L’introduzione tempestosa in RE minore, tempo di 3/2 (in cui fa capolino insistentemente – e in forma ampliata - anche il famoso “Hedà, Hedà Hedò” di Donner, udito nel finale del Reheingold, ma qui in un’atmosfera cupa e ostile) ci rappresenta, con scale discendenti e ascendenti (ad esprimere diversi “ondeggiamenti”) due figure: le gelide ventate e gli scrosci di pioggia, accompagnati da tuoni sinistri, con cui una natura violenta e inospitale spazza la foresta, e la fuga precipitosa e col cuore in gola di un uomo, Siegmund(1), in cerca di un rifugio. Davvero, quelle semiminime “puntate” di violoncelli e contrabbassi ci danno l’impressione perfetta dei passi, anzi dei balzelloni di un fuggitivo che corre su un terreno scosceso e – allo stesso tempo – dei battiti convulsi del suo cuore. A voler guardare col microscopio elettronico, si può scoprire anche qui un piccolissimo particolare: le “folate” di vento sono rappresentate prevalentemente da quintine (5 semicrome - ascendenti o discendenti - in una semiminima); ma nella sezione centrale, Wagner scrive anche delle sestine, a voler sottolineare evidentemente la variabile intensità del fenomeno naturale!
Ma prima di addentrarci nel cuore della vicenda, val la pena di soffermarsi un attimo a considerare in qual modo (e magistralmente) il rapporto fra esseri viventi e natura viene trattato da Wagner. Nel Rheingold, era Donner a “guidare” gli elementi e ad “organizzarli” verso un preciso obiettivo (l’uragano, invero maestoso, quasi marziale nel tempo e perfettamente strutturato nella forma, ligia a inderogabili simmetrie – scandite dalle regolarissime “sestine” arpeggianti degli archi - era funzionale al disegno divino: creare l’accesso al Walhall) e lo faceva con la sicurezza e la solennità con cui un “dio” sa padroneggiare qualunque elemento naturale. Qui c’è invece lo “scatenarsi” – proprio nell’accezione letterale del termine – dei fenomeni naturali, divenuti per l’uomo incontrollabili ed ostili, fenomeni dai quali l’uomo può solo, e faticosamente, cercare di difendersi: l’intero preludio, oltre che nel tempo (“stürmisch”, tempestoso) è anche quanto di più “irregolare” si possa immaginare nella forma. Per farla breve: mentre nel Rheingold la casa (il Walhall) era il “fine”, per raggiungere il quale gli dèi si servivano dei fenomeni naturali (uragano ed arcobaleno) …qui la casa è declassata a puro “mezzo” di cui l’uomo si serve per difendersi a malapena da una natura che lo sovrasta implacabilmente, e sulla quale egli non ha davvero alcun potere. E, ancora una volta, è la musica del nostro rapsodo a spiegarci tutto ciò, con grande poesia e somma capacità espressiva!
Ma prima di addentrarci nel cuore della vicenda, val la pena di soffermarsi un attimo a considerare in qual modo (e magistralmente) il rapporto fra esseri viventi e natura viene trattato da Wagner. Nel Rheingold, era Donner a “guidare” gli elementi e ad “organizzarli” verso un preciso obiettivo (l’uragano, invero maestoso, quasi marziale nel tempo e perfettamente strutturato nella forma, ligia a inderogabili simmetrie – scandite dalle regolarissime “sestine” arpeggianti degli archi - era funzionale al disegno divino: creare l’accesso al Walhall) e lo faceva con la sicurezza e la solennità con cui un “dio” sa padroneggiare qualunque elemento naturale. Qui c’è invece lo “scatenarsi” – proprio nell’accezione letterale del termine – dei fenomeni naturali, divenuti per l’uomo incontrollabili ed ostili, fenomeni dai quali l’uomo può solo, e faticosamente, cercare di difendersi: l’intero preludio, oltre che nel tempo (“stürmisch”, tempestoso) è anche quanto di più “irregolare” si possa immaginare nella forma. Per farla breve: mentre nel Rheingold la casa (il Walhall) era il “fine”, per raggiungere il quale gli dèi si servivano dei fenomeni naturali (uragano ed arcobaleno) …qui la casa è declassata a puro “mezzo” di cui l’uomo si serve per difendersi a malapena da una natura che lo sovrasta implacabilmente, e sulla quale egli non ha davvero alcun potere. E, ancora una volta, è la musica del nostro rapsodo a spiegarci tutto ciò, con grande poesia e somma capacità espressiva!
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Note:
1. Nel Nibelungenlied, Siegmund e Siegelind (Sieglinde) vivono “felici e contenti” (Siegelind muore di morte naturale…) ed assistono alle imprese del figlio Sigurd (Siegfried): nulla delle vicende tragiche della Walküre. La Völsunga Saga ci presenta un Sigmund che non è nemmeno figlio di Odin (Wotan) ma solo un suo lontano discendente, che viene ucciso - con lo “zampino” di Odin - durante una battaglia, nata per motivi “di gelosia”, contro i seguaci di Lyngvi, figlio di Hunding. L’Edda si limita a citare Sigmund come padre di Sigurd e nulla più. (Non c’è bisogno di sottolineare la rimarchevole abilità con cui Wagner ha saputo “strutturare” in modo perfetto tutto questo ammasso di frattaglie, per farne un dramma che rappresenta il punto più alto della Tetralogia.)
1. Nel Nibelungenlied, Siegmund e Siegelind (Sieglinde) vivono “felici e contenti” (Siegelind muore di morte naturale…) ed assistono alle imprese del figlio Sigurd (Siegfried): nulla delle vicende tragiche della Walküre. La Völsunga Saga ci presenta un Sigmund che non è nemmeno figlio di Odin (Wotan) ma solo un suo lontano discendente, che viene ucciso - con lo “zampino” di Odin - durante una battaglia, nata per motivi “di gelosia”, contro i seguaci di Lyngvi, figlio di Hunding. L’Edda si limita a citare Sigmund come padre di Sigurd e nulla più. (Non c’è bisogno di sottolineare la rimarchevole abilità con cui Wagner ha saputo “strutturare” in modo perfetto tutto questo ammasso di frattaglie, per farne un dramma che rappresenta il punto più alto della Tetralogia.)
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