scenari psico-sociologici di cui nelle saghe medievali emergono soltanto - e in assenza assoluta di “analisi” - i puri effetti esteriori.

2 commenti:

Euryanthe ha detto...

Caro Daland, grazie per aver commentato sul mio blog così ho potuto scoprire il tuo, anzi, i tuoi.
Devi sapere che sono nata alla musica come appassionata di Wagner. A dodici anni conoscevo a menadito Lohengrin, Parsifal e Tristan. Wagner era LA musica e tutto il resto una pallida approssimazione. Poi questa fase è passata, ma non la rinnego...

Ti leggo,
Fiordiligi

daland ha detto...

Elena,
grazie per l'apprezzamento, e complimenti per la tua preparazione e per il tuo interesse - non rinnegato - per Wagner.

Tantissimi auguri!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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