30 lug 2007

2.1.4 Das Rheingold: Scena I – L’Oro

Nel frattempo, il sole si è alzato all’orizzonte e una lama di luce penetra nell’acqua(1), illuminando qualcosa di nuovo e di meraviglioso: un pepitone d’oro!(2) E all’oro le tre ninfe fanno la guardia, e attorno ad esso cominciano a danzare. Nel tempo di 9/8, in SOL maggiore, gli archi ci rappresentano con le loro terzine il luccichio della superficie dell’acqua, mentre i corni introducono il tema dell’oro, dapprima nella pura melodia, che analizzeremo tra poco, esposta dal secondo corno, poi con un’armonizzazione semplice (accordi di due note, nel secondo e terzo corno) infine con armonizzazione più ricca (accordi di tre note, nei tre corni, ripetuti due volte) proprio a mostrarci il progressivo caricarsi di luce della pepita.

Successivamente, mentre gli archi, con 9 biscrome per ciascun quarto, intensificano di ben tre volte l’intensità dello “sberluscio”, modulando a DO maggiore, la tromba espone nella sua pienezza il tema dell’oro. L’oro, il metallo più nobile, il più bello, il più prezioso! Cosa, meglio di lui, può rappresentare la natura e l’intero universo? E cosa, in musica, può rappresentare lui se non una sequenza costituita da tre suoni, che si estende esattamente su una ottava (SOL-SOL-DO/SOL-SOL-DO-MI-SOL)?

Questo tema merita proprio di essere osservato da vicino, poichè tornerà mille volte nella nostra fiaba, e in quali diverse ed anche spaventose forme lo si vedrà tra non molto; allora: si tratta delle tre note fondamentali della scala (DO-MI-SOL, e sono anche i primi tre armonici naturali, la prima “forma di vita” che abbiamo ascoltato, ricordate? negli otto corni del preludio) disposte in modo da racchiudere esattamente un’ottava (SOL-SOL) quindi idealmente a rappresentare tutte le note che un’ottava, appunto, comprende e, con esse, il Tutto! Attenzione, tre note che, quando suonate insieme (come hanno fatto i tre corni) formano la triade perfetta maggiore, l’accordo più naturale, quindi una vera e propria trinità (e si esagera forse a pensare che sia proprio: “la” Trinità?)

Davvero c’è da restare stupefatti di fronte a tanta meticolosa ricerca dell’espressività musicale, che il nostro rapsodo sfodera ad ogni piè sospinto! E ne abbiamo subito un altro esempio fulminante: “Rheingold! Rheingold!” cantano soavemente le tre ninfe, su un tema, detto del Canto delle Figlie del Reno, di due note discendenti (LA-SOL, nella prima voce) che richiama, in modo maggiore (ma nella seconda voce – FA-MI – esattamente in minore) il tema della schiavitù con cui Alberich aveva sfogato la sua frustrazione poco prima.

Ma allora (e cominciamo pure a sospettarlo, perchè fra poco ne avremo piena conferma!) non è che per caso esista un nesso, per ora nascosto, fra i due fenomeni: schiavitù e oro?

Ma, a proposito di sotterranei legami, poco prima del “Rheingold!”, le ninfe cantano il loro “Heiajaheia!/...wallala/lalala/leiaja/hei!” all’oro (appena esploso nella tromba in DO) esattamente sul ritmo sincopato del tema dei Nibelunghi! (9/8, con una croma puntata, una semicroma, 4 crome e ancora croma puntata, semicroma e croma…) Sì, perché già dobbiamo cominciare a sospettare in quali mani finirà fra poco il rosso metallo…

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Note:
1. Nella didascalìa posta all’inizio del Preludio, Wagner prevede che l’acqua del Reno si veda scorrere da destra verso sinistra. Perché questa precisazione? La cosa resta del tutto indifferente finchè la scena è immersa nella penombra, ma può acquistare importanza con l’ingresso della luce solare. Facciamo un’ipotesi: Wagner (e lo spettatore con lui) guarda il Reno scorrere da Sud a Nord (questa è la direzione “prevalente” della corrente) quindi guarda da Ovest verso Est e resta, almeno inizialmente, contro-sole; poi il sole sale e arriva a picco, creando la massima intensità di luce dorata, sulla seconda invocazione (Rheingold!) delle Ninfe. Possiamo poi immaginare che il sole cominci a calare e che Alberich strappi l’oro dallo scoglio verso il tramonto, visto che – sparito l’oro – tutto sprofonda nel buio più pesto.
2. Il Reno era famoso nell’antichità per la ricchezza d’oro delle sue sabbie.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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