21 set 2007

2.2.3 Das Rheingold: Scena II – Freia e i Giganti

Sta infatti arrivando, anzi correndo a rotta di collo, la povera Freia, introdotta dal tema, in MI minore, della fuga (lo risentiremo ancora in futuro, specialmente nella Walküre…)

Dopo la sequenza ascendente (che esplora un intervallo di undicesima, dalla mediante SOL alla sesta DO e ci anticipa il tema di Freia) è caratterizzato dal ripetersi per quattro volte di un motivo di tre note (semiminima, croma puntata e semicroma) fatto da una seconda e una quarta discendenti, con immediata risalita di una terza, a creare un senso di agitazione, di movimento scomposto, caratteristico di chi, in preda al terrore, fugge col cuore in gola da qualcosa o qualcuno. E da chi è inseguita, Freia? Ma ovviamente dai Giganti, che la pretendono in pegno per la loro opera.

Anche Wotan si comincia a preoccupare, tuttavia si mostra sicuro di sè (“Wo freier muth frommt…”) e del fatto che potrà tenere a bada i giganti, con l’aiuto di Loge(1) (dio del fuoco e suo ambiguo consigliere personale, che però tarda ad arrivare, anche se non deve essere poi troppo lontano, visto che uno dei suoi temi si fa sentire, nel canto di Wotan e nei violoncelli…) Freia invece è già qui, e il suo tema, chiaramente derivato dall’incipit di quello della fuga, si innalza nei violini, mentre essa chiama in aiuto gli altri dèi (“Zu Hülfe, Donner…”).

Vedremo nella prima scena della prossima opera come il tema della fuga si trasfigurerà, letteralmente, in quello dell’amore, che la dea non a caso impersona. E, come sempre, conviene soffermarsi un attimo a ragionare sul rapporto fra fuga(-paura), e amore(-Freia). Tale legame, a questo punto, ci appare determinato da circostanze meramente materiali e contingenti: Freia, dea dell’amore, sta fuggendo perché minacciata di sequestro dai Giganti, e quindi è spiegabilmente impaurita. Un legame puramente esteriore, perciò, anche se musicalmente espresso con grandissima efficacia.

Nel primo atto di Walküre il legame fuga-amore rappresenterà mirabilmente il seguente nesso causa-effetto: l’amore dei due gemelli, che li spinge a fuggire...

Ma nel finale del Siegfried il nesso paura-amore ci verrà spiegato nella sua valenza psicologica assoluta (anzi lì sarà psicanalisi allo stato puro) allorquando Wagner ci descriverà splendidamente la paura che un giovane prova al primo incontro con l’altro sesso! (nulla, ma proprio nulla è casuale in Wagner!)

A questo punto fanno irruzione i Giganti, su un tema che definire bestiale è ancora poco: ce lo presentano - in un ambiente armonico sospeso fra DO minore e FA minore - tutti gli archi, sostenuti, in modo semplicemente feroce, dai timpani e dal basso-tuba, con trombe e tromboni a scandire il ritmo dei passi e dei pali picchiati per terra dai due energumeni. Chi sono i due? Fafner e Fasolt(2), per la verità ci sembrano due onesti lavoratori, che reclamano a buon diritto la loro mercede… È Fasolt a farlo (“Sanft schloss Schlaf dein Aug…”) col tema del Patto che lo sorregge, nei violoncelli, mentre quello del Walhall compare qua e là a chiarirci che cosa i giganti hanno costruito... ma adesso è ora di essere pagati! Wotan fa il finto tonto: cosa volete come ricompensa? Negli archi bassi, forte e partendo dal RE, il tema del Patto ci anticipa in modo inequivocabile la risposta di Fasolt: vogliamo ciò che fu pattuito: Freia (“Freia, die Holde, Holda, die Freie…”) e il tema di Freia si innalza, in LA maggiore nei violoncelli, in contrappunto con quello del Patto…

Wotan azzarda: scordatevi pure Freia e pensate ad un’altra ricompensa(3). Che cosa? Un dio che viene meno ai patti? questo è davvero troppo! Brusche discese e risalite degli archi, a sottolineare il fremito di stupore e l’incredulità generale, con i corni in fortissimo che introducono l’esplosione del tema del Patto, che scende ora dal FA, negli archi bassi pure in fortissimo, mentre i tromboni, in sincope, ci fanno chiaramente capire cosa succede quando si cerca di infrangere qualcosa di sacro e inviolabile!

Cosa non si deve vedere? I Giganti, esseri ignoranti, incolti, bruti, che adesso danno però una lezione di onestà nientemeno che a un dio, anzi proprio al dio che custodisce le leggi! Corni e fagotti, fortissimo dal SOL, reiterano il tema del Patto (che, come si vede, si lancia da posizioni sempre più alte, quasi volesse proprio “alzare la voce”, per meglio imporre la propria autorità!) sulle parole di Fasolt (“Die dein Speer birgt…”) che chiede a Wotan se stia per caso facendosi beffe delle Rune incise sulla sua lancia!

Comincia a parlare anche Fafner, che subito si dimostra ancora più duro ed intransigente del fratello (e alla fine lo vedremo all’opera, quando non esiterà ad ammazzare Fasolt per avere tutto il bottino per sè…): fa notare al fratello l’imbroglio di Wotan, e le viole accompagnano la sua frase (“Getreu’ster Bruder…”) con un’anticipazione lenta di un frammento di uno dei temi di Loge (quello detto dell’astuzia!) che sentiremo fra poco.

Fasolt ricorda ancora a Wotan che lui esiste solo in forza del contratto (tema del Patto negli archi bassi, manco a dirlo, qui dal SI naturale…) Poco dopo, sulle sue parole “…weisst du nicht offen…”, si alza un altro tema, quello del patto coi giganti, chiaramente una variante del tema del Patto, quasi a rappresentare la firma che la controparte appone su un contratto. Esso torna subito, a suggellare in modo definitivo l’intimazione di Fasolt: “Ein dummer Riese räth dir das…”, uno stupido gigante ti dà un consiglio; e tu, saggio dio, farai bene ad accettarlo da lui!

Wotan adesso sta davvero esagerando, ma proprio spudoratamente: arriva persino a dire che il contratto Walhall-for-Freia(4) era tutto uno scherzo!

E allora Fasolt, il più gentile fra i due fratelli - lui è davvero innamorato di Freia, come ben vedremo più tardi – rimprovera Wotan e i suoi della leggerezza con cui hanno messo in pegno la gioia della donna (“Weibes Wonne zum Pfand!” sostenuto dal tema della rinunzia, come accadrà fra poco a Loge); ricorda ancora come lui e Fafner abbiano lavorato come bestie per costruire il Walhall (il cui tema risuona, ma scuro e duro, negli ottoni) in modo da avere in cambio Freia (il cui tema si alza prima negli archi e poi, dolcissimo, nell’oboe). Il canto stesso di Fasolt (“…das wonnig und mild…”) è una variazione dei temi di Freia e della fuga. Sulle sue ultime parole (“und verkehrt nenn’st du den Kauf?”) il tema di Freia si alza ancora negli archi alti, guizzante e fresco, in RE maggiore (ma qui partendo dalla sensibile DO#, per raggiungere la sopratonica MI, due ottave e una terza più in alto) bruscamente interrotto dal rude, pratico e brutale Fafner (“Schweig’ dein faules Schwatzen…”, smettila con le ciance, adesso qui si fa sul serio…)

Lui, Fafner, conosce bene quale sia il ruolo di Freia nel consesso degli dèi, e di conseguenza quale tattica usare per aver ragione di loro, razza arrogante, e una volta per tutte! E quindi, sul tema in RE maggiore, detto delle mele d’oro (“Gold’ne Äpfel…“) di una musicalità semplicemente straordinaria(5), Fafner spiega come Freia procuri agli dèi le mele dorate che gli garantiscono l’eterna giovinezza(6)… senza di lei e di esse, gli dèi avvizziranno come fiori senz’acqua! (e il concetto viene mirabilmente sostenuto dal tema del crepuscolo, non a caso stretto parente di quello della rinunzia, sulle parole “…siech und bleich…”).

Alla minaccia dei giganti di portarsi via Freia, due dèi minori (Froh, l’Apollo nordico e Donner(7), dio del tuono) cercano di darsi da fare (il tema delle mele d’oro quasi saltabecca sulle parole di Froh “Zu mir, Freia…”, superando di un tono pieno il suo apogeo naturale) ma i giganti non si fanno intimidire e Wotan, su una poderosa apparizione dal SOL, nei tromboni, del tema del Patto, cerca di rimettere calma e ragionevolezza (!?) nella disputa (“Halt, du Wilder!”) ricordando - dopo averle poco prima ridotte a puro scherzo – che la sua lancia custodisce pur sempre le Rune contrattuali!


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Note:

1. Nelle saghe si trovano Loki e Logi. Loki è discendente di giganti (stirpe nemica giurata degli Æsir di Odin, perché da loro massacrata) ma poi passato proprio nelle file degli Æsir, di cui diventa infido, maligno, spesso sconsiderato (o interessato?) consigliere. Secondo la Völva, sarà proprio lui a distruggere Odin, vendicando la sua stirpe perseguitata. Loki è persino il mandante dell’assassinio di Balder (figlio prediletto di Odin) ma, in altre circostanze, è in combutta con Odin medesimo. In quest’ultima versione ce lo presenta Wagner nel Ring, “sintetizzandolo” con Logi, dio del fuoco, che per la verità compare assai fugacemente nelle saghe nordiche. Come vedremo, sarà il fuoco di Loge a ridurre in cenere il Walhall, compresi Wotan&C, al termine del Ring.
2. Nelle saghe si trovano Fafnir e Regin, figli di Hreidmar (per inciso, non sono dei giganti, ma dei nani). Il primo ammazza il padre per impossessarsi dell’oro di Andvari (Alberich) e poi si trasforma in drago per custodirlo. Il secondo diviene fabbro, costruisce una possente spada coi frammenti di quella di Sigmund e istruisce Sigurd (Siegfried, figlio di Sigmund) su dove trovare Fafnir per ammazzarlo. Regin verrà ucciso (proprio come Mime nel Siegfried) dal giovane eroe, cui il contatto orale col sangue di Fafnir consente di interpretare il canto degli uccelli. Come si vede, Wagner di volta in volta prende dalle saghe gli spunti e i dettagli che gli servono a costruire la “sua” mitologia.
3. Wotan dichiara precisamente Freia non essere in vendita, confermando in ciò di saper ben distinguere fra Liebe e Lust...
4. Snorri la racconta diversamente (Gylfaginning): la rocca fu costruita da un anonimo muratore, che aveva chiesto in cambio Freyia (e già che c’era anche sole e luna, come accessori, in sopramercato) se fosse riuscito a compiere l’opera entro l’estate successiva; gli dèi, consigliati dal viscido Loki, avevano accettato, sicuri che il muratore avrebbe mancato l’appuntamento; invece questi stava quasi per riuscire nell’impresa, potendo disporre delle prestazioni di un possente cavallo da soma, quando gli dèi, per evitare il pagamento pattuito, e sempre per iniziativa di Loki, mandarono una giumenta ad eccitare il cavallo, che se ne scappò dietro a quella, facendo perdere il tempo decisivo al muratore, che restò così senza ricompensa; anzi, avendo osato protestare e minacciare, si beccò in testa un colpo del martello di Thor (Donner) e finì all’inferno… (ora, giudicate voi se questa sia materia per farci un’opera d’arte!)
5. L’’incipit è lo stesso del Và pensiero… e anche del famoso andante - forte sempre e passionato, nei corni - del finale della prima sinfonia di Brahms.
6. Nelle saghe nordiche è Idun, figlia di Odin, la custode delle mele che fanno tornare giovani gli dei, quando tendono ad invecchiare. Al proposito, si narra una vicenda invero strampalata, che vede Idun ceduta da Loki – tanto per cambiare - ad un gigante-aquila (Thjasse, che lui aveva cercato di ammazzare, venendo invece da questi catturato) in cambio della sua liberazione. Senza le mele di Idun, gli dei invecchiano e ingrigiscono, così obbligano Loki a recuperare la dea. Loki ottiene da Freyia le sembianze di un falcone e si reca da Thjasse, che per combinazione è in quel momento assente da casa; così Loki ne approfitta, trasforma Idun in una noce e la riporta agli dèi. Il gigante-aquila lo insegue, ma sfiora con l’ala il fuoco acceso dagli dèi, dai quali viene così catturato e ucciso! (davvero un ciarpame grottesco, dobbiamo ammetterlo, ma Wagner dimostra di saper distillare ambrosia anche dalle rape…)
7. Nelle saghe, Donner è Thor, figlio di Odin e della gigantessa Jörd (la Terra). Wagner invece sorvola – ma con ampie scusanti, dobbiamo pur ammetterlo - sulla sua parentela con Wotan. Incidentalmente osserviamo che, per Wagner, Wotan mette al mondo figli solo “dopo il Rheingold e prima della Walküre”: Siegmund e Sieglinde (da madre ignota) e Brünnhilde e sorelle, da Erda.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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