4 gen 2012

4.1.2.2 Siegfried - Atto I, Scena II - Mime interroga Wotan

Qui ci troviamo di fronte ad un nuovo caso di “riassunto delle puntate precedenti” che caratterizzano le tre giornate del Ring (ne abbiamo già incontrato uno nella seconda scena dell’Atto II della Walküre). Tutta la sequenza degli “esami incrociati” fra Mime e il Viandante non è che un pretesto che Wagner usa per riproporci, in modo commovente e artisticamente sublime, un’intera serie di leit-motive già presentati nei due drammi precedenti. E mai si tratta di ripetizioni stucchevoli, ma sempre di mirabili rielaborazioni di quei temi, filtrati attraverso il ricordo, o invecchiati per naturale decadenza, o vissuti da angolazioni e prospettive diverse: insomma, la musica evoca, racconta, ricorda (spesso anticipa, anche) fatti, persone, cose, nel loro divenire o nel mutare della loro percezione.

Dal punto di vista dell’economia del dramma in oggetto, lo scopo di questa scena è di creare i presupposti e le realistiche motivazioni di ciò che dovrà accadere nel seguito. In particolare, ad introdurre il concetto del ragazzo “che non conosce la paura”, che determinerà i successivi comportamenti, di Mime e dello stesso Siegfried.

Mime si appresta quindi ad interrogare il Viandante. Tutte tre le sue domande riguarderanno etnie, o stirpi, o schiatte, o comunità che abitano parti diverse dell’universo allora conosciuto(1). E son tutti soggetti con cui siamo direttamente venuti a contatto nel Rheingold, e le cui caratteristiche somatiche riconosceremo immediatamente dai motivi musicali che le evocano, oltre e più che dalle parole pronunciate dall’interrogato Wotan.

Visto che hai molto viaggiato (e il tema del viaggio è sottolineato dai clarinetti) dimmi: qual è la razza che abita le profondità della terra? Nibelunghi e meditazione sono i frammenti di motivi che accompagnano la domanda di Mime. Alla quale Wotan risponde ovviamente con sicurezza: sono i Nibelunghi, e tutti i particolari della sua risposta vengono sottolineati dal caratteristico tema di tre terzine (prima e terza zoppe), ma qui esposto solo da violoncelli e contrabbassi, con un timbro ed effetto sordi e cupi, proprio ad evocare squarci di vita sotterranea. Non mancano i riferimenti ad Alberich e all’Anello (di cui si ode il tema in fagotti e clarinetti) che ha permesso ad Alberich di soggiogare il suo popolo per costringerlo ad accumulargli oro: e per quattro volte nei corni, dapprima sommesso e confuso, poi chiaro e più forte si ode il motivo del Canto delle Figlie del Reno, mentre il ritmo nibelungico continua ad imperversare negli archi bassi. Ora l’ultimo accenno ai progetti di Alberich, di dominazione del mondo: e qui ecco nascere in tutti i fiati e in crescendo il motivo del Trionfo di Alberich, ma attenzione (!) troncato di netto dell’ultima esilarante battuta, chè ben sappiamo come quel disegno sia (almeno fino ad ora) miseramente fallito. Frammenti del Patto e dei Nibelunghi sottolineano la disponibilità di Wotan per la seconda prova.

Mime apprezza la risposta del Viandante e, sempre con frammenti dei motivi della sua meditazione e dei Nibelunghi, chiede: dimmi ora, qual è la schiatta che abita la superficie della terra? La maniacale cura di Wagner nel sottolineare anche particolari microscopici è dimostrata qui da un triplice tocco di timpano, che anticipa - sulla seconda sillaba del termine Geschlecht (razza) l’incipit del tema dei Giganti! E Wotan - sul martellante motivo esposto da tutti gli archi (violini primi esclusi) risponde ovviamente che sono i Giganti ad abitare la superficie terrestre, a Riesenheim. Racconta dei loro capi, Fafner e Fasolt, che hanno invidiato la potenza di Alberich e si sono impadroniti con la forza del suo tesoro e soprattutto del suo anello, il cui tema si fa udire in clarinetti, corni e fagotti. E il possesso dell’anello ha provocato poi la lite fra i due fratelli, e Fafner, l’uccisore di Fasolt, adesso custodisce il tesoro dopo essersi trasformato in orribile drago, il cui tema risuona ora nelle tubette e nei fagotti, poi anche nella tuba bassa. E la risposta di Wotan porta il sigillo inconfondibile del Patto.(2)

Ancora Mime ripropone stucchevolmente - sempre con la stessa cantilena, gli stessi untuosi complimenti per la sapienza dell’ospite e sempre accompagnato dai motivi della sua meditazione e dei Nibelunghi - il terzo quesito: chi abita le alture avvolte dalle nuvole? La chiusa della domanda porta - diversamente dalle due precedenti, ad una modulazione a LAb maggiore, sulla quale tonalità Wotan dà inizio alla sua risposta (“Auf wolkigen Höhn…” esposto dalla dominante MIb alla sensibile SOL) che però modula ulteriormente (“…wohnen die Götter”, dalla nuova dominante LAb) salendo alla nuova tonica di REb. Ma ascoltiamo bene i violoncelli e i contrabbassi, mentre accompagnano la frase di Wotan: su quattro battute espongono (una semibreve seguita da 10 semiminime cromaticamente discendenti, dal MIb al sottostante REb) lo stesso identico motivo - una versione sonnolente del tema del Patto (appena diversamente strutturato, in una semibreve, due crome, due semiminime e 7 crome) - che avevamo udito all’inizio della seconda scena del Rheingold, al momento del risveglio di Wotan!

Il perché è presto detto: ci apprestiamo ad ascoltare, esposto nella sua tonalità originaria dalle quattro tubette wagneriane(3), il motivo del Walhall! Motivo che abbiamo udito più e più volte, ma che ancora conserva la capacità di affascinarci, grazie ai sottili trattamenti che Wagner ne fa ad ogni nuova apparizione. Qui il motivo viene (opportunamente) presentato con un carattere austero, asciutto, privato di quelle gradevoli sonorità che nel Rheingold gli infondevano, ad esempio, le arpe. Sembra voler affermare con sicurezza (forse perché nella realtà le cose stanno sviluppandosi diversamente?) l’autorità di Wotan: sui suoi simili, ma soprattutto sul resto del mondo.

Del tema originario restano qui soltanto 12 battute, in pratica le prime due (delle 4) sezioni del tema: 4 battute che percorrono il cerchio dell’Anello, e poi - sempre precedute dal famoso tà/tatata/tà di trombe e tromboni - 4 coppie di battute che espongono il motivo ascendente, così articolato: due battute in REb (REb-MIb-FA), due (plagali) in SOLb (FA-SOLb-LAb), poi 2 nella tromba bassa, in SOLb (SOLb-LAb-SIb) e infine due nelle due trombe, in SIb (SIb-DO-RE) a sfociare in FA.

Fin qui il Viandante ha semplicemente esposto lo status-quo del Walhall, abitato dagli elfi chiari e da Wotan che li capeggia. Ma ora - attenzione! - narra qualcosa che ci era rimasto finora del tutto ignoto: qualcosa che era accaduto prima della seconda scena del Rheingold, dove eravamo stati introdotti in quel mondo divino già a regime, con Wotan (più o meno tranquillamente) imperante. Qualcosa che non era chiaramente emerso nemmeno durante il drammatico colloquio di Wotan con Brünnhilde nel second’atto della Walküre, pur così ricco di ricordi e rievocazioni. Ecco, adesso dal Viandante apprendiamo come Wotan si era conquistato il potere: ebbene, attraverso un atto di vandalismo perpetrato nei confronti della Natura incontaminata(4)!

“Aus der Welt-Esche weihlichstem Aste schuf er sich einen Schaft“ racconta il Viandante, di Wotan che si procurò l’asta della propria lancia tagliando il ramo più sacro del Frassino del Mondo(5)! Questa frase - in FA maggiore, poi minore - è sostenuta da corni e violoncelli con il motivo qui sinistramente anticipatore delle Norne (e proprio le Norne ripeteranno la storia nel notturno prologo del Götterdämmerung) mentre tromba bassa e tromboni insistono con il loro marziale tà/tatata/tà, poi seguito da una scala discendente, che preannuncia l’inaridirsi del tronco mutilato (“dorrt der Stamm“). Ma la lancia mai si logorerà, afferma il Viandante(6), supportato da un nuovo tema - la Potenza degli dèi - parente stretto di quello del Patto, con la sua discesa cui corrisponde però una risalita, sulle parole “mit seiner Spitze sperrt Wotan die Welt”, con la sua punta Wotan sbarra il mondo. E sull’asta della sua lancia Wotan ha inciso le Rune contrattuali, il cui tema accompagna le parole “Heil'ger Verträge Treue runen schnitt in den Schaft er ein” (di sacri patti rune fedeli egli incise nel fusto(7)) mentre tromba bassa e tromboni aggiungono un tocco di arcano, esponendo la prima metà del motivo del Viandante.

Ancora il motivo della Potenza degli dèi sottolinea l’autorità di Wotan, che detiene, tramite la sua lancia, il potere sul mondo. A lui si sono dovuti inchinare i Nibelunghi(8), lui soggiogò i Giganti, e per quattro volte (due per gli uni e due per gli altri) risuona nei fiati l’opprimente motivo della schiavitù! Conclude, il Viandante, sostenuto dagli 8 pesanti accordi del suo tema: obbediranno, tutti loro, in eterno al possente signore della lancia(9). Detto ciò, il Viandante colpisce lievemente - e come involontariamente, ci precisa la didascalìa - il terreno con l’asta della lancia. Si avverte un sordo rumore di tuono, che getta Mime nello spavento più grande(10). E contemporaneamente è il tema del Patto che suggella quasi con protervia la risposta alla domanda della busta n°3. Che te ne pare, nano… ho risposto bene alle tue domande, ho salva la capoccia? Mime adesso deve avere una paura nera, si agita qua e là, come per cercare qualche arnese e, sul tema dei Nibelunghi, risponde, quasi con un filo di voce: sì sì, ma adesso tornatene là, da dove sei venuto!

Ma Wotan, sostenuto dal tema del suo viaggio, fa di nuovo notare al nano che avrebbe dovuto porre domande su qualcosa che gli fosse tornato utile; e lo avverte: dato che tu ignori cosa ti può giovare(11), adesso sono io a prendere in pegno la tua testa; tu mi hai dato scarsa ospitalità, mentre io per essa la mia testa l’avevo impegnata: e così adesso - come in ogni tenzone che si rispetti - tocca a me metterti alla prova con tre domande; preparati dunque a sciogliere gli enigmi! Ed è il tema del Patto a certificare la ferma volontà di Wotan, un vero e proprio ordine superiore! Al quale il povero Mime si deve rassegnare ad obbedire: il motivo nibelungico, intercalato da discese cromatiche delle viole in tremolo che ben dipingono il suo disagio (ma fra poco anche la stolta furbizia), ne accompagna il remissivo atteggiamento, fatto di autocommiserazione e ipocrita rassegnazione. Poi aggiunge: dato che l’occhio di Wotan ha fatto capolino nella mia caverna (e la prima sezione del tema del Walhall si fa prontamente udire nei fagotti e poi nei corni, ma con armonizzazioni a dir poco preoccupanti…) proverò a rispondere ai tuoi quesiti. E ancora col sottofondo nibelungico: visto che ci sono costretto, chissà che non mi riesca di salvare la testa.
___
Note:
1. La stupidità e la presunzione del nano sono davvero sesquipedali! Wotan gli ha appena suggerito di chiedere qualcosa che gli possa tornare utile, e il pipistrello vanaglorioso, invece di fare domande su problemi per lui scottanti (Siegfried, Nothung, Alberich, Fafner!) cerca di incastrare l’ospite su questioni di nessuna utilità per lui, che ben conosce le risposte. E il risultato sarà quindi oltremodo disastroso.
2. Va però rilevato che questa risposta è francamente scorretta! O quanto meno reticente... Wotan tace il fatto che fu proprio LUI a strappare l’anello ad Alberich, insieme all’intero tesoro, per poi consegnarli ai Giganti in cambio del Walhall. Ancora una volta, abbiamo due possibili spiegazioni: la prima è la solita “sequenza di scrittura dei poemi”, per cui Wagner, al momento di stendere Siegfried, ancora non sapeva cosa avrebbe di preciso raccontato nel Rheingold! La seconda: che evidentemente un dio non si può prendere in castagna! E così Mime la deve accettare per buona senza batter ciglio...
3. Una curiosità relativa alla notazione delle tubette, che hanno tonalità naturali di SIb (tenori) e FA (basse): dalla Walküre in poi Wagner - indicando la cosa nelle avvertenze in prefazione - le nota in partitura in MIb e SIb rispettivamente, reputando così di facilitarne la lettura da parte del direttore d’orchestra.  
4. Qui abbiamo la prova - attraverso la confessione del peccatore in persona - del peccato originale di Wotan. Che non è poi tanto più veniale di quello commesso da Alberich, al momento di sradicare il pepitone d’oro dal fondo del Reno.     
5. Il mitico Yggdrasil.
6. Profezia quanto mai fallace, visto ciò che ci apprestiamo a vivere nel terzo atto!
7. Trad. Manacorda.
8. Anche qui, Wotan tace della sua “colpa” (il furto dell’anello di Alberich). Per l’interpretazione della reticenza... vedi sopra a proposito di Fafner e Fasolt.
9. Notiamo come questa affermazione di Wotan sia in palese contrasto con la situazione tutt’altro che stabile e tranquilla che caratterizza lo “scacchiere politico planetario”.
10. Possiamo plausibilmente immaginare che Mime abbia compreso in questo momento con chi ha a che fare?
11. Solo un essere superiore può essere in grado di leggere nei cor (come si augurerà un tale Filippo…) e Mime deve ormai aver capito chi è che gli sta davanti.    

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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