26 feb 2008

3.1.2.2 Die Walküre: Atto I - Scena II - Il racconto di Siegmund

Il racconto di Siegmund è pesante da digerire, ma bisogna seguirlo, soprattutto ascoltando ciò che dice l’orchestra: il tema di Hunding fa capire che i nemici di cui parla Siegmund sono proprio i parenti di Hunding stesso… e Siegmund ancora non sa di essere finito proprio in casa del suo peggior nemico. Veniamo a sapere che aveva una gemella, perduta dopo una razzìa di barbari (proprio i Neidinghi, che gli uccisero la madre) e che visse a lungo nella foresta col padre, che un giorno tuttavia lo abbandonò, lasciando dietro di sè solo una pelle di lupo vuota(1); e l’orchestra ci ricorda esplicitamente chi fosse, appunto, suo padre: sulle parole di Siegmund: “den Vater fand ich nicht”, i tromboni intonano – in MI maggiore – l’incipit del tema del Walhall.

Siegmund racconta di aver cercato amici e donne (tema dell’amore nei clarinetti) ma di aver trovato sempre sfortuna e nemici. Sieglinde, accompagnata dal suo tema, gli chiede ancora dell’ultima battaglia in cui egli ha perso le armi. E Siegmund racconta della sua lotta contro i nemici, in difesa di una giovane costretta a sposarsi contro la sua volontà, di come uccise il fratello di lei, senza però poter impedire la morte della fanciulla, e della fuga di fronte al prevalere dell’orda nemica, fino al momento in cui è arrivato nella casa in cui ora si trova.

Siegmund conclude il suo racconto cantando: “Nun weisst du, fragende Frau…” (ora sai, o donna interrogante…) sulle note che formano la seconda sezione del tema dell’eroismo dei Wälsi, la cui prima sezione viene esposta subito da corni, fagotti, viole, violoncelli e contrabbassi. Poi oboi, corno inglese e clarinetti (basso incluso) ribadiscono la seconda sezione del tema, quasi a certificare la dichiarazione di Siegmund.
E così adesso Hunding sa che lo sconosciuto è il suo mortale nemico… ma rispetta i doveri dell’ospitalità (“Mein Haus hütet Wölfing…”, la mia casa protegge “lupetto”) almeno per una notte: l’indomani però Siegmund dovrà vedersela con lui.

Hunding ordina a Sieglinde la pozione per la notte: lei, sempre sostenuta dal suo tema, in clarinetto e corno inglese, si appresta a prepararla... ma adesso gli oboi dell’orchestra sembrano incoraggiarla (intonando la seconda sezione del tema dell’eroismo dei Wälsi!) ad un’azione temeraria, quanto decisiva: ed ecco che, sempre accompagnata dal suo tema, Sieglinde aggiunge alla pozione un potente sonnifero! Subito dopo, con lo sguardo, indica a Siegmund un punto preciso, nel tronco del frassino che sta in mezzo alla casa(2).

Cosa ci dice l’orchestra? La tromba bassa (in SOL maggiore) poi oboe (SOL minore) e corno inglese (DO minore) suonano il tema della Spada, quella stessa spada che Wotan, nella scena finale del Rheingold, aveva ideato e idealmente brandito come strumento della rivincita, già progettando il futuro di Siegmund, il figlio destinato a riconquistare l’anello perduto…
Sieglinde entra nella camera da letto.

Hunding, sempre sostenuto dal suo brutale tema, lancia l’ultimo e minaccioso ammonimento a Siegmund, mettendolo in guardia per l’indomani. E se ne va a letto a sua volta.

Siegmund resta solo…
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Note:
1. Nella Völsunga Saga sono Sigmund e il figlio Sinfjotli (frutto dell’incesto con la sorella Signy) a vivere nella foresta, vestiti di pelli di lupo. Anche qui si può notare come Wagner “ristrutturi” a suo (e nostro!) piacimento i farraginosi racconti medievali.
2. Nella Völsunga Saga, l’albero è una quercia, e si trova nella reggia di Volsung, padre di Sigmund.

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Helle Flammen scheinen in dem Saal der Götter aufzuschlagen. Als die Götter von den Flammen gänzlich verhüllt sind, fällt der Vorhang.
(Chiare fiamme sembrano prorompere nella sala degli dèi. Come gli dèi sono dalle fiamme totalmente avvolti, cade il sipario.)
(Götterdämmerung – L’ultima immagine del Ring)
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fram sé ec lengra um ragna röc (da lontano scorgo il destino degli dèi)
(Edda Poetica – Völuspá - Profezia della Veggente)
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orð mér af orði orðs leitaði (parola da parola mi condusse a parole)
(Edda Poetica – Hávamál – Píslir og rúnir, Discorso Runico di Odin)
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Il principio degli esseri è l'infinito… in ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la colpa commessa, secondo l'ordine del tempo... (Anassimandro, 600 A.C.)
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L'"intento" degli dèi sarebbe compiuto quand'essi giungessero ad annullarsi nella creazione dell'uomo, quando cioè essi si spogliassero d'ogni influsso immediato sopra la libertà della coscienza umana. (RW: Abbozzo in prosa del 1848)
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La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in MI bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di RE bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei. (Augusto Hermet 1889-1954 - “La Parola Originaria”)
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…musica che è già in sé drammaturgia assoluta e autosufficiente, e chi ha un barlume di intelligenza sa che la musica è prima del mondo, e che è il mondo a modellarsi sulla musica… (Quirino Principe)

Perchè Wagner va studiato

Rossini, Donizetti, Bellini, Verdi (in buona misura) si possono godere senza particolari prerequisiti (studi di musica o musicologia): un buon “orecchio” e un minimo di predisposizione sono più che sufficienti per apprezzare le loro opere e godere delle infinite “perle musicali” che contengono. Poi, lo studio servirà certamente ad approfondire i particolari delle composizioni, i retroscena, i nessi causa-effetto, e in fin dei conti ad apprezzare ancor più e meglio quelle opere.

Con Wagner la cosa non funziona proprio, così come difficilmente funziona – nel campo della musica strumentale – con Mozart o Beethoven o Bruckner, per fare solo qualche nome. È francamente difficile poter comprendere ed apprezzare fino in fondo una sinfonia di Beethoven, se non si ha un minimo di conoscenza delle forme musicali, del linguaggio sinfonico e, soprattutto, del “programma interno” che sta alla base della composizione. Senza di questi, si potrà magari godere una frase musicale particolarmente accattivante (come accade, per dire, ascoltando un balletto di Ciajkovski o un walzer di Strauss) ma difficilmente si potrà raggiungere quella particolare condizione di piena e completa “conoscenza-coscienza” di quell’opera d’arte.

Le opere di Wagner (parlo qui delle sette ultime, Ring, Tristan, Meistersinger e Parsifal, ma in qualche misura ciò vale anche per Lohengrin) sono un insieme inscindibile di poema, musica e didascalie di scena, insomma: tutto ciò che troviamo scritto sulla partitura. E quindi: limitarsi ad ascoltare la musica, senza comprendere le parole che vengono cantate (o declamate) fa correre il rischio di non capir nulla (come minimo) e di annoiarsi, quando non addirittura di cadere in uno stato di esasperazione e maledire Wagner per il resto dei propri giorni, rifiutando ogni e qualunque successivo contatto. Sì, perché Wagner non scrive “musica che si serve di parole (più o meno pertinenti) per manifestarsi”; ma si esprime in parole-musica, un insieme del tutto inscindibile. Allo stesso modo, per un regista o scenografo, ignorare – o, peggio ancora, contraddire – le didascalie poste da Wagner in partitura, significa ignorare o addirittura stravolgere le intenzioni dell’autore, e distorcerne totalmente il pensiero e il messaggio artistico.

Il Ring (“L’Anello del Nibelungo”, detto volgarmente “Tetralogia”, essendo costituito da quattro opere) è certamente l’esempio più completo e palpabile della wagneriana “Gesamt-Kunst-Werk” (Opera d’Arte Totale).

daland

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