1 ott 2007

2.2.5 Das Rheingold: Scena II – Il rapimento di Freia

Ma chi sta ragionando molto concretamente sono i due giganti, e soprattutto Fafner: “Glaub mir…” dice al fratello, dai retta a me, l’oro è molto meglio di Freia (il cui tema rimuginano i violoncelli, ma senza mai completarlo, guarda un pò…) con quello si può avere tutto, compresa l’eterna giovinezza; ed infatti il tema delle mele d’oro fa capolino nei corni, subito seguito nella tromba da quello dell’oro (in SOL minore, a cadenzare sul RE) per spiegarci la stretta connessione che si può stabilire tra le due cose… Il protervo tema dei giganti ora sottolinea l’ultimatum di Fafner (è decisamente lui a prendere ormai l’iniziativa…): “Hör, Wotan…”, ascolta la nostra proposta, Wotan: lasciamo libera Freia, in cambio del rosso oro di Alberich!

Wotan si schermisce: come posso darvi ciò che non ho?

Ancora sul truce tema dei giganti, Fafner insiste: “Schwer baute…”, duro lavoro fu necessario a costruire la rocca (in corni e fagotti: tema del Walhall, in minore!) mentre a te dovrebbe essere facile, usando la furbizia, mettere nel sacco il Nibelungo (e il tema dell’astuzia di Loge, forma discendente, fa apparizione, per un attimo, a testimoniare del ruolo del consigliere, e quasi a farci presentire che sarà proprio lui, Loge, a ingannare Alberich, nella prossima scena…)

Wotan non ci sta, non vuole imbarcarsi in un’impresa rischiosa, per poi cederne i frutti ai giganti, e allora Fasolt, preceduto da un crescendo in tremolo degli archi sul tema di Freia, che sfocia in secchi colpi, a rappresentare il montare della sua ira e l’esaurirsi della sua pazienza, tronca bruscamente la trattativa: “Hierher, Maid! In uns’re Macht!”, qui, ragazza, in mano nostra!

“Wehe!, Wehe!” grida Freia, sul tema della schiavitù, mentre Fafner, col benestare del Patto (il cui tema risuona nelle viole e violoncelli) annuncia che lui e il fratello aspetteranno ancora fino a sera di avere in cambio l’oro. Fasolt conclude: “Zu End ist die Frist…”, e poi sarà nostra per sempre!

L’orchestra è ora scossa da un fortissimo accordo, che introduce la precipitosa fuga dei giganti che, facendosi beffe dei goffi tentativi di resistenza di Froh e Donner, trascinano sulle spalle la disperata Freia (il cui tema si spezza letteralmente, sulle sue parole “Rettet! Helft!”). La corsa a saltelloni dei giganti, giù per lo scosceso crinale, verso il Reno, è mirabilmente sostenuta da un sincopato di clarinetti e fagotti, mentre Loge ce la descrive addirittura in cronaca diretta!

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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