9 nov 2011

4.1.1.2 Siegfried - Atto I, Scena I - Mime e Siegfried (I)


Arriva Siegfried, con un corno argenteo (1) a tracolla. E un grosso orso al guinzaglio! Sono le cromatiche sestine dei contrabbassi a farci udire il trotterellare trafelato della bestia, mentre violini e violoncelli ci presentano il futuro eroe, con il suo inconfondibile tema del Grido del ragazzo della foresta: tema che sentiremo chissà quante volte ancora, prevalentemente nel corno, a sottolineare il vigore, la spensieratezza e anche la sregolatezza del giovane selvaggio, cresciuto proprio come un animale (un Tarzan ante-litteram!) in mezzo agli animali che abitano il bosco ed i ruscelli. Il tema, col suo caratteristico incipit formato da croma, croma puntata e semicroma (tonica-dominante-mediante) è esposto inizialmente in SOL, ma tosto vira alla sottodominante DO, proprio ad accompagnare il grido di Siegfried che aizza l'orso contro il povero Mime ("Azzannalo, divoralo") invitandolo poi a chiedere al nano terrorizzato se abbia finalmente approntato la spada promessa.
     
"È là, ma caccia via l'animale" risponde tremante Mime e Siegfried libera l'orso, la cui fuga verso la foresta è ancora sottolineata da sestine dei contrabbassi che si perdono lontano. A Mime che gli chiede perché, invece di ammazzarli, lui porti gli orsi in casa, Siegfried dà una risposta che comincia a porre le basi del successivo incalzare di domande che il ragazzo farà al tutore, riguardo il suo stato: "Mi son cercato un compagno migliore di quello che mi trovo in casa" e lo canta su un motivo ascendente – che risentiremo più avanti - in tonalità DO, che sale dalla mediante MI alla sopratonica RE, proprio a rappresentare l'anelito del ragazzo ad uscire dalla soffocante – e interessata! – protezione del nano, per conoscere il mondo e trovarsi migliori amici. È l'atmosfera della foresta, che tornerà ancora nel seguito ed avrà il punto culminante nel secondo atto, che comincia a farsi sentire qui, passando dal DO al SOL e infine al RE, su cui il corno ancora ripete il tema del Grido di Siegfried.
   
Al ragazzo interessa però la spada, che Mime gli ha promesso e che sembrerebbe pronta. Già ad un primo sguardo Siegfried mostra però tutto il suo scetticismo e poi, sostenuto due volte dal suo tema – che pare proprio musicalmente incazzarsi, su un drammatico tremolo di violini e viole – sbatte l'arma sull'incudine, mandandola in frantumi! E qui esplode in orchestra il tema detto dell'Esuberanza giovanile, in SOL minore, composto da due battute in 2/4, ciascuna comprendente una quartina di crome puntate. Su di esso Siegfried canta il suo disprezzo per Mime, che gli va raccontando di grandi imprese da compiere contro giganti, e di poderose spade, ma poi non sa forgiare che giocattoli: meriterebbe di finire nella forgia insieme alla sua latta, il ridicolo nano!
    
Il quale cerca di calmare il ragazzo, prima facendo la vittima – qui c'è una mirabile tansizione, nelle viole, dal tema dell'Esuberanza a quello, accorciato a 2/4, dei Nibelunghi - e poi porgendogli qualcosa da mangiare; ma Siegfried gli scaraventa via piatto e pentola: lui il pranzo se lo è già arrostito alla brace per conto suo! Ora Mime comincia ad esporre una sua lagna, fra il patetico e il perfido.
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Note:
1. Sapremo tra poco che è Mime il costruttore del corno. Avevamo da lui appreso, già nel Rheingold, come i Nibelunghi fossero maestri orafi, prima dell'avvento al potere di Alberich.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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