12 nov 2010

4.0.2 Siegfried: L’antefatto

Sieglinde - la figlia che Wotan, nel giro di pochi secondi, ha reso doppiamente vedova (di Siegmund e subito dopo di Hunding!) - incinta di Siegfried, è stata fatta riparare, recando con sé i frammenti della spada Nothung, vicino a Neidhöhle, il bosco ai cui margini Fafner, trasformatosi in drago, custodisce il tesoro di Alberich, cedutogli da Wotan come ricompensa per la costruzione del Walhall.

Wotan, perduto drammaticamente Siegmund, ha compreso di non avere più prospettive e si sta ormai rassegnando alla propria inevitabile fine, assumendo per sè il ruolo di mero osservatore delle vicende planetarie.

Sul fronte “nemico”, Alberich ha messo al mondo un erede (Hagen) anagraficamente di poco più anziano di Siegfried, che però incontreremo solo nell’opera successiva, alla corte dei fratellastri ghibicunghi(1).

La Valchiria Brünnhilde giace addormentata su una roccia, circondata dal fuoco, per volere del padre Wotan, che ne ha punito così la disobbedienza. Solo un eroe che non tema la Lancia del dio potrà ridestarla, per farla sua.

Questo è lo “scenario storico”(2) nel quale si apre la seconda giornata del Ring, dove incontriamo subito due componenti di una insolita famiglia: Mime e Siegfried.

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Note:
1. Lui non merita proprio che gli si dedichi – per ora - neanche un cenno: a differenza di Siegfried, Hagen è fondamentalmente un vile, capace solo di tessere intrighi e ammazzare a tradimento, non certo di grandi imprese - se pur negative - come quelle del padre.
2. Buona parte delle vicende del Ring (escludendo la Walküre) è mirabilmente concentrata da Snorri nella Skaldskaparmal (capitoli XXXIX, XL e XLI della traduzione inglese di Brodeur, o anche in “Niflungs & Giukungs” della traduzione Anderson). Dopo le avventure di Odin e Loki presso Hreidmar e i di lui figli Fafnir e Regin, che abbiamo visto riprese da Wagner nel Rheingold, vi si trova tutta la storia di Sigurdr(Siegfried): dall’apprendistato presso Regin, all’uccisione del drago Fafnir e di Regin medesimo, alla scoperta (senza attraversamento di fuoco, almeno la prima volta, al contrario della versione di Saemund nella Sigrdrifumol!) di Brynhildr(Brünnhilde) che formano oggetto del wagneriano Siegfried; e poi fino all’assurda trama presso Gjùki (re dei Ghibicunghi) con Högni(Hagen) Gunnar(Gunther) e Gudrùn(Gutrune) che Wagner ha collocato nel Götterdämmerung. La Völsunga Saga riprende in buona parte tutte queste vicende, a loro volta ulteriormente rivedute e rimaneggiate nel Nibelungenlied. Le vicende del Siegfried sono descritte in versi da Saemund (Edda antica) nella Fáfnismál in particolare.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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