2 ago 2007

2.1.7 Das Rheingold: Scena I – Il Furto dell’Oro

Il nostro piccolo-grande elfo ha quindi deciso, e quanto dolorosamente! (1): ora non gli resta che agire e maledire. Le ninfe, in un misto di incredulità, sorpresa e irresponsabilità, ancora si fanno beffe di lui (ma per l’ultima volta, ahiloro!) pensando trattarsi sempre di sue escandescenze erotiche; e lo fanno a dispetto del tema della minaccia che incombe su di loro al punto da contagiarne persino l’ultimo “hà-haha/hahaha/hà!” che, invece delle 6 crome tutte uguali delle risatine precedenti, inizia con croma puntata e semicroma, caratteristica inconfondibile del tema dei Nibelunghi!

Alberich balza furiosamente di scoglio in scoglio, imprecando contro le ninfe, fino a raggiungere quello su cui poggia il pepitone… che strappa via rabbiosamente, proclamando (ancora su frammenti dei temi dell’anello e della rinunzia): “...so verfluch’ ich die Liebe!”, così io maledico l’Amore! Una frase in DO minore, che scende dal MIb al RE, al DO (la rinunzia!) e poi sprofonda di una settima all’ingiù, fino al RE sottostante(2).

E cosa si ode in orchestra, prima ad anticipare e poi a suggellare questa autentica bestemmia?: nientemeno che il tema dell’oro (sì, quello della trinità!) esposto però qui - da tromba e poi da oboi e corno inglese - in modo minore, armonizzato sulla dominante, che poi si va a schiantare sullo spaventoso accordo di settima diminuita, proprio a rappresentarci - in modo tanto perfetto, quanto sconvolgente - quale sia la seconda, terrificante natura dell’oro, quando venga usato a fin di male!

L’Eden chiude, per indegnità… Le Ninfe corrono a nascondersi disperate nelle viscere del sottosuolo, Alberich ad avviare la sua carriera di capitalista sfruttatore… mentre in orchestra vagano i temi della rinunzia e poi dell’anello, che adesso ci stanno portando su, in un’atmosfera sempre più rarefatta, verso ameni luoghi montani (l’Olimpo, chissà?) dove ci prepariamo ad incontrare altre creature (gli elfi chiari!)… ed altri peccati.

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Note:
1. Riprenderemo – molto più avanti – il discorso sul tema “rifiuto dell’amore e potere dell’oro”. Per ora basti ribadire il fatto che Alberich non appare “congenitamente” orientato al disprezzo per l’amore, ma ci arriva per disperazione e perché, in qualche modo, spintovi dalle circostanze.
2. Questo salto di settima discendente lo ritroveremo in altre circostanze… in modo del tutto sorprendente.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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