12 ago 2010

3.3.3.5 Die Walküre: Atto III - Scena III – Brünnhilde riposa avvolta dal fuoco

Per creare la protezione invalicabile (per tutti, meno che per Siegfried) della figlia, Wotan invoca Loge, il dio del fuoco, da lui un tempo domato (“Loge, hör…”) Avvolgi le rocce col fuoco! E Loge obbedisce (dopo un ulteriore esplosione del Patto e un triplice colpo di lancia che Wotan assesta ad un masso) accompagnato dal suo tema sfavillante dell’incantesimo, con le quartine “puntate” degli ottavini, che contribuiscono a creare un’effetto straordinario, proprio del fuoco che si sprigiona emettendo mille faville, amplificate anche dall’accompagnamento delle semicrome di tre arpe e dai tocchi del glockenspiel, mentre i violini inondano l’aria di biscrome in arpeggio. Siamo in MI maggiore, la tonalità che tradizionalmente incarna la quiete, la pace e l’armonia celestiale(1).

Una modulazione cromatica di 4 misure - di cui le 3-4 caratterizzate dall’irrompere, a fianco del glockenspiel, dei clarinetti acuti e del triangolo ad “attizzare” ulteriormente la fiamma, che circonda ormai completamente Wotan e le rocce circostanti; e con un unico colpo di piatto colpito con bacchetta da timpano – ci porta all’inizio di una definitiva, quanto interminabile esposizione del tema della magìa del sonno, una scala discendente nei fiati alti, che parte dal DO naturale e percorre, semitono per semitono, lungo 4 misure, 17 semiminime, fino al SOL#, mediante del MI sul quale torna adesso tutta l’orchestra, cui nel frattempo si sono aggiunte sei arpe, divise in due parti(2). Ritorno che coincide con quello del tema del sonno, nei fiati alti, con le sei arpe e i violini a “scintillare”.

Mentre si allontana verso il fondo, Wotan prorompe ancora in un ultimo ammonimento, a dir poco colossale: “Wer meines Speeres Spitze fürchtet, durchschreite das Feuer nie!”, chi teme la punta della mia lancia, non attraversi il fuoco! Sì, ma su quale tema risuona il perentorio avvertimento? Ma perbacco! su quello di Siegfried, subito dopo reiterato dalle 3 trombe in MI, dai tromboni e dalla tuba, quasi a capovolgere il concetto: Siegfried non temerà la lancia di Wotan, anzi l’infrangerà con la sua Nothung “ricondizionata”, e quindi potrà attraversare il fuoco e fare sua Brünnhilde (ma questo succederà fra più di due atti d‘opera…)

Wotan ancora si volge a guardare, addolorato, la figlia. Il tema dell’estremo addio, in viole e violoncelli, si unisce a quello del sonno, in una simbiosi meravigliosa, mentre gli ottavini sprigionano (ancora per poco) le loro faville, ma adesso – quale minuziosa ricerca espressiva, quella del nostro mago! - “senza puntatura”, a rappresentarci un fuoco meno vivo, ma costante, stabilizzatosi su un “regime di lungo periodo”, quale sarà quello che dovrà trascorrere nell’attesa dell’eroe… (altra maniacale miniatura: i due ottavini saranno gli unici strumenti dell’orchestra a tacere nelle due ultime battute!)

Wotan si avvia, poi ancora un’ultima volta volge il capo e guarda indietro, mentre persino il tema dell’enigma trova la sua pace e finalmente si placa: la tromba in RE ne espone due volte la primissima sua forma (LA-SOL#-SI) ma quel SI (in origine settima diminuita di REb, la tonalità della decadenza cosmica) adesso si adagia - e vi si trasfigura, dominante - sull’accordo di MI maggiore di tutta l’orchestra, proprio a dare una risposta di serena rassegnazione a quella domanda, tante, troppe volte e ossessivamente implorata, con quel “perché?”(3).

Un ultimo intervento delle 4 trombe e dei 4 tromboni, cui si aggiungono gli altri fiati, ribadisce pesantemente l’accordo di MI maggiore, sugli arpeggi degli archi alti e delle 6 arpe, mentre per la fanciulla assopita comincia da ora l’attesa (che durerà più di dieci anni…) del bacio con cui il suo eroe la ridesterà, per fare di lei una Donna.

___
Note:
1. Gustav Mahler concluderà in questa tonalità, modulandovi dal SOL maggiore d’impianto, il lied “Das Himmlische Leben” (la vita celestiale, tratto dalla poesia “Der Himmel hängt voll Geigen” del Knaben Wunderhorn) a chiusura della sua quarta sinfonia.
2. Nel finale del Rheingold, Wagner aveva fatto “di peggio”, scrivendone le parti tutte divise!
3. Sembra quasi una parafrasi seriosa del motto “Muß es sein? Es muß sein!”, vergato da Beethoven sulla partitura dell’opera 135.


Die Walküre

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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