E nell’acqua è ora nata – dopo le 4 spinte-contrazioni che caratterizzano la conclusione del preludio - la prima vita animale (rappresentata musicalmente dalla tonalità di LAb, che è la sottodominante “partorita” dal MIb originario). Essa assume la forma di tre ninfe (appunto: le Rheintöchter, Figlie del Reno), creature ingenue e invero anche un poco stupidelle, che se la spassano sguazzando su e giù rincorrendosi a vicenda e che – lo capiremo presto – hanno anche il compito di fare da vestali a qualcosa di importante, che fra non molto si rivelerà… Anche i loro nomi sono onomatopeici dell’elemento liquido: Woglinde e Wellgunde (onde), Flosshilde (flutti).
Sono costoro una delle tante “invenzioni” di Wagner(1).
La prima canta il cacofonico “Weia Waga woge du Welle” (la Stabreim…) le cui prime cinque note (una scala pentatonica discendente) a parte la diversa impostazione ritmica, sono perfettamente identiche a quelle che, nella Walküre - atto III - impersoneranno il tema del sonno e successivamente, nel Siegfried, saranno cantate dall’uccellino del bosco, nei suoi avvertimenti al ragazzo. Ora, noi sappiamo per certo che Wagner, dopo aver scritto i poemi della Tetralogia in ordine inverso (prima Götterdämmerung, poi Siegfried, quindi Walküre e infine Rheingold) ne ha composto la musica in modo rettilineo, quindi il "Weia, Waga…" prima del tema del sonno e del Waldvogel: è difficile dire se la parentela fra questi temi sia puramente casuale o, come sempre accade in Wagner, esistano invece fra loro dei sotterranei legami… che però nessuno – a mia conoscenza – ha finora cercato di spiegare… E così mi ci provo io, quasi temerariamente, azzardando la teoria degli “opposti che si toccano”: le ninfe si sono or ora svegliate per la prima volta e quindi si portano dietro uno strascico inconscio del loro precedente stato di “sonno primordiale”; e l’uccellino, col suo canto, ci ricorda della fanciulla dormiente e contemporaneamente “sveglia” l’ingenuo Siegfried, indicandogli la strada verso Brünnhilde…
Ma torniamo a bomba: il LAb dura 10 battute soltanto, poi si torna a MIb maggiore, fino alla seconda frase di Flosshilde ("Des Goldes Schlaf hütet ihr schlecht", il sonno dell'Oro, lo custodite male…) che ci porta al relativo DO minore, la prima apparizione del modo minore nella Tetralogia, qui a rappresentare il presentimento per la catastrofe imminente (l'Oro, mal custodito dalle ninfe, Flosshilde in testa, verrà rubato da Alberich) che avrà conseguenze a dir poco planetarie ed epocali(2). In effetti Flosshilde, che sembra essere la sorella maggiore, redarguisce le altre due che si divertono un pò troppo, ma poi vedremo come sia anche la più perfida, perchè sarà proprio lei a far traboccare la classica goccia dal vaso, mettendo in moto, in Alberich, quell’infernale e straordinario meccanismo che è la psiche umana… Per il momento, modulando a SIb maggiore, lascia libero sfogo ai giochi natatori delle sorelline.
Ma intanto c’è qualcun altro che comincia a farsi percepire: lo si legge nella didascalìa, ma lo si comincia anche a udire. Per ora è solo una vaga “presenza” che si avverte appena, inquietante quanto lontana: le acciaccature, in fagotti e clarinetto basso; forse dei semplici battiti di ciglia di un “voyeur”, protetto dall’oscurità di un anfratto?
Sono costoro una delle tante “invenzioni” di Wagner(1).
La prima canta il cacofonico “Weia Waga woge du Welle” (la Stabreim…) le cui prime cinque note (una scala pentatonica discendente) a parte la diversa impostazione ritmica, sono perfettamente identiche a quelle che, nella Walküre - atto III - impersoneranno il tema del sonno e successivamente, nel Siegfried, saranno cantate dall’uccellino del bosco, nei suoi avvertimenti al ragazzo. Ora, noi sappiamo per certo che Wagner, dopo aver scritto i poemi della Tetralogia in ordine inverso (prima Götterdämmerung, poi Siegfried, quindi Walküre e infine Rheingold) ne ha composto la musica in modo rettilineo, quindi il "Weia, Waga…" prima del tema del sonno e del Waldvogel: è difficile dire se la parentela fra questi temi sia puramente casuale o, come sempre accade in Wagner, esistano invece fra loro dei sotterranei legami… che però nessuno – a mia conoscenza – ha finora cercato di spiegare… E così mi ci provo io, quasi temerariamente, azzardando la teoria degli “opposti che si toccano”: le ninfe si sono or ora svegliate per la prima volta e quindi si portano dietro uno strascico inconscio del loro precedente stato di “sonno primordiale”; e l’uccellino, col suo canto, ci ricorda della fanciulla dormiente e contemporaneamente “sveglia” l’ingenuo Siegfried, indicandogli la strada verso Brünnhilde…
Ma torniamo a bomba: il LAb dura 10 battute soltanto, poi si torna a MIb maggiore, fino alla seconda frase di Flosshilde ("Des Goldes Schlaf hütet ihr schlecht", il sonno dell'Oro, lo custodite male…) che ci porta al relativo DO minore, la prima apparizione del modo minore nella Tetralogia, qui a rappresentare il presentimento per la catastrofe imminente (l'Oro, mal custodito dalle ninfe, Flosshilde in testa, verrà rubato da Alberich) che avrà conseguenze a dir poco planetarie ed epocali(2). In effetti Flosshilde, che sembra essere la sorella maggiore, redarguisce le altre due che si divertono un pò troppo, ma poi vedremo come sia anche la più perfida, perchè sarà proprio lei a far traboccare la classica goccia dal vaso, mettendo in moto, in Alberich, quell’infernale e straordinario meccanismo che è la psiche umana… Per il momento, modulando a SIb maggiore, lascia libero sfogo ai giochi natatori delle sorelline.
Ma intanto c’è qualcun altro che comincia a farsi percepire: lo si legge nella didascalìa, ma lo si comincia anche a udire. Per ora è solo una vaga “presenza” che si avverte appena, inquietante quanto lontana: le acciaccature, in fagotti e clarinetto basso; forse dei semplici battiti di ciglia di un “voyeur”, protetto dall’oscurità di un anfratto?
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Note:
1. Se si esclude la leggenda di Lorelei, di dubbia provenienza e con legami piuttosto “appiccicaticci” con i Nibelunghi, l’unica labile traccia di ninfe si trova nell’avventura 25 del Nibelungenlied, dove Hagen le incontra al momento di attraversare il Danubio con i suoi uomini: quanto al loro numero, dapprima si parla di un “gruppo”, poi di fatto sono solo due ad interloquire, in un contesto più vicino a quello che incontreremo all’inizio del Terzo Atto di Götterdämmerung; soprattutto, lì di oro non c’è la minima traccia, nè riferimento alcuno… e allora aggiungo un’altra personale congettura riguardo il possibile spunto che Wagner può aver avuto per creare questi personaggi: si narra di una dea della stirpe Vanir, chiamata Gullveig (letteralmente: “assetata d’oro”) che era talmente attratta dal prezioso metallo da parlarne in continuazione e con tutti, al punto che gli Æsir (la stirpe di Odin) la catturarono, la trafissero con le spade e infine la bruciarono su un immenso rogo; ma la dea, tre volte bruciata, tre volte rinacque (Völuspa, strofa 21)… Chissà che le tre ninfe, che presto capiremo essere così strettamente legate all’oro, proprio come Gullveig, non ne rappresentino le reincarnazioni? L’appartenenza ad una stirpe nemica potrebbe inoltre spiegare l’indifferenza, se non il disprezzo, che Wotan (Odin) mostrerà di nutrire per loro.
2. Nelle saghe l’oro è oggetto di varie “trattazioni” pseudo-filosofiche, e viene spesso indicato come origine di invidia, odio, guerre, sciagure, maledizioni e ammazzamenti fra chi se ne vuole impossessare. Ma è Wagner a concepire (ed esprimere musicalmente in modo stupendo) lo stretto, quanto orrendo, legame che intercorre fra oro, potenza e disprezzo dell’amore.
1. Se si esclude la leggenda di Lorelei, di dubbia provenienza e con legami piuttosto “appiccicaticci” con i Nibelunghi, l’unica labile traccia di ninfe si trova nell’avventura 25 del Nibelungenlied, dove Hagen le incontra al momento di attraversare il Danubio con i suoi uomini: quanto al loro numero, dapprima si parla di un “gruppo”, poi di fatto sono solo due ad interloquire, in un contesto più vicino a quello che incontreremo all’inizio del Terzo Atto di Götterdämmerung; soprattutto, lì di oro non c’è la minima traccia, nè riferimento alcuno… e allora aggiungo un’altra personale congettura riguardo il possibile spunto che Wagner può aver avuto per creare questi personaggi: si narra di una dea della stirpe Vanir, chiamata Gullveig (letteralmente: “assetata d’oro”) che era talmente attratta dal prezioso metallo da parlarne in continuazione e con tutti, al punto che gli Æsir (la stirpe di Odin) la catturarono, la trafissero con le spade e infine la bruciarono su un immenso rogo; ma la dea, tre volte bruciata, tre volte rinacque (Völuspa, strofa 21)… Chissà che le tre ninfe, che presto capiremo essere così strettamente legate all’oro, proprio come Gullveig, non ne rappresentino le reincarnazioni? L’appartenenza ad una stirpe nemica potrebbe inoltre spiegare l’indifferenza, se non il disprezzo, che Wotan (Odin) mostrerà di nutrire per loro.
2. Nelle saghe l’oro è oggetto di varie “trattazioni” pseudo-filosofiche, e viene spesso indicato come origine di invidia, odio, guerre, sciagure, maledizioni e ammazzamenti fra chi se ne vuole impossessare. Ma è Wagner a concepire (ed esprimere musicalmente in modo stupendo) lo stretto, quanto orrendo, legame che intercorre fra oro, potenza e disprezzo dell’amore.
1 commento:
Fino ad ora questa tua "guida" è sensazionale. Grazie, davvero!
Alessio
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