3 ago 2010

3.3.3.1 Die Walküre: Atto III - Scena III – La Giustificazione di Brünnhilde

Una straordinaria descrizione - in parole ma, soprattutto, in musica! - del rapporto conflittuale padre-figlia!

Un groviglio inestricabile di sentimenti.

Un incrociarsi di processi alle intenzioni.

Wotan che punisce la figlia esprimendole l’amore più smisurato.

Brünnhilde, che giustifica la sua disobbedienza a sua volta con l’amore, per il padre sì, ma anche per l’Amore stesso!

Quello che è stato studiato, ma a partire da cinquant’anni più tardi, dalla moderna psicanalisi, Wagner lo aveva già chiaramente intuito, e lo ha stupendamente descritto e musicato in questa scena finale del dramma.(1)

Il tema della sentenza, nei fagotti e violoncelli, la apre, facendo da introduzione (due volte) al tema detto della giustificazione di Brünnhilde, che appare dapprima in modo minore, con quel salto di settima ascendente, che bene rappresenta l’atto del sollevare lo sguardo verso il padre… (ma chissà, forse anche una “rivolta” nei confronti della malsana commistione di sacro e profano che la settima discendente ha finora rappresentato!) Il due temi si fondono, nel clarinetto basso, prima che Brünnhilde canti la sua giustificazione: “War es so schmälich, was ich verbrach…”, fu così vergognoso ciò che io ho perpetrato…?

Ma noi qui ci dobbiamo assolutamente fermare un attimo per ragionare: su cosa? Sul tema stesso della giustificazione. Se sostituiamo all’intervallo di settima ascendente il suo rivolto (quello di seconda discendente) cioè suoniamo la stessa nota (e le successive) un’ottava sotto… indovinate un pò cosa troviamo? Un tema che è strettissimo parente di quello del Patto, accipicchia! Come ce lo spieghiamo? Certo, Brünnhilde è figlia di Wotan, ergo ne conserva, come dire, parte del DNA, compresi i princìpi etici fondamentali… Ma la cosa davvero stupefacente, ancora una volta, è come Wagner riesca a far emergere un profondo concetto “filosofico” da una semplice variazione apportata ad un tema. Il tema della giustificazione ci dice che: Brünnhilde ha inizialmente seguito il volere di Wotan; poi (salto di settima ascendente, non a caso sull’espressione so schmälich, così vergognoso) ha “preso l’iniziativa”, cercando letteralmente di opporsi al corso della storia, sospingendo cioè verso l’alto ciò che per sua natura e tradizione (le Rune, ma anche la ricordata, malsana commistione di sacro e profano…) volgeva sempre ed ineluttabilmente al basso! E così, con un minuscolo intervento sopra un tema, ci viene rappresentato nientemeno che il conflitto fra due “visioni del mondo”! Torneremo fra poco su questo tema, al momento del suo dispiegarsi aperto e totale, ma prima di proseguire conviene far notare la diversa modalità con cui Brünnhilde e Siegmund hanno espresso – musicalmente! – la loro “ribellione” al Patto: il tema di Siegmund percorreva tutta la discesa del Patto e poi la contraddiceva radicalmente, rivoltandolesi contro, con quella risalita “a mò di anello e di Walhall”; la giustificazione (musicale) di Brünnhilde, invece, non intacca minimamente la struttura del tema del Patto, limitandosi a “interpretarla” a suo modo: esattamente come la fanciulla aveva a suo modo interpretato il volere del padre!

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Note:
1. Val la pena ripetere, a costo di essere pedanti, come nelle saghe il rapporto Wotan-Brünnhilde (che oltretutto non sono padre e figlia) sia trattato con superficialità. Nella citata Sigrdrifumol, Odin punisce la Valchiria disobbediente addormentandola in un castello circondato dal fuoco, dove Sigurd(Siegfried) la troverà per risvegliarla. Ma qui trattasi di banale vicenda di simpatie/antipatie, con annesse vendette, che nulla possiede della profondità filosofica e psicologica del “mito” wagneriano.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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