31 lug 2007

2.1.5 Das Rheingold: Scena I – L’Anello e la Rinunzia

Alberich osserva, non capisce ancora, si informa dalle ninfe sul significato di quel giocattolo e sull’uso che se ne possa fare…

Le ninfe non perdono l’occasione per sbeffeggiarlo, questa volta per la sua ignoranza crassa. Infatti, Wellgunde avverte (dal MI, dominante di LA maggiore, cangiante poi al minore): “Der Welt Erbe…”, l’eredità del mondo sarà tutta di chi forgerà un anello con l’oro del Reno! E lo canta su note che rappresentano la prima esposizione del tema dell’anello(1), che poi riapparirà innumerevoli volte in futuro, nella sua perfetta forma, fatta di terze prima discendenti e poi ascendenti, cioè assolutamente circolare (quale realismo in questa allegoria!) Le note che compaiono nel tema sono: MI-DO-LA-FA#-LA-DO-MI (armonizzate così: MI+DO-DO+LA-LA+FA#-FA#+RE#, e analoga risalita). Si noti qui che le prime quattro note del tema, quelle del “semicerchio discendente”, se suonate insieme vengono a costituire un accordo (rivolto) di sesta di LA minore, di cui ci si dovrà ricordare spesso e infine - nientemeno - nella quart’ultima misura del Götterdämmerung!

Poco dopo però Woglinde precisa: “Nur wer der Minne Macht versagt…”, solo chi rinnegherà la forza dell’amore, potrà padroneggiare la magìa che gli consentirà di forgiarsi l’anello onnipotente(2)… Il tema, qui in DO minore, è detto della rinunzia, ed è tradizionale fonte di dubbi e terreno di scontro fra esegeti, dato che Wagner lo impiega nelle circostanze più disparate ed in modo apparentamente incongruente.(3)

Musicalmente, il tema è sostenuto dalle tube piccole (cosiddette “wagneriane“, perché inventate proprio da Wagner). Una variante della sezione centrale del tema (di cui alle parole “Minne Macht”, caratterizzata da una discesa dal terzo grado minore, MIb, attraverso la sopratonica RE, sulla tonica DO) riapparirà spesso, come avremo modo di vedere e udire.

Le tre ninfe si rassicurano a vicenda: Alberich non potrà rubare l’oro per farsi l’anello, poichè è così innamorato - di loro, appunto - che mai arriverà a maledire l’amore. Le scioccone non si rendono conto che proprio loro, con la condotta di poco prima, hanno invece creato in Alberich le condizioni di disperazione e di frustrazione che lo portano ora a giocare il tutto per tutto, poichè a questo punto, peggio di così per lui le cose non potrebbero davvero andare. Ma è il loro “inconscio” che continua a tradirle, portandole a cantare i loro “…heiajaheia!” e “Wallalalalala…” all’oro sempre sul ritmo dei Nibelunghi.

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Note:
1. Nelle saghe nordiche l’anello di Andvari (Alberich) è citato come strumento di accaparramento di ricchezze, ma in forza di quale potere non è detto, né viene spiegato come il nano-luccio se lo sia procurato e a quale prezzo. Un altro anello (Draupnir) è fornito ad Odin dai fabbri-orafi Sindre e Brok (che gli hanno anche forgiato la lancia, oltre al martello di Thor-Donner) ed ha il potere di generare otto altri anelli uguali ogni nove notti. Odin lo getta sulla pira dove viene cremato il figlio Balder, che però gli rimanda indietro l’anello dall’aldilà. (Insomma, un sacco di storie senza capo né coda!)
2. Come detto, questo fondamentale e demoniaco nesso fra anello (potere) e maledizione dell’Amore è una “invenzione” (nel senso letterale di: scoperta) di Wagner. Nelle saghe, nulla di tutto ciò.
3. Il tema rappresenta- esteriormente - il generale moto di abbandono e di allontanamento, od anche l’atto di estirpare qualcosa da qualcos’altro: qui, l’amore dall’anima dell’uomo; nella Walküre, ad esempio, la spada dal frassino e poi la divinità da Brünnhilde; in Siegfried: l’abbandono della castità… Ma torneremo a tempo debito ad analizzarne le diverse e ben più profonde implicazioni.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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