28 set 2007

2.2.4 Das Rheingold: Scena II – Loge

Ed ora si manifesta un altro degli “elementi di base” dell’Universo: il fuoco, qui impersonato da Loge(1), che sta proprio adesso - finalmente, per Wotan - sopraggiungendo, preceduto e seguito dai suoi primi tre temi, in 2/4, “guizzanti” proprio come lingue di fuoco. Seguendo le viole: il primo, detto anche dell’astuzia, copre 4 misure: nelle prime 3 abbiamo una semiminima e 5 gruppi di 4 semicrome formati da quarta discendente, poi seconda minore e quarta ascendenti, che si lanciano sempre da un semitono sopra l’ultima nota del gruppo precedente e “scalano” dal FA# fino al RE# dell’ottava superiore; quindi due gruppi di 4 semicrome, in rivolto rispetto ai primi, si assestano sul MI-RE# ; il secondo tema (2 misure, 4 gruppi di 4 semicrome) sale cromaticamente dal MI al FA# dell’ottava superiore; il terzo (2 misure, 4 gruppi di 8 biscrome) “trilla” sul LA, prima dal semitono inferiore (SOL#) poi da quello superiore (SIb).

Wotan subito apostrofa il ritardatario, ricordandogli l’affare in cui è coinvolto anche lui… E qui sentiamo, negli strumentini, il quarto tema di Loge, un primo, grossolano abbozzo di ciò che nel finale della Walküre (e più oltre) si svilupperà meravigliosamente a rappresentare l’incantesimo del fuoco, ma di cui scopriremo molto prima la parentela con il tema del Tarnhelm, l’elmo magico che produce per l’appunto incantesimi...

Prima che Loge risponda (“Wie? Welchen Handel…?”, come, quale affare?) nelle viole scorre la seconda forma (discendente) del tema dell’astuzia, di cui avevamo avuto presentimento poco fa, sulle prime parole di Fafner. Dopo che viole e violoncelli hanno riproposto il suo secondo e terzo tema, Loge - sempre sull’abbozzo dell’incantesimo - chiede retoricamente: ’’L’affare che hai combinato coi Giganti?”; e l’incipit del Walhall compare puntuale nei corni e poi in clarinetti e fagotti. Loge prosegue, dopo una “frecciatina” a Donner e Froh (“figli di papà” che amano la bella casa riscaldata...) affermando di aver potuto personalmente verificare la bontà dell’opera dei giganti e, dopo le parole “Ein stolzer Saal…”, si innalza, maestoso, il tema del Walhall, qui nella sua terza esposizione (peraltro abbreviata, a sole 13 misure): sempre in REb, ma protagonisti, invece delle tubette, i corni che percorrono i due “cerchi” (4 misure) cui segue la seconda sezione del cerchio, ma esposta una sola volta in REb (1 misura) e successivamente (1 misura) in SOLb con cadenza plagale (sulle parole di Loge “…das Prachtgemäuer prüft ich selbst…”) per tornare tosto a REb (2 misure) e quindi, saltando 8 misure delle precedenti esposizioni, arrivare direttamente alle 5 misure della chiusa (mutuate quasi perfettamente da quelle del precedente “Wandel und Wechsel…” di Wotan) sulle parole “Fasolt und Fafner fand ich bewährt: kein Stein wankt im Gestemm”, non c’è una sola pietra fuori posto, come perfetta è la cadenza (salto di ottava sul FA) dell’oboe, sostituitosi qui alla tromba, a chiudere il tema del Walhall!

Dopo che i primi due temi di Loge (il primo nella seconda forma, discendente) si son fatti riascoltare, Wotan incalza: mi avevi promesso di trovare una soluzione per evitare di cedere Freia. E seguendo le parole “Nun red’ und rate klug!”, il tema del Patto affiora negli archi bassi, scendendo dal suo normale SIb, ma tutto in “staccato”, quasi a sottolineare che qui si tratta di un patto segreto e magari pure truffaldino, altro che Sacre Rune!

Loge precisa, accompagnato dal suo secondo e terzo tema, poi dal quarto: “Mit höchster Sorge…”, ti avevo solo promesso di pensare ad una soluzione… Ora è chiaro che nemmeno lui sa che pesci pigliare… e allora tutti se la pigliano con lui, anzi con le sue personalità: prima Fricka, sul primo tema (“Sieh welch’ trugvollem Schelm du getraut”, guarda, Wotan, che bell’amico ti sei trovato!) poi Froh, sul secondo tema (“Loge heisst du, doch nenn’ ich dich Lüge! ti chiami Loge ma per me sei Lüge, bugia - bell’esempio di Stabreim!) infine Donner, sul terzo tema (“Verfluchte Lohe, dich lösch’ ich aus”, maledetta fiamma, ti spegnerò)(2).

Loge si lamenta (sul suo quarto tema): se la prendono con me, per coprire le loro vergogne, gli stolti!

Solo Wotan ora lo difende, poichè sa di non aver altra risorsa (“In Frieden lasst mir den Freund…”) ma all’intimazione di Fafner “Nichts gezögert…”, basta indugi, pagateci! (tema dei giganti) si spazientisce e chiede a Loge ragione del suo ritardo.

Loge spiega di aver cercato nel mondo qualcosa di più prezioso di Freia da offrire ai giganti, ma di non aver trovato proprio nulla che abbia, per l’uomo, più valore della donna! E, sulle sue parole “...für Weibes Wonne und Werth!” (tema della rinunzia, quasi una copia della precedente frase di Fasolt…) si innalza, inizialmente in LA maggiore, a partire dai violoncelli, divisi in quattro parti, per salire alle viole e poi ai violini (tutti divisi a due) sempre con una misura di ritardo, un motivo dolcissimo (chiamato anche della felicità d’amore); la sua struttura ritmica (3/4) prevede, nella prima battuta: una terzina ascendente (LA-DO#-FA#, che copre due crome) seguita da quattro crome discendenti (MI-DO#-LA-MI); nelle successive battute: semiminime ascendenti e discendenti a coprire un’ottava, quindi con un effetto di “ondeggiamento lungo”. Esso dapprima introduce, per modulazione tonica-dominante, al RE maggiore del tema di Freia, suonato dal violino solo, e poi sostiene il racconto di Loge: “So weit Leben und Weben…”, dovunque si vive e si opera, in acqua, terra e aria, ho a lungo cercato… e la domanda si sospende sulla sensibile (DO#) e sulle parole “…als Weibes Wonne und Werth?” (tema della rinunzia, ma attenzione, con un’appoggiatura sul “Wonne” e la conclusione ascendente sul “Werth”, quasi a smentire il concetto stesso!)

Loge conclude: mai, da nessuna parte, alcuno ha soddisfatto la mia curiosità… poichè nessuno mai rinuncia all’amore e alla donna; dopo le parole “…lassen will nichts von Lieb und Weib”, ancora il tema di Freia si alza nei violini, come un fiore che sboccia, con gli stami e i pistilli che si spingono ancor piu all’insù (dalla tonica RE alla sottodominante SOL) e poi fa un ultimo “gemito” raggiungendo la dominante, sulla cadenza dell’oboe (LA-FA#-FA#-MI-FA#-LA-SOL) che si appoggia dal LA sul SOL, percorrendo quindi una seconda discendente - sapientemente armonizzata per richiamare il tema della frustrazione - ad introdurre il “tranne che” di Loge (“Nur einen sah ich…”).

Si, perchè uno che ha rinunciato all’amore (e in cambio di cosa ce lo ricorda puntualmente l’orchestra, intonando nel corno il tema dell’oro, ma in versione “malvagia”, nel relativo SI minore) lo si è trovato: è Alberich, che ha rubato l’oro alle figlie del Reno per forgiarsi l’Anello onnipotente(3). Il tema del canto delle ninfe (che però qui assume forme meste e lamentose) quello del Weia, Waga… e, ovviamente, quello dell’anello, ma anche quello della rinunzia, puntualmente assecondano il racconto di Loge, che lo conclude (“…das Gold dem Wasser wieder gebest...”, se tu, Wotan, restituissi l’oro alle acque…) nel “naturale” DO maggiore, sul tema (puro, stavolta) dell’oro e ancora su quello (Rheingold! invero splendido) del canto delle ninfe! Loge afferma di aver quindi mantenuto l’impegno (e i suoi temi dell’astuzia sembrano proprio confermarlo...)

Wotan invece si indispettisce (“Thörig bist du…”): sciocco, come posso aiutare le ninfe, se sono il primo io ad avere dei problemi?

Anche i giganti, però, si domandano se l’oro non possa convenire a loro(4), e chiedono a Loge ulteriori dettagli.

Ancora sul tema del Canto delle Figlie del Reno, Loge spiega: “Ein Tand ist’s…”, c’è un giocattolo delle ninfe nelle acque; chi ne forgia un anello (relativo tema in oboi e fagotti) diventerà padrone del mondo intero!

Wotan ricorda di averne sentito parlare(5), e persino la sciocca Fricka chiede se l’oro può abbellire una donna (nessuno, ma proprio nessuno, menchemeno una femmina, può scampare al fascino terribile del rosso metallo!)

Loge le risponde (“Des Gatten Treu…”) intonando, in MI maggiore, nientemeno che il tema del vincolo d’amore, che l’oro potrebbe garantirle! (massima ipocrisia questa, ma quante volte davvero succede, nella realtà quotidiana, che una donna si innamori o resti fedele ad un uomo solo per i gioelli che lui le regala o le promette?) E sulle parole di Fricka “Gewänne mein Gatte…” (potesse il mio sposo conquistarsi l’oro) il tema di Freia viene presentato dai violini in una forma storpiata, sgraziata, imbruttita, proprio a descrivere, e con quale realismo! la falsità e l’inconsistenza dell’amore, quando è inquinato dall’oro, il cui tema puntualmente ricompare, prima in modo maggiore, ma subito dopo nel modo minore, proprio quello della sua faccia ”sporca”!

Wotan è ormai preso dalla frenesia di impossessarsi dell’anello (di cui risuona il tema variato) e chiede consiglio a Loge.
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Attenzione, perchè questo è uno dei momenti-chiave dell’intero Ring. Una vera e propria pietra miliare, paragonabile al momento in cui Alberich, nella prima scena, si era domandato: “Erzwäng’ ich nicht Liebe, doch listig erzwäng’ ich mir Lust?”. Uno di quei frangenti in cui venono prese decisioni di portata cosmica.

Là, Alberich aveva coscientemente deciso di peccare, rinunciando all’Amore (per lui impossibile) pur di conquistarsi potenza, e aveva aperto con ciò nientemeno che un’epoca storica, quella dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo!

Qui, Wotan sta maturando la decisione di impossessarsi - a tutti i costi (”Den Ring muss ich haben!” Devo avere l’anello!) - di uno strumento di potenza che è al momento in mani “pericolose”, dando con ciò inizio ad un’altra epoca storica, costellata da un’interminabile catena di eventi bellici, di faide, di trame oscure, di imbrogli e tradimenti, che porterà dritto-dritto alla catastrofe planetaria! La didascalìa in partitura è esplicita: come sotto l’influsso di un crescente incantesimo... adesso sono le rotelle del cervello di Wotan a girare vorticosamente, prefigurando scenari, orizzonti, programmi ed obiettivi!
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Loge gli risponde (“Ein Runen-zauber…”) che una magia lega l’oro all’anello (ancora il relativo tema negli strumentini) ma che solo chi maledice l’amore può averlo (tema della rinunzia): e in realtà c’è chi l’ha già fatto, Alberich! (e ancora la rinunzia si dispiega sulle parole “gerathen ist ihm der Ring!”, l’anello ora gli appartiene…)

Donner, Froh e Wotan chiedono ancora: come strappare l’anello ad Alberich, senza maledire l’amore? E Loge, autentico campione dell’ipocrisia e del machiavellismo del potere (non c’è che dire, incarna proprio la classica figura del subdolo consigliere del re!) risponde, cinico e feroce: “Durch Raub!…”, col furto; ciò che un ladro(6) ha rubato, al ladro tu lo puoi confiscare! Ma il consigliere deve pur pararsi il culo… e allora spiega che il furto sarà fatto a fin di bene, per restituire l’oro alle figlie del Reno (“…das Gold wieder zu geben…”) e il tema del Canto delle Figlie del Reno si riaffaccia negli strumentini, prima che la tromba ripeta quello dell'Oro.

Wotan si infuria: ma che consiglio è mai questo, che vantaggio ne traggo? Anche Fricka, sul tema delle ninfe, seguito da quello dell’adulazione, non capisce proprio perchè si debba restituire l’oro a quelle spudorate che hanno già rovinato molti uomini, ballando seminude ed in atteggiamento equivoco nelle acque del Reno!(7)
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Note:

1. Come già anticipato, la figura del “dio del fuoco” è un’invenzione di Wagner. Nelle saghe non si trovano che riferimenti assai vaghi in proposito.
2. Nelle saghe, il rancore che gli dèi della cricca di Odin nutrono per Loki – cui pure lo stesso Odin si accompagna volentieri - è giustificato dal comportamento dell’impulsivo e manesco gigante, un autentico attaccabrighe, spesso e volentieri ostile verso tutto e tutti. Ma anche Loki ha le sue buone ragioni, come rappresentante di una stirpe (i Giganti) sterminata proprio da Odin&C…
3. Loge dà qui la spiegazione precisa, consequenziale, dei fatti: Alberich cercava l’amore delle Ninfe e, da esse respinto, per vendetta rubò l’Oro del Reno.
4. Fasolt ci fa sapere che Alberich ha già creato problemi ai Giganti, sempre sfuggendo ai loro tentativi di ritorsione. Francamente questo particolare parrebbe qui piuttosto gratuito e fuori dal contesto... mentre in realtà comincia a farci capire che, fra la prima Scena e il momento attuale, deve essere trascorso un bel pò di tempo, cosa che ci verrà confermata dallo scenario che incontreremo tra poco, in quel di Nibelheim.
5. Ma noi sappiamo bene che i concetti universali, che l’Anello sottende, sono da tempo radicati nella psiche profonda di Wotan, come ci ha inequivocabilmente spiegato la musica, fin dalle prime battute della Scena!
6. Sulla definizione di “ladro”, qui appioppata da Loge ad Alberich, ci sarebbe molto da ridire. L’oro, strappato dal nano al fondo del Reno, era – potremmo dire oggi – di proprietà del demanio, non già di persone fisiche o giuridiche. La sua sottrazione potrebbe addirittura essere considerata lecita, così come lo è – ove non specificamente vietata da norme e leggi – la raccolta di campioni di roccia che ciascuno di noi può fare durante una gita in montagna, o aggirandosi sul greto di un torrente. Alberich, lo ripetiamo (e lui stesso lo confesserà in occasione del suo “processo”, nella quarta Scena) è colpevole non di furto ma di sacrilegio, di bestemmia, di peccato, contro natura e contro se stesso… Chi diventerà un ladro per davvero sarà invece, e nientepopodimenocchè, Wotan!
7. Anche questa è una interessante novità: Wagner non ci fa capire se Fricka si riferisca a fatti antecedenti o posteriori alla vicenda narrata nella prima scena. E in ogni caso questa affermazione getta una luce equivoca sulle Ninfe, e fornisce ad alcuni registi contemporanei l’appiglio per rappresentarcele come tre prostitutelle.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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